Cos’è la vita?
Siamo capaci di prenderla per mano, la vita che ci scorre attorno, la vita nella quale siamo chiamati a scorrere?
In un episodio della sua vita Gesù entra nella casa di Pietro e, vedendo la suocera malata, la prende per mano e la rialza alla vita quotidiana. Sembra una stupidaggine, un fatto senza grande importanza questo “prendere per mano” eppure vale più di quanto pensiamo.
In troppi ci accorgiamo che molta, forse tutta la vita scorre in solitudine, ecco perché prendere per mano non è un gesto di poco conto.
Credo che questa vita di oggi più che in altre epoche, sia da prendere per mano, la vita dal suo concepimento alla sua sepoltura. La vita da prima che fosse conosciuta a noi uomini, sino a quando sarà sconosciuta a noi uomini. Perché la vita che specialmente scorre tra questi due punti, comunque c’è anche oltre questi due punti.
Ma cos’è la vita per noi?
Lo Stato ci ha dato delle leggi per “difendere” la vita delle donne in cinta, la vita delle persone gravemente ammalate, ma forse non ci ha dato leggi per accompagnare la vita. Non siamo chiamati a fare battaglie apocalittiche o estremiste per far comprendere che la vita comunque è vita, ma a riflettere, a far ragionare sì.
L’aborto è veramente una salvezza? Per chi?
Il dimenticarsi dei poveri, dei bambini, degli anziani, degli ammalati è veramente segno di maturazione civica?
Far morire chi è gravemente malato piuttosto che accompagnare a una buona morte è un diritto del malato o una liberazione dei “sani”?
In tutte queste leggi si parla della vita delle persone o degli individui? Perché c’è differenza tra considerare un uomo, una donna, persona o individuo.
La recente “Dichiarazione anticipata di trattamento” è un tentativo di risposta a una questione spinosa, ma va usata con attenzione, né in senso largo, né in un senso stretto. Bisogna fare attenzione a che questa legge non permetta tutto ovvero limiti tutto. Prendere “per mano” questa legge sarà importante, è un dovere di noi cristiani, un dovere da assumere seriamente se non vogliamo cadere nel peccato di omissione, molto più grave di altri peccatucci che più normalmente confessiamo.
L’uomo di oggi ha paura di “prendere in mano” la malattia, di “prendere per mano” le persone che scorrono intorno alla propria vita.
Qualche giorno fa un sacerdote campano ricordava il testamento di una donna che pur avendo sempre vissuto di immagine, di mettere in mostra il proprio corpo, la propria storia di fronte alla possibilità di andare a morire in Svizzera causa un tumore devastante, una amica fidata le dice che invece dell’eutanasia poteva percorre la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda. Una possibilità che non conoscevo, afferma Marina Ripa di Meana, per questo farà un appello: «Voglio lanciare questo messaggio, in questo mio ultimo tratto: per dire che anche a casa propria, o in un ospedale, con un tumore, una persona deve sapere che può scegliere di tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze. Fallo sapere, fatelo sapere».
Chiediamo allo Spirito santo di insegnarci il gesto di Gesù che prese per mano la suocera di Pietro: forse non rialzeremo la persona malata, ma avremo dato dignità a lei e all’umanità.