No, non è una semplice battuta il titolo.
Oggi molti uomini e donne e giovani non pregano più e quando ne avrebbero bisogno non ne sono consapevoli e non sanno come fare.
Allora Salvini con tutte le sue madonne e rosari così come Achille Lauro con il suo autobattesimo sanremese (vedi mio ultimo articolo) ci ricordano che l’uomo e la donna hanno anche una dimensione spirituale da cui non possono fuggire, con la quale devono confrontarsi.
Ho commentato su twitter l’uscita madonnara del sig. Salvini, chiedendo ai cristiani almeno di rifletterci sopra molto attentamente. Ho ricevuto circa 250 riscontri tra like e risposte. Molto pochi arrabbiati, molti di condivisione e approfondimento sia di credenti sia di non credenti, compresi TheManeskin!. Non so se i conservatori non usino twitter o si siano defilati perché questa volta si è superato il limite.
Però un fatto è certo il sig. Salvini sa dove parare, ma la gente non è del tutto stupida e i cristiani non del tutto ingenui.
Sa dove parare perché la gente, ognuno di noi, non può fare a meno della dimensione spirituale dell’esistenza (chiamiamola anche religiosa) e quindi perché non cavalcarla? Il problema è che molti dei credenti (mi fermo in casa mia) forse non sanno più come rispondere all’esigenza spirituale di ogni loro simile, esigenza sopita o no.
Pregare è un’arte che riguarda tutti, scriveva Massimo Recalcati qualche anno fa, anche chi non è credente.
Ma noi non chiediamo più a nessuno di insegnarci a pregare perché non abbiamo più bisogno di pregare e quand’anche ne avessimo bisogno ci rivolgiamo a questa o quella realtà non spirituale o di una dubbia o effimera spiritualità.
Nel vangelo i discepoli chiedono a Gesù di insegnare loro a pregare, ma noi uomini, donne,
giovani di oggi a chi chiediamo di insegnarci a pregare? Ovvero se qualcuno ci chiedesse di insegnare loro a pregare come e cosa gli risponderemmo?
Abbiamo perso l’abitudine di pregare veramente, di conseguenza siamo incapaci di trasmettere il pregare e quindi nessuno più ci chiede di pregare.
La preghiera è quello strumento con cui possiamo entrare nell’intimità della vita, nell’intimità di noi stessi, nell’intimità di Dio. Ci sono molti modi per entrare nelle intimità della vita e di se stessi. Potrebbe bastare così per essere persone equilibrate e serene verso la vita e verso se stessi. In questo modo però la preghiera resta un buon strumento ma chiuso in se stesso, semplice propria azione di buona volontà, incapace di riconoscersi come un dono ricevuto per diventare dono.
Se per ogni uomo buono ciò è rischioso, per un cristiano lo è ancora di più. Il cristiano che è tale perché ha ricevuto “in dono” la fede e il nocciolo della fede, l’Incarnazione di Dio e il dono dello Spirito santo, vivere piegato solo sulle proprie cose buone non è bene. Non pregare, non voler pregare, non sapere pregare conduce anche il cristiano a pensare solo a se stesso, non per cattiveria, ma per maleducazione.
Il fatto stesso che molti di noi adulti non siano stati capaci di trasmettere il bello e il dono della preghiera è un chiaro segno di questa maleducazione. Una maleducazione che ha portato molti nostri giovani anche a pregare, ma spesso a non essere consapevoli di come pregano e di chi pregano. Tra questi adulti maleducanti mi ci metto anche io.
Parlare di questa maleducazione non significa colpevolizzare questo o quello ma cercare di diventare consapevoli di una fatica, di una incapacità che sta creando molti danni. Se la preghiera è il modo proprio di essere cristiani, di essere uomini e donne, di amare, di vivere e morire (come tutta la Bibbia ci insegna) non essere più capaci di insegnare a pregare è un dramma, una colpa profondi.
Insegnare a pregare significa almeno due cose: scoprire ed edificare la propria vita interiore, scoprire ed edificare il proprio essere figli.
In troppi dialoghi con giovani credenti o no, vicini o lontani, troppo scopro l’incapacità di costruire una propria vita interiore e quindi l’incapacità di affrontare in profondità la bellezza del proprio esistere. La mancanza di una vita interiore è l’altra piaga della nostra umanità, connessa al non sapere pregare.
Certo ci sarebbero gli psicologi per aiutare a fare ciò, ma la psicologia, quando è seria, entra nelle dinamiche dell’esistenza per sbrogliarne la matassa però non può rispondere alla domanda di senso e specialmente alla consapevole scoperta dell’essere figli.
Infatti, la preghiera cristiana, conduce a scoprirsi figli non di un Dio sconosciuto ma di un Dio che in Cristo si è rivelato Padre a ognuno di noi e nel dono dello Spirito si fa riconoscere come tale in modo sempre rinnovato, originale e personale.
La preghiera cristiana è sempre rivolta a un Dio che è Padre, Padre e Madre disse papa Luciani, e proprio per questo, nonostante i limiti e gli abusi dell’umanità cristiana, permette al credente di sapere da dove viene, dove è e dove va, permette di trasgredire e proprio per questo di essere libero.
La mia preghiera personale percepisce quanto ho cercato di scrivere; ma non credo di essere molto bravo nell’insegnare a pregare, nel testimoniare una preghiera buona.
Un giorno un alunno mi disse: io non credo, però nel vedere come lei si è inginocchiato e ha fatto un segno della Croce, mi ha fatto percepire che l’uomo non può vivere di sole cose materiali.
Se ciascuno di noi con la propria preghiera riuscisse anche solo a lasciare qualche piccolo segno, a sollecitare qualche domanda nel proprio prossimo non avremmo più bisogno di mercanti della preghiera.
Solo un recupero di una preghiera in armonia con sé, con la vita e con Dio può rispondere a quel bisogno di maturità umana che tutti cercano ma pochi vogliono percorrere, come si dicevano l’un l’altro il credente cardinal Martini e l’ateo filosofo Norberto Bobbio.