Nel primo libro dei Re (3,9) Salomone, il sapiente per eccellenza secondo la tradizione biblica, chiede a Dio un “cuore docile” per discernere il bene e il male. La traduzione esatta però dice: un “cuore che ascolta”.

Il cuore, nel linguaggio biblico, non è la sede del sentimento, bensì il luogo dove l’uomo unifica se stesso ed è capace di scelte che lo coinvolgono totalmente. È dunque più simile alla sede della volontà. L’ascolto è l’azione specifica del porsi in relazione. Gioca un ruolo fondamentale anche nella relazione con Dio, tanto che è centrale nella forse più importante preghiera ebraica: lo shemà, che significa proprio “ascolta”. “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è unico” (Dt 6,4).

La saggezza sta quindi nell’ascolto, ma non soltanto con le orecchie, bensì col cuore. Si tratta di saper “incontrare”, cioè di sapersi “mettere in relazione” con tutto ciò che è altro da noi, per farne esperienza autentica e vitale. In definitiva è anche un incontro con Dio che si fa presente a noi attraverso la creazione, il nostro prossimo e gli avvenimenti della nostra vita.

Tutto questo ci rimanda ad atteggiamenti di silenzio, attesa, interiorizzazione, disponibilità, che SAMZ e tutti i maestri della vita spirituale da sempre suggeriscono. Ma, non si tratta di una disposizione contemplativa che allontana e isola dal mondo, anzi, essa permette di immergersi nella realtà delle cose per farne esperienza profonda. La proposta che SAMZ indica nelle sue lettere è infatti quella di una contemplazione in azione, modalità che recentemente è stata ricordata anche da papa Francesco nella Evangelii Gaudium (cfr. cap. 5, n. 262) come centrale nella figura del cristiano evangelizzatore.

Stefano Maria

 

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.