da Il Sole24Ore del 3 maggio 2015 vi rimando questo articolo di Johan Rockstrom*

Il futuro dell’umanità dipenderà da come riusciremo a mantenere un delicato equilibrio: soddisfare più di dieci miliardi di persone salvaguardando i sistemi da cui dipende la vita sul Pianeta. Mai come adesso la recente ricerca scientifica ci fornisce tutti gli strumenti per raggiungere quell’equilibrio. L’arduo compito spetterà alla nostra generazione.
Per la prima volta nella storia dell’Umanità la fine della povertà è diventato un obiettivo realistico. Siamo in grado di garantire a ogni abitante del Pianeta cibo e acqua, una casa, un’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’energia necessarie a condurre una vita dignitosa, che offra delle opportunità. Ma potremo farlo solo se al tempo stesso proteggeremo i sistemi fondamentali del Pianeta: il clima, lo strato di ozono, il suolo, la biodiversità, l’acqua dolce, gli oceani, le foreste e l’aria, sistemi che stanno subendo pressioni senza precedenti. Negli ultimi 10mila anni, il clima della Terra si è mantenuto straordinariamente stabile, le temperature globali non hanno oscillato più di un grado Celsius e i resilienti ecosistemi rispondono ai bisogni dell’uomo. Questo periodo, noto come Olocene, ha portato una stabilità che ha permesso alla civiltà umana di fiorire e prosperare. È l’unico stato del Pianeta in grado di garantire una vita prospera a dieci miliardi di persone.
Ma oggi gli esseri umani sono diventati il principale fattore di cambiamento dell’ecosistema terrestre, segnando l’inizio di una nuova era geologica che alcuni chiamano Antropocene. L’attività umana ha attraversato ora quella che è stata definita come la Grande Accelerazione: una rapida intensificazione del consumo delle risorse e del degrado ecologico. Rischiamo di distruggere i sistemi su cui si regge la Terra e con essi tutta la civiltà moderna. La risposta del Pianeta a quelle pressioni potrebbe essere imprevedibile. Le sorprese sono già cominciate. A furia di risucchiare troppo risorse alla Terra, la Terra ci presenta il conto sotto forma di catastrofi naturali, di un’accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai, di un rapido depauperamento della biodiversità. Dobbiamo correre ai ripari e definire una soglia di sicurezza che ci impedisca di far uscire il Pianeta dal benevolo periodo dell’Olocene. Lo ha fatto il Planetary Boundaries Framework, un quadro programmatico sui limiti del Pianeta, pubblicato nel 2009 da un gruppo di 28 scienziati tra cui il sottoscritto. Il rapporto individua i processi fondamentali della Terra che regolano la sua capacità di sostenere condizioni come quelle dell’Olocene. Per ciascuno di quei processi, propone dei limiti oltre i quali rischiamo di indurre dei cambiamenti repentini che potrebbero spingere il Pianeta verso uno stato più ostile per l’Umanità.
Fra questi nove limiti vi sono il cambiamento climatico, l’assottigliamento dello strato di ozono, l’acidificazione degli oceani, l’alterazione dei cicli globali dell’azoto e del fosforo, il cambiamento nell’uso del suolo o dell’acqua dolce globale, l’integrità della biosfera, l’inquinamento dell’acqua e nuove entità. L’ultimo aggiornamento di gennaio confermava in modo preoccupante i nove limiti e ne affinava la quantificazione dimostrando che ne abbiamo già superati quattro: il cambiamento climatico, l’uso eccessivo di azoto e fosforo, la perdita della biodiversità e i cambiamenti nell’uso del suolo. La nostra sfida è riportare i sistemi della Terra entro la soglia di sicurezza, assicurandoci che ogni abitante del Pianeta abbia le risorse necessarie per condurre una vita felice e soddisfacente. Fra questi vincoli planetari e sociali c’è un margine di manovra equo e sicuro per la popolazione della Terra: i limiti che dobbiamo rispettare se vogliamo un mondo ecologicamente resiliente e libero dalla povertà.
Soddisfare questi obiettivi richiederà una distribuzione più equa e un utilizzo più efficiente delle risorse del Pianeta. Se vogliamo che il nostro Pianeta garantisca la prosperità a tutti i suoi abitanti, dobbiamo perseguire un nuovo paradigma di prosperità.

* Insegna Sostenibilità globale e dirige lo Stockholm Resilience Center all’Università di Stoccolma

Lascia un commento