7. Martina, Roma

Non credo di essere una persona che ha paura di buttarsi, anzi molto spesso mi butto anche troppe volte perché quando decido di fare una cosa cerco di farla al 100%.

Alle volte ti capita di allontanarti da una realtà, da degli impegni, non per pigrizia o voglia di non fare nulla, ma perché spesso le persone con cui ci si trova non vogliono più crescere.

Crescere insieme significa fare passi gli uni verso gli altri, ma pochissimi realmente si impegnano veramente, ma solo e sempre “quando posso lo faccio”.

A me piace essere disturbata, salire su un trampolino non per restarci, bensì per buttarmi.

Ma voglio essere disturbata da gente della quale posso fidarmi con cui posso lavorare insieme con costanza e non in maniera sporadica.

Il papa dice che “la chiesa non è dei preti e delle suore”.

Perché molto spesso a noi sembra così? Ci sentiamo trattati sempre come quel “peso” in più che fa lavorare troppo i sacerdoti, quasi una presenza scomoda, forse perché noi giovani abbiamo domande, voglia di fare, di cercare di migliorare qualcosa?

Il papa ci chiede di collaborare, di buttarci e di rischiare, ma come? In che modo? Infatti molto spesso questo diventa quasi impossibile se ci sentiamo lasciati soli dalle figure di riferimento che abbiamo.

La Chiesa in che modo vuole stare accanto ai giovani? Come vorrebbe farli riavvicinare ed allontanare dalla loro realtà consumistica?

Ancora il papa ci chiede di essere profeti, purché sappiamo prendere i sogni dei vecchi.

Come si può far crescere il dialogo tra giovani-chiesa-adulti-anziani? Perché in molte realtà è quasi inesistente, non c’è un confronto costruttivo, un dialogo che porta tutti a crescere.

Per esempio, poiché viviamo in un mondo in cui tutto ormai viene dimostrato, tutto è basato sulle prove (o quasi), come un confronto tra generazioni potrebbe aiutare a conciliare queste due realtà?

Oppure. Viviamo un tempo in cui i molti giovani hanno perso la voglia di informarsi, di leggere libri o giornali, di sentire i tg per sapere che sta succedendo nel mondo; questo porta a disinformazione, a non farsi una vera idea propria sulle cose, ma solo a seguire la massa, per pigrizia.

Come potete aiutarci voi a combattere questa pigrizia?

Infine. È solo utopia pensare di poter rivivere l’esperienza di fiducia e collaborazione dei tre fondatori dei Barnabiti: Antonio M. Zaccaria, Bartolomeo Ferrari e Giacomo Morigia?

8. Stefano, Napoli

Il tratto più caratteristico dell’epoca che ci troviamo a vivere è fortemente nichilistico. Chi più dei giovani oggi può accorgersene?

L’uomo si è sempre mosso, o meglio lanciato dal trampolino, per cause finali e non per cause efficienti. Ciò significa che se non c’è un fine, un appiglio a cui aggrapparsi, uno spiraglio da dove guardare si attiva un processo inverso che porta all’autodistruzione di sé o si manifesta anche con il senso di disprezzo per la società e i suoi valori. Basta guardare il numero dei suicidi giovanili che aumentano sempre di più.

Il problema ancora più grande che vive l’epoca moderna è che non si sente più l’altro, come altro da me, diverso, ma unica strada per capire chi sono.

Poiché le generazioni attuali sono perse, l’unica strada per riuscire a riemergere da questa grave situazione sarebbe la rieducazione dei nuovi giovani a sentire l’altro; bisognerebbe però prima tirarli fuori dalle loro realtà virtuali chiuse, con esempi concreti e tangibili di vita. Al di là di ogni Dio o morale che si segua o si professi.

Bisogna iniziare di nuovo a farli amare.