Se il sindaco di Firenze ci ha permesso di ragionare sulla dimensione laica, sul da farsi dei
cittadini, con l’Arcivescovo della città vogliamo riflettere sul da farsi di un credente che si è
sentito mettere in gioco dalla profonda intuizione pedagogica di don Milani, grande prete
fiorentino del secolo scorso.
Quindi con una corsa da Palazzo Vecchio raggiungiamo la sede dell’Arcivescovo di fronte al
Duomo e al campanile di Giotto; anche qui salendo delle maestose scale entriamo nello studio di
padre Giuseppe. (ci ha detto proprio lui di chiamarlo così!)
Noi: Buon giorno. Cosa le ha fatto pensare l’intervento della presidente del Parlamento Europeo,
Ursula von Der Layen?
Cardinale: È interessante osservare i contributi che l’esperienza cristiana ha offerto alla nascita
dell’Europa sia come realtà civile sia come istituzione. In questi giorni il Papa ha firmato il decreto
che riconosce virtù eroiche di Robert Schuman ed è interessante vedere come alle radici delle
istituzioni europee attuali ci sia il lavoro di tre cristiani: Schuman, Adenauer e De Gasperi. La
tradizione religiosa cristiana sta alla base – insieme ad altre fonti ispirative – dell’Unione Europea.
Che la Presidente della Commissione Europea poi abbia fatto riferimento al Rinascimento, che è stato
a mio parere frutto dell’Umanesimo Cristiano, è molto significativo. Mi è piaciuto che si ritornasse a
queste radici cristiane, che hanno poi trovato una loro reminiscenza nel ‘900 fiorentino nel Cardinale
Dalla Costa, nel sindaco Giorgio La Pira e in Don Giulio Facibeni.
Il celebre motto “I Care” di Don Milani, nonostante sia anglosassone, è di chiara ispirazione
evangelica: è l’atteggiamento del samaritano che si prende cura del povero malmenato e in fin la vita
lungo la strada.
Noi: La prossima domanda si riaggancia proprio al suo ultimo commento, infatti le parole scritte sulla
sacrestia di Barbiana sono rimaste impresse nell’immaginario comune, ma secondo lei al giorno d’oggi
sono diventate un semplice slogan o rappresentano ancora una sfida per la società?
Cardinale: Non si possono ridurre quelle parole a uno slogan proprio per rispetto a Don Milani, che
faceva di tutto per non apparire e metteva anzi i bastoni fra le ruote a chiunque volesse farlo emergere
dalla folla. Infatti egli non voleva essere imitato, ma fornire semplicemente un’ispirazione della
dignità della persona umana, la sua missione era quella di ridare la parola ai poveri affinché potessero
apprendere la fede – che senza la parola non si può recepire – e stabilire relazioni di giustizia e
uguaglianza nella società. Per questo tradiremmo Don Milani se lo riducessimo a uno slogan, la strada
è invece riscoprirne la radice evangelica e fare qualcosa non come lo ha fatto lui, ma per le sue stesse
ragioni, adattandosi ai bisogni dell’oggi.
Noi: Citava il concetto di ridare la parola ai poveri, secondo lei chi sono i cosiddetti “analfabeti”
dell’era della digitalizzazione ai quali dovremmo ridare la parola?
Cardinale: Innanzitutto i giovani, perché questa società a loro sta sottraendo molto, primo fra tutto il
futuro, per questo la condizione giovanile deve essere al centro delle nostre preoccupazioni. Poi c’è
anche l’emarginazione del posto di lavoro: il lavoro oggi non è luogo di uguaglianza, ma al contrario
di molte frustrazioni e sofferenze. Non dimenticherei neanche gli anziani, che in quanto non più
produttivi vengono sottostimati dalla società attuale e a volte addirittura considerati un peso. Il Papa
insiste molto su un’alleanza tra l’età giovanile e quella anziana, su uno scambio reciproco che

gioverebbe sicuramente a tutti. A questo si aggiungono coloro che appartengono ad altre culture, ad
altre religioni, ad altre zone geografiche che faticano ad essere integrati e a integrarsi, tema molto
scottante per una società che si sta inevitabilmente avviando verso un pluralismo sempre maggiore.
Per risolvere questo problema dello scambio bisogna trovare forme nuove non di integrazione, ma di
interazione.
Noi: Negli anni 50′ e 60′ Firenze è stata città di innovazione e profetismo, una città che non voleva
seguire le mode, ma al contrario voleva provocare uno stile di vita autentico. Secondo lei quanto
possiamo raccogliere oggi da quei percorsi?
Cardinale: Ogni epoca ha la sua storia, non possiamo pensare di replicare ciò che è stato fatto, ma di
farci ispirare sì, anche perché le figure che hanno animato quella stagione sono state complementari e
devono fornire un modello di riferimento per tutti noi. Nella lettura che si usa dare di tre figure – il
Cardinale Dalla Costa, Giorgio La Pira e Don Facibeni – viene sottolineata l’esaltazione delle tre virtù
teologali: la fede in Dalla Costa, la speranza in La Pira e la carità in Facibeni. Bisogna saper cogliere
l’anima che sta dietro a queste persone e attingere a quelle virtù per reagire di fronte ai problemi
attuali, come potrebbe essere quello dell’accoglienza. Non va però dimenticato che il motore di tutto è
una coscienza educata, senza la quale non si può creare una comunità.
Noi: Ritornando all’intervento della von der Leyen, il fatto che fosse proposto da una personalità non
italiana e a capo di un’istituzione laica così importante, cosa potrebbe significare?
Cardinale: Sono molto orgoglioso di Firenze, nonostante sia originario dell’Umbria, che però è
sicuramente più vicina rispetto alla Lombardia (ndr. qua il Cardinale si riferisce al parroco della nostra
chiesa, Padre Giannicola, originario della Lombardia, che ha appena posto la domanda esprimendosi a
sua volta orgoglioso della città, per quanto a lui straniera). Tutto è nato qui, da un connubio
strettissimo di capacità imprenditoriale fuori dal comune che fece ricca la città ma che non la affossò,
coniugandola alla ricchezza del pensiero e dell’arte. L’arma di Firenze è la sua anima artigiana, non a
caso il fiorino era considerata la moneta più affidabile ed è ciò che deve un po’ riprendere in questi
ultimi anni, dove invece ha vissuto di rendita del passato. Bisogna ritrovare creatività nel produrre,
senza però discostarsi troppo anche dal pensiero.
Noi: È interessante come sia nell’intervista al Sindaco Nardella sia in quella a lei sia stato portato alla
luce il tema dei giovani e di quanto sia fondamentale dare a loro maggiore importanza, anche se si
rischia di lasciare questa convinzione semplici parole senza tramutarlo in fatti.
Cardinale: Concordo a pieno, non credo che nella nostra comunità cristiana si sia ancora trovato un
canale di comunicazione con i giovani, ma ci sono stati vari tentativi, ad esempio con i centri giovanili
come quello in cui feci l’animatore a Foligno.
Noi: per concludere, alcune prospettive?
Cardinale: Il prossimo marzo Firenze ospiterà il secondo incontro dei vescovi delle maggiori città
mediterranee e sono contento che il sindaco Nardella, sull’esempio di quanto fece La Pira, in
contemporanea abbia invitato i sindaci delle maggiori città mediterranee. Questo duplice incontro,
religioso e laico, potrà ben inserirsi in questo progetto di Rinascimento per l’Europa auspicato dalla
presidente del Parlamento Europeo è potrà essere l’occasione per Firenze di ripensare il suo ruolo
nella Storia di domani, non solo in quella di ieri.