Cari amici,
la maggior parte di voi non conosce la persona di cui sotto: vale la pena almeno ricordarla nell’anniversario della sua scomparsa 50 anni fa.
Nel 1964 muore improvvisamente, negli anni della sua piena maturità umana e cristiana, Madeleine Delbrél, testimone dell’Evangelo. Nata nel 1904 a Mussidan in Dordogna, Madeleine aveva subìto da ragazza l’influsso dei liberi pensatori frequentati da suo padre, finendo così per unirsi al coro di coloro che proclamavano in quegli anni: «Dio è morto». Ma proprio a partire da quell’affermazione, dalla scoperta della non necessità di Dio per la sua vita, Madeleine si aprì a una straordinaria ricerca degli altri, che la porterà a ritrovare anche l’Altro, Dio stesso, dapprima nella preghiera, e poi in un rapporto vitale e quotidiano con l’Evangelo. Operata la sua conversione, al tempo stesso minima eppure radicale, Madeleine studiò da assistente sociale, giungendo nel 1933 a Ivry, nella periferia scristianizzata e comunista di Parigi. E a Ivry visse l’altra metà della sua vita da semplice laica, condividendo con una piccola comunità di donne la sua sobria dimora, una casa aperta a tutti. Madeleine seppe testimoniare l’Evangelo nella compagnia degli uomini anzitutto con la vita. Aveva infatti compreso che dietro all’ateismo si celano non poche colpe dei cristiani, pronti spesso ad annunciare un Dio da contrapporre agli altri, anziché una verità che non può mai darsi senza l’altro, dal momento che coincide, in ultima istanza, con la carità. Madeleine visse tenendo insieme, con audacia e perseveranza, fino all’ultimo dei suoi giorni, ascolto delle ragioni di Dio e ascolto delle ragioni degli uomini, irradiando pace e gioia a tutti coloro che la incontravano.
TRACCE DI LETTURA
Vi è una grazia dell’ospitalità. Vorremmo ritrovarne la genuinità, quale fu conosciuta e vissuta dalle prime comunità cristiane. Ospitalità significa che gli altri si trovino da noi come in casa loro. Ai pasti sono attesi anche se non sono invitati. Il nostro tetto è il loro. Il loro ingresso nella nostra vita comporta il loro ingresso nella nostra casa. L’ospite non è trattato con il metro della giustizia, ma dell’amore. Non può essere giudicato, ma considerato nella misericordia. Fra lui e noi i debitori siamo noi, perché pochi misteri evangelici sono più ricchi di quello dell’ospitalità. In lui noi riceviamo Gesù in una sorta di comunione collettiva, con lui riviviamo l’esperienza di Gesù che nella sua vita ha portato a compimento la legge ebraica e orientale dell’ospitalità: per mezzo di lui abbiamo l’opportunità di obbedire a precetti carichi di promesse. «Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sarò con loro»: vivere in comunità è un esprimere per il mondo una sorta di sacramento. E un garantire la presenza di Gesù. La testimonianza di uno solo, che lo voglia o meno, porta soltanto la sua firma. La testimonianza di una comunità porta, se questa è fedele, la firma del Cristo.
(Madeleine Delbrél,da Comunità secondo il Vangelo)