In occasione della festa di Ognissanti gli studenti del nostro Istituto Denza di Napoli hanno organizzato una vendita di Muffin per raccogliere fondi in favore del Progetto Rilindja (www.barnabitalbania.com) che sostiene con borse di studio studenti liceali della nostra missione di Milot.
L’attività ha fruttato circa € 380,00.
grazie a quanti hanno collaborato.
gruppo volontari Denza
Month: Ottobre 2014
Atto di fede o atto di fisica?
Atto di fede o atto di fisica?
Giunto al quinto anno di fisica, non posso non fare alcune considerazioni, perché dopo cinque anni qualche domanda è normale farsela: oltre a un sacco di formule e di concetti, cosa mi ha insegnato la fisica?
Io credo che appena ci si cimenta nello studio di materie scientifiche, si ha l’idea di studiare qualcosa di sacro e profondamente giusto. Mi spiego: il fatto è che la fisica, come altre materie scientifiche necessita di un linguaggio per potersi esprimere. Quel linguaggio è la matematica.
La matematica, che comprendere algebra, geometria, analisi ecc. negli ultimi 4 secoli ha raggiunto dei livelli di complessità impensabili, e li ha raggiunti “step-by-step”, ovvero da ogni teorema se ne ricava uno ancora più forte, esaustivo e generale. Tuttavia, quasi come l’universo, si può risalire indietro nel tempo e, partendo dai teoremi che usiamo adesso, possiamo giungere ai teoremi fondamentali, quelli più semplici, il BIG BANG della matematica. Stiamo parlando di quelli che studiamo alle elementari, tipo che da due punti passa una e una sola retta.
Il problema è che ora non stiamo più parlando di teoremi, ma di assiomi, cioè affermazioni che non possono essere dimostrate, ma vanno prese per vere. A pensarci bene, la matematica, la scienza considerata vera e giusta da tutti, si basa proprio su concetti dogmatici. Già, proprio come le religioni!
Beh qualcuno potrebbe pensare a qualche modo per aggirare quest’ostacolo, per cercare di rendere la matematica (o in generale un sistema logico) avulso da dogmi di partenza. Ed è proprio un matematico che pone il veto a questo tentativo: Kurt Gödel e i suoi teoremi di incompletezza. Pur essendo alquanto complessi da essi possiamo trarne l’insegnamento che è impossibile per un sistema logico dimostrare la propria coerenza utilizzando gli strumenti stessi del sistema logico, cioè la matematica non può utilizzare se stessa per dimostrarsi coerente. Quindi, per quanto la matematica e la fisica funzionino molto bene, bisogna tenere in testa che non sono la verità. Mi spiego meglio.
Quando si assiste a un fenomeno nuovo, noi fisici costruiamo un modello matematico in grado di spiegare cos’abbiamo visto. Questo modello, per essere accettato, deve essere anche in grado di fare previsioni. Quello che ho imparato è che il modello, in fondo, non dice niente su cosa sia il fenomeno. Se mai cerca di spiegarne il comportamento. In meccanica quantistica le particelle sub atomiche si trattano utilizzando un formalismo matematico che a volte è simile a quello che si usa per descrivere le onde. Da questo formalismo, nella prima metà del novecento nasce l’interpretazione di Copenaghen. Cioè la dualità onda-particella. Eppure credo che sia sbagliato pensare alla materia come un’onda o come a una particella. È giusto dire che essa si comporta come un’onda o una particella.
In queste poche righe volevo far riflettere sul fatto che spesso la realtà va oltre la nostra capacità di astrarla e spiegarla e mi piace pensare che questo discorso si possa applicare anche alla religione. Forse è per questo che non sempre è chiaro quale sia il disegno di Dio per noi e per il mondo che ci circonda. E forse siamo troppo presuntuosi nel volerlo capire fino in fondo. Come la fisica non riesce a spiegare il mondo nella sua totalità, anche la religione non può spiegare Dio nella sua totalità. Perché la religione è comunque fatta dagli uomini.
Come la fisica chiede un’“atto di fede” per poter essere creduta e continuata, così la religione richiede un’“atto di fede”. L’atto di fede non è un’invenzione, una falsa modalità di approccio alla realtà, è la prima basilare azione non teorica dell’uomo.
Roberto Nava, Milano
La Sapienza è arte del vivere
Iniziamo il nostro percorso alla scoperta della vera Sapienza con i primi 7 versetti del libro dei Proverbi.
Questo libro, praticamente sconosciuto, in gran parte ignorato e che a una frettolosa occhiata sembra essere solo una raccolta di massime poco interessanti, contiene invece dei tesori preziosi, specialmente nei primi capitoli e in particolare nei primi 7 versetti. Qui vi sono molte espressioni che rivelano la loro pienezza di significato soprattutto nella lingua originaria e lasciano intendere che non si parla di una sapienza intesa solo come conoscenza teorica. La sapienza è formazione ed educazione, capacità di discernimento e di porre in atto progetti. In poche parole è l’arte del vivere la vita buona.
L’incipit del libro dei Proverbi indica espressamente che i consigli della Sapienza sono rivolti ai giovani, perché sono coloro che non hanno ancora un’esperienza profonda della vita, ancora tutta da vivere. Ma non solo: anche gli anziani, già più esperti, sono invitati a cercare la Sapienza, perché acquisire l’arte di vivere in pienezza è qualcosa che si impara vivendo fino in fondo, non può essere appreso a priori tramite un’esperienza limitata.
Alla luce di ciò, possiamo incominciare a vedere i “perfetti” di Paolo, l’apostolo, come coloro che prendono sul serio la vita, accogliendola e vivendola fino in fondo, comprese le croci e la morte, considerate come parte di essa.
Stefano Maria
Intervista al Parroco della Sagrada Família
Don Lluís Bonet i Armengol è figlio dell’architetto discepolo di Gaudí Lluís Bonet i Garí e fratello dell’architetto direttore dei lavori alla Sagrada Familia fino al 2012 Jordi Bonet i Armengol.
La bicicletta verde
Tra le strade polverose di Riyad, in mezzo a donne col burqa ed ecomostri incompleti, cresce una ragazzina di nome Wajda. Indossa Converse nere, ascolta musica inglese, ha un migliore amico maschio e vuole una bicicletta.
Questo è il soggetto dal quale il film parte. Un film forte, forte della sceneggiatura e dell’idea di base.
Un film che non si dimentica. Un film che ha la caratura della testimonianza documentaristica e di una narrazione quasi neorealista per l’uso di attori non protagonisti, acerbi ma comunque capaci di comunicare la forza di un vissuto condiviso.
La storia è di una semplicità disarmante ma non per questo banale.
Wajda desidera una bicicletta e per averla partecipa a un concorso sulla recitazione del Corano indetto a scuola. La bambina è già fuori dalle righe rispetto a quanto l’educazione oppressiva dell’Arabia Saudita preveda, si ribella alle costrizioni sul vestiario, ascolta musica in lingua inglese, sviluppa un desiderio ancora più rivoluzionario e lotta per esaudirlo sfruttando ciò che la società le porge, ma mai si piega veramente. Seguendo questa traccia il film cristallizza la condizione femminile partendo dall’ambito scolastico che plasma i comportamenti futuri delle giovani menti femminili.
“La bicicletta verde” è un racconto di donne, per donne, audacemente controcorrente, che descrive una cultura a noi sconosciuta, troppo distante. Raggelante per l’insieme di costrizioni e regole così prodigiosamente introietatte da tutti attraverso un sistema di indottrinamento e di conseguente esclusione sociale alla prima presunta violazione che si fonda sul testo religioso e sulla struttura sociale maschilista che ne deriva. E nel farlo si sceglie un mondo di donne in cui le donne sono attori in pieno, vittime e carnefici di se stesse, in cui gli uomini sono sorridenti e mai impositivi, placidi amici anch’essi intrappolati in un gioco che spesso non condividono nei fatti.
Un film soffocante che palesa pochissime vie di fuga, in cui tutto ruota nel mettersi in gioco e approfittare di quei margini di tolleranza che sono un po’ ovunque e che, fomentati dall’esempio di alcune coraggiose, nel tempo può comportare anche il minimo cambiamento.
In 100 minuti si respira tutta la violenza delle religioni volte a piegare il femminile fino a cancellarlo dallo spazio pubblico, con un obbligatorio happy ending di circostanza, perché nel futuro più che sperare non si può.
Forse quello che manca di più è un’elaborazione registica, ma il sopravvento di quanto si racconta è imperioso.
Mi domando solo se sia stato distribuito in patria.
Fabio Cambielli
Il nostro unico vanto
Oggi vogliamo pregare avendo in mente un solo proclama inneggiante al nostro buon Dio,
amico degli uomini e medico delle anime nostre,
che nella sua onnipotente umiltà,
ha il potere di morire Lui per noi,
e di dare la vita sia ai vivi che ai morti!
(il vero potere è questo, tutti siamo capaci di togliere la vita, ma nessuno di darla!)
sia questo il nostro unico vanto!
Sia questo il vanto che sostiene la nostra preghiera per tutti i perseguitati
in Siria, Palestina, Iraq e tutto il Medioriente.
In questi giorni la delegazione dei cristiani greco-melkita guidata da p. Emiliano M. Redaelli archimandrita, è stata invitata dall’ambasciata irachena in Italia, tramite l’ambasciatore iracheno presso la santa sede, a partecipare alla festa Al ghadir degli sciiti in onore dell’Imam Alì ad Al Najaf. Padre Redaelli terrà il discorso di saluto davanti alle autorità locali.
L’occasione permette anche di visitare i profughi e le comunità cristiane del luogo.
Preghiamo per il buon esito della missione e il dialogo tra i diversi credenti.
Buona preghiera.
Madeleine Delbrel una donna, una credente
Cari amici,
la maggior parte di voi non conosce la persona di cui sotto: vale la pena almeno ricordarla nell’anniversario della sua scomparsa 50 anni fa.
Nel 1964 muore improvvisamente, negli anni della sua piena maturità umana e cristiana, Madeleine Delbrél, testimone dell’Evangelo. Nata nel 1904 a Mussidan in Dordogna, Madeleine aveva subìto da ragazza l’influsso dei liberi pensatori frequentati da suo padre, finendo così per unirsi al coro di coloro che proclamavano in quegli anni: «Dio è morto». Ma proprio a partire da quell’affermazione, dalla scoperta della non necessità di Dio per la sua vita, Madeleine si aprì a una straordinaria ricerca degli altri, che la porterà a ritrovare anche l’Altro, Dio stesso, dapprima nella preghiera, e poi in un rapporto vitale e quotidiano con l’Evangelo. Operata la sua conversione, al tempo stesso minima eppure radicale, Madeleine studiò da assistente sociale, giungendo nel 1933 a Ivry, nella periferia scristianizzata e comunista di Parigi. E a Ivry visse l’altra metà della sua vita da semplice laica, condividendo con una piccola comunità di donne la sua sobria dimora, una casa aperta a tutti. Madeleine seppe testimoniare l’Evangelo nella compagnia degli uomini anzitutto con la vita. Aveva infatti compreso che dietro all’ateismo si celano non poche colpe dei cristiani, pronti spesso ad annunciare un Dio da contrapporre agli altri, anziché una verità che non può mai darsi senza l’altro, dal momento che coincide, in ultima istanza, con la carità. Madeleine visse tenendo insieme, con audacia e perseveranza, fino all’ultimo dei suoi giorni, ascolto delle ragioni di Dio e ascolto delle ragioni degli uomini, irradiando pace e gioia a tutti coloro che la incontravano.
TRACCE DI LETTURA
Vi è una grazia dell’ospitalità. Vorremmo ritrovarne la genuinità, quale fu conosciuta e vissuta dalle prime comunità cristiane. Ospitalità significa che gli altri si trovino da noi come in casa loro. Ai pasti sono attesi anche se non sono invitati. Il nostro tetto è il loro. Il loro ingresso nella nostra vita comporta il loro ingresso nella nostra casa. L’ospite non è trattato con il metro della giustizia, ma dell’amore. Non può essere giudicato, ma considerato nella misericordia. Fra lui e noi i debitori siamo noi, perché pochi misteri evangelici sono più ricchi di quello dell’ospitalità. In lui noi riceviamo Gesù in una sorta di comunione collettiva, con lui riviviamo l’esperienza di Gesù che nella sua vita ha portato a compimento la legge ebraica e orientale dell’ospitalità: per mezzo di lui abbiamo l’opportunità di obbedire a precetti carichi di promesse. «Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sarò con loro»: vivere in comunità è un esprimere per il mondo una sorta di sacramento. E un garantire la presenza di Gesù. La testimonianza di uno solo, che lo voglia o meno, porta soltanto la sua firma. La testimonianza di una comunità porta, se questa è fedele, la firma del Cristo.
(Madeleine Delbrél,da Comunità secondo il Vangelo)
Continuare a pregare per la giustizia
Oggi, mentre la chiesa orientale festeggia la memoria dei santi padri che hanno speso la loro vita, riflessione e pensiero e preghiera per meditare le Scritture e in premio il Signore ha concesso loro di capire le verità della fede (i dogmi) poi a noi donate nel concilio di Nicea (325), chiediamo loro, confidenti amici del Signore, veri e propri teofili (amanti di Dio) e teologi (studiosi di Dio), di concedere grande forza e coraggio a quanti sono perseguitati per aver accettato quei dogmi da loro ricevuti e di donare coraggio a quanti hanno per istituzione il dovere di difendere in ogni modo quegli stesi dogmi e chi li accetta.
Donne curde assistono ai combattimenti contro l’Isis a Koban
Preghiamo con fede e cuore sincero, immedesimandoci nei nostri fratelli perseguitati, perché il loro dolore e la loro paura deve essere la nostra: siamo un corpo solo.
La Basilica di S. Maria in Cosmedin continua a mantenere, ora più che mai, tra le normali litanie della liturgia due Litanie speciali per la Pace in Siria e in Medio Oriente. In questi giorni particolarmente duri per quella Regione, ama aggiungere a chiare lettere anche l’Iraq, vista la sempre tragica e persistente situazione di violenza, barbarie, ingiustizie mostruose ed inaccettabili che continua a mietere vittime innocenti sotto il silenzio e l’attenta distrazione e vergognoso silenzio di questo mondo ormai soggiogato da diplomazie servili e giochi d’interessi, incapace ormai di provare dolore e indignazione per quello che è divenuto l’ormai solito sangue degli orientali che viene versato come fosse acqua. Innanzi alle inammissibili esecuzioni in nome e per la fede perpetranti le anacronistiche pulizie etnico-religiose a cui siamo costretti assistere inermi, la Basilica, e noi in stretta comunione, continuerà a pregare così finché non torni a regnare il silenzio delle armi e risuoni invece la bella melodia della giustizia ed una volta per tutte sia chiarito che ogni essere umano ha diritto alla vita e di viverla in piena libertà di coscienza, essendo tutti uguali.
Padre nostro…
Alessandro Sauli, santo. 11 ottobre
I Barnabiti in tutto il mondo, con la Chiesa intera, ricordano oggi, 11 ottobre, Alessandro Sauli, santo.
Milanese di nascita, ma genovese di cittadinanza e formazione, è il primo santo dei Barnabiti, ma specialmente il primo giovane che chiese di entrare nel nostro Ordine nel 1554.
Alessandro, infatti, di nobile famiglia italiana, imparentato con gli Sforza e altre famiglie nobili di Milano, terminati gli studi e aperto a una brillante carriera decise, a 17 anni, di entrare nel gruppo dei primi Barnabiti a Milano.
Più volte bussò alla porta della nuova comunità religiosa, più volte gli venne rifiutato l’ingresso, perché si pensava la sua vocazione fosse il capriccio di un giovane nobile e viziato.
Ma la fede e la volontà di Alessandro Sauli costrinsero i primi Barnabiti a metterlo alla prova. Se Alessandro fosse stato capace di portare una grande croce in processione nelle vie centrali di Milano (l’attuale piazza dei Mercanti) e tenere una buona predica sulla virtù della Croce all’ingresso del Duomo sarebbe stato accolto nell’Ordine.
Alessandro non si fece intimorire, prese una croce che si caricò sulle proprie spalle e cominciò a camminare e predicare nel centro di Milano, incurante delle battute e degli sfottò di molti nobili amici, era una persona molto conosciuta (è come se uno di voi andasse in giro a predicare la Croce, in c. Buenos Aires a Milano o in via dei Condotti a Roma o…).
Il suo ingresso nella neonata Congregazione dei Padri Barnabiti fu una benedizione che ancora oggi fiorisce tra i Padri Barnabiti.
Di sant’Alessandro Sauli ricordiamo la sua dedizione allo studio e al lavoro tra i poveri, specialmente in Corsica e in Piemonte.
Docente di filosofia, padre generale dei Barnabiti e vescovo di Aleria prima e di Pavia poi, morirà giovane ma sazio di saggezza, santità e capacità di annunciare il Vangelo. Era l’11 ottobre 1592.
Molti sono i modi per vivere bene, per essere felici, di vivere il vangelo in pienezza. Sant’Alessandro da principe dell’Italia del 1500 divenne principe del Vangelo, portatore di gioia, carità, fede e speranza.
Anche voi, cari giovani, potete diventare principi di gioia, di quella allegria che nasce dall’incontro con Gesù, quella gioia e allegria che molti di voi e dei vostri amici hanno bisogno anche oggi; quella gioia e quell’allegria che Gesù continua a donarci in abbondanza.
Preghiamo
O Dio, che nel servizio del vescovo sant’Alessandro Sauli hai dato alla tua Chiesa un’immagine viva del Cristo, buon pastore, per la sua preghiera concedi a tutti i Barnabiti e ai giovani che a lui si affidano di vivere ogni giorno la gioia del Vangelo nello studio e nella vita dei poveri. Per Cristo nostro Signore.
Presentazione del programma pastorale 2014-2015 della Caritas di Roma
Venerdì 24 ottobre 2014, alle ore 17.30, presso la Sala “Tiberiade” del Seminario Romano Maggiore, il cardinale Agostino Vallini presenterà il programma pastorale della Caritas diocesana di Roma. All’incontro sono invitati i parroci, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, gli animatori pastorali, gli operatori della carità e i volontari dei centri Caritas, sia diocesani che parrocchiali. Ai partecipanti verrà distribuito l’opuscolo del programma che contiene anche il nuovo Annuario dei servizi Caritas. L’incontro si aprirà con un momento di preghiera a cui seguiranno la relazione del cardinale Agostino Vallini, la riflessione di don Luciano Meddi e l’intervento del direttore Caritas, monsignor Enrico Feroci. Alcuni animatori Caritas, infine, illustreranno i singoli aspetti del nuovo programma.
Informazioni
Domenica 12 ottobre la Caritas ricorda don Luigi Di Liegro insieme ai vescovi ausiliari di Roma
Domenica 12 ottobre, nel diciassettesimo anniversario della scomparsa, la Caritas di Roma ricorda don Luigi Di Liegro, suo primo direttore. Gli operatori Caritas, i volontari e gli ospiti dei centri di accoglienza, si ritroveranno alle 10.30 presso la Chiesa di Santa Giacinta alla Cittadella della Carità, insieme al direttore monsignor Enrico Feroci e ai vescovi ausiliari di Roma, per la celebrazione eucaristica a suffragio. Al termine, coloro che lo desiderano, potranno pranzare insieme agli ospiti della Mensa Caritas intitolata a Don Luigi.
Formazione giuridico-legale per i Centri di Ascolto: il 14 ottobre “Il minore migrante”
“Il minore migrante” è il tema dell’approfondimento giuridico-legale promosso dall’Area Minori della Caritas di Roma che si terrà il 14 ottobre alle ore 16.30 presso la sede di Via Venafro, 26 (Metro “Santa Maria del Soccorso”). L’incontro, aperto a tutti gli operatori dei centri di ascolto parrocchiali e diocesani, sarà tenuto dall’avvocato Caterina Boca, operatrice dello Sportello legale del Centro Ascolto Stranieri della Caritas di Roma.
Raccolta Alimentare: 46 tonnellate di merci, più di 600 volontari impegnati
Più di 600 volontari coinvolti, 3.601 scatoloni di merci raccolte per un peso superiore alle 46 tonnellate. È questo lo straordinario risultato della Grande Raccolta Alimentare che la Caritas di Roma ha promosso sabato 4 ottobre in collaborazione con il Gruppo Simply. In 52 supermercati di Roma sono stati donanti soprattutto pasta, riso, latte, alimenti per bambini, olio e passata di pomodoro. Un ringraziamento particolare ai gruppi di volontari, la maggior parte provenienti dalle parrocchie, che hanno garantito la sensibilizzazione e l’organizzazione dell’iniziativa