Il Regno del Pianeta delle Scimmie: un buon inizio
La serie de Il Pianeta delle Scimmie è iniziata con il romanzo La Planète des Singes dello scrittore francese Pierre Boulle del 1963, rivelandosi uno dei franchise più di successo dell’ultimo periodo. Questo nono capitolo Il Regno del Pianeta delle Scimmie è un collegamento tra la “nuova” trilogia e il romanzo originale, focalizzandosi di nuovo sul concetto di evoluzione. Dopo l’ottima trilogia reboot del Pianeta delle Scimmie, per questo nuovo capitolo intitolato Il Regno del Pianeta delle Scimmie avevo aspettative molto alte. Eppure, mi sarebbe bastato che fosse bello almeno la metà dell’ultimo diretto da Matt Reeves, che personalmente reputo il migliore della trilogia. Diciamolo subito: non è andata così; ma neanche come leggo su molti blog o articoli di giornale. Innanzitutto, bisogna dire che questo nuovo corso riparte 300 anni dopo gli avvenimenti del suo predecessore e vede le scimmie, ormai padroni della Terra, vivere la propria vita divisi in clan, seguendo le proprie leggi, usi e costumi in un mondo dove la leggenda di Cesare viene ricordata e interpretata in maniere differenti. Subito però si vede un’involuzione da parte delle stesse scimmie, molto più vicine al concetto di vivibilità in piena sintonia con Madre Terra, ma con un pizzico di razionalità perduta: non sanno più leggere e hanno dimenticato a parlare correntemente.
Le vicende della trama seguono la storia dello scimpanzè Noa che, dopo aver visto rapito il suo intero clan, intraprende un viaggio insieme all’orango Raka e l’umana Mae verso il villaggio di Proximus Cesare, deciso a liberare i suoi compagni. Dal punto di vista narrativo, la trama, essendo il primo film della nuova trilogia, è molto semplice, ma spesso anche lenta. Infatti, la prima mezz’ora abbondante di pellicola viene dedicata all’organizzazione del clan di Noa nella propria quotidianità e specialmente il loro legame con le aquile, opportunamente addestrate. Non a caso, i problemi di questo capitolo della saga risiedono, dal mio punto di vista, nella durata di un film che poteva fare a meno di una quarantina di minuti (circa 1/5 del film). Alla fine, il film non risulta mai noioso, ma soffre di momenti troppo blandi e discontinui, spesso con dilungazioni non necessarie. La qualità visiva è spettacolare, le location e il motion capture hanno fatto progressi visibili e ben notevoli rispetto anche solo al titolo del 2017; musiche, fotografia e regia invece potevano fare di meglio.
Per quanto riguarda i personaggi, nonostante un evidente sforzo per far affezionare il pubblico ad essi, alla fine risultano effimeri. Lo stesso Noa viene proposto un po’ come il “nuovo Cesare” di questa ipotetica nuova trilogia, ma non è paragonabile nemmeno al Cesare del primo film. Discorso analogo per Proximus Cesare, presentato in pompa magna attraverso poster e trailer come se dovesse essere un nuovo Thanos, si rivela invece che una piatta figurina e come villain vale veramente poco. Ho trovato molto interessante Raka, un anziano orangotango che si può dire interpreti il ruolo del Virgilio per Noa. È qui che lo scimpanzè scopre Cesare ed è grazie a Raka che impara ad empatizzare la temuta Mae. Il rapporto tra i due protagonisti, Noa e Mae, ci fa però intendere che la vita nella selva riesce a portare armonia e invece il continuo ricercare il progresso porta alla disunità; tema ecologista di molto effetto nell’epoca dominata dall’AI. E qui mi ricollego ad un tema importante e ricorrente, quello dell’evoluzione della specie. Il film sembra voglia far intendere che il passaggio degli anni può donare una diversa accezione di cambiamento.
Il fatto che le scimmie si riapproprino della terra, ascoltino il cielo e le aquile, li riporta ad una linearità spirituale distante dall’idea da cui Boulle intendeva la società delle scimmie, ovvero una società tecnologicamente avanzata e razionale. Sempre legato al tempo dell’evoluzione, interessante è anche il binomio schiavo-padrone, e quindi involuzione della specie, che si può riscontrare in Proximus Cesare; il quale utilizzando una propria chiave di lettura decontestualizza i testi di Cesare promuovendosi dittatore delle scimmie, uccidendo poi tutti i suoi oppositori. A conti fatti Il Regno del Pianeta delle Scimmie perde sì il confronto con i suoi predecessori abbassando forse anche gli standard a cui la saga ci aveva abituati, ma non bisogna dimenticarsi di come i film giochino a far finta di essere “schiavi” della saga originale per poi mostrarsi perfettamente padrone degli eventi. E penso che questo verrà rivalutato non poco quando usciranno i nuovi titoli.