Continuano le risposte dei nostri giovani per il Sinodo

5. Samuele, Genova

“Rimanere” dà l’idea della staticità, della immutabilità, di una stabilità infeconda.

Noi giovani non siamo infecondi, noi giovani sprizziamo energia e voglia da tutti i pori se stimolati in modo giusto. Forse è questo che manca alla Chiesa: personaggi in grado di prenderci per mano di coinvolgere una generazione che si lascia attirare più da un pomeriggio di nulla facenza davanti a schermi di playstation che a far giocare i bambini in oratorio.

Siamo una generazione che rischia di crescere senza veri valori, che va dietro a mode e a falsi miti solo perché sono “in”. Abbiamo paura di distinguerci, rischiamo di diventare sempre più giovani da divano. Abbiamo bisogno di una scossa, un rinnovamento, un qualcosa o un qualcuno che ci proponga esperienze, esperienze vere.

Non manca la voglia di lottare per qualcosa, ma non sappiamo esattamente cosa, in un certo senso ci sentiamo smarriti in un mondo ancora troppo grande per noi. Abbiamo bisogno di una guida, di un nostro Virgilio, di un nostro capitano che ci risvegli dal nostro torpore e al quel punto questo mondo lo cambieremo, lo cambieremo per davvero.

Noi giovani ci siamo, abbiamo solo bisogno di qualcuno che da dietro ci spinga dal bordo del trampolino e a quel puntopotremo tutti ammirare il tuffo da 10/10 che faremo!

6. Luciano, Ostuni

Poltrona o trampolino.

Proprio come quando qualcuno abbia già lavorato per te: un’inclinazione delegatizia.

Questo atteggiamento trasuda in parte dei miei coetanei. Appunti, tesi, scelte musicali, gusti: il campo di gioco è vario. Il singolo si perde nella massa recettiva oramai soltanto a stimoli globalizzati, amorfi e di dubbia provenienza. Non c’è utilità nell’ascoltare il silenzio. Né nel farsi domande troppo serie o meglio nel farsi – in gergo – paranoie.

Il trampolino non viene più visto trampolino ma poltrona. Si spengono gli istinti di risposta agli stimoli esterni con la forza della “leggera” indifferenza.

Ma forse stanno cambiando solo i tempi? Forse la vita, oggi, è più comoda? Forse, oggi, papino mi garantisce di più e più a lungo così che io non debba poi fare di necessità virtù così in fretta?

Una fitta trama di cose futili che hanno la parvenza macroscopica di essere indispensabili. Un corteo di bisogni, dai quali, prima o poi, tutti ci scopriamo di essere stati ingannati.

Ecco il rimanere.

Lo faccio, lo penso, “mi piace” e lo followo perché sì. Pochi hanno il coraggio di mettersi in discussione. Parlo delle cose più pratiche e quotidiane. Mi fermo lì, non vado oltre.

Sul confronto con i più grandi o con i diversi da me, con una “guida”, penzola la spada di Damocle: è un rischio da pochi.