Da dove cominciare? Direi dall’inizio, la sera dell’arrivo quando ci siamo alzati uno per uno presentandoci e mostrando una facciata più che formale che si sarebbe sgretolata a breve grazie a un gomitolo che ci lanciavamo l’un l’altro per chiederci le generalità.
Sono stati solo tre giorni ma sufficienti per soffermarci un attimo, riflettere, riavvicinarci a Lui, e, con il Suo aiuto, a noi stessi. Si, perché per guardarsi dentro non serve sempre partire, ritirarsi: a volte, basta cercare lo spirito giusto e un po’ di coraggio.
In questi giorni di riflessione e condivisione abbiamo cercato il nostro specchio interiore. Per quanto tempo riesci a guardarti allo specchio? Dieci secondi? Venti? E no, non quando ti prepari la mattina o per uscire o per farti un selfie, quando ti guardi per guardarti, ma in ascensore, riflesso da solo a solo. Qui inevitabilmente il nostro “io” più profondo tenta di uscire fuori, di inviarci dei segnali che ci spiazzano in appena tre, quattro piani!
In fondo non abbiamo remore a vedere la nostra immagine riflessa dopo che non abbiamo agito al meglio? O, viceversa, non ci soffermiamo un po’ di più a guardarci quando siamo fieri di noi? A volte è così difficile guardarsi riflessi, perché diciamola tutta, ognuno di noi ha quella parte un po’ scomoda di sé che vorrebbe ignorare o mettere a tacere. Non parlo di un naso storto, di quei chili di troppo, dei capelli mai al loro posto. No, parlo dei pensieri mai al loro posto, delle emozioni scomode che scalpitano per uscire come piccole crepe dalla nostra anima.
Abbiamo uno strano modo di badare a noi stessi, l’apparire, fisico e sociale, spesso sorpassa le nostre più vere ragioni d’essere. A volte siamo talmente concentrati a condividere foto, momenti, sui vari social così da lasciarli impressi ovunque tranne che dentro di noi. Ormai sembra sempre più difficile trovare qualcosa che ci faccia dimenticare di condividerla perché siamo troppo impegnati a viverla. Forse potremmo distogliere lo sguardo da questi schermi, da questi like, da questi profili e cominciare a guardarci l’un l’altro: chi meglio di un vero amico può aiutare a guardarci dentro? Il confronto con gli altrici permette di crescere e rendere quelle crepe dei veri e propri panorami di luce. Quante volte non cerchiamo un contatto con una persona perché abbiamo paura di essere in torto, di non essere capiti o di essere di troppo. Nulla di più sbagliato. Con chi ci vuol bene abbiamo la possibilità di condividere silenzi senza “commentarli”, di ricordarci qualcosa per un odore o una canzone e non perché ce lo suggerisca facebook, di essere connessi con uno sguardo e un sorriso, senza spunte blu.
Prima ancora di guardarci dentro, potremmo provare a lasciare emergere la parte più vera di noi che, a nostra insaputa, si porta dietro tutto: sbagli, esperienze, vita, tutti i passi che ci hanno portato fino a qui.
I miei passi mi hanno portato ieri a un ritiro, oggi a scrivere, domani verso i miei sogni ma voglio che non vadano solo verso di me, ma anche verso gli altri. Come adesso, mentre vi racconto uno spicchio di vita che tanti ragazzi hanno condiviso (per davvero, senza internet!). Per trovare la nostra luce nei momenti bui, il nostro panorama oltre le crepe, sono i veri amici e chi ci ama a poterci guidare. Perché come fanno luce nei momenti bui e ci ricordano quanto siamo speciali, ci possono aiutare anche a vedere dove non vogliamo vedere, a essere i nostri occhi dove noi abbiamo posto delle bende. Così quella situazione difficile, quei cambiamenti ignorati, quei nostri modi di essere un po’ scomodi, piano piano prendono forma dentro di noi… prima sfocati e poi sempre più nitidi. Sarà allora che l’amico che ci ha aperto gli occhi, ci terrà per mano e ci aiuterà a trovare la strada. La stessa persona che ci ha aiutato a levare le nostre bende, ci aiuterà a tracciare la rotta.
Ad aspettare ognuno c’è il suo panorama, ogni mezzo dell’amicizia è consentito per raggiungerlo purché accompagnato da lealtà, fiducia, coraggio. Non ci resta allora che cominciare, partire e poi ripartire ancora, ogni volta portando dietro quel bagaglio che sono le nostre esperienze. Come quando, finito il ritiro, ci siamo salutati e abbiamo ripreso le nostre strade. Forse erano sempre le stesse che ci portavano a casa ma questa volta con un po’ più di luce dentro, sempre più vicini al nostro panorama con la certezza che ciò che è veramente condiviso non si “archivia” mai.
Valentina – Roma