I Giochi Olimpici di Parigi 2024 si sono conclusi qualche giorno fa, pronti per lasciare spazio alle Paralimpiadi, al via il 28 agosto. Tanti saranno i momenti da ricordare di questa edizione olimpica, dalle grandiose imprese sportive delle atlete e degli atleti in gara, alle polemiche più o meno strumentali che hanno accompagnato giorno per giorno lo svolgimento delle competizioni, proprio a ricordarci che, neanche di fronte alle Olimpiadi, l’evento universale per eccellenza, riusciamo ad abbandonare le nostre fiere convinzioni e le bandiere ideologiche.
Eppure, in questo marasma di eventi mediatici, un fatto è passato piuttosto in sordina rispetto alle notizie che più hanno suscitato clamore e dibattito in queste giornate parigine.
Mi riferisco a quello che ai più, sarà parso come un normalissimo selfie scattato dopo la finale del torneo di Ping Pong a squadre miste, vinto dalla squadra Cinese. In effetti, parrebbe non esserci niente di strano nella simpatica foto, scattata come stabilito dal Comitato Olimpico Francese, per celebrare con leggerezza e simpatia, le brillanti prestazioni degli atleti medagliati nelle varie discipline. Eppure, a ben guardare, qualcosa di particolare c’è. Sul gradino più alto del podio, come detto, la coppia cinese composta da Wang Chuqin e Sun Yingsha; a vincere l’argento, due atleti Nord Coreani, Ri Jong Sik e Kim Kum Yong. Già questa sarebbe di per sé una notizia, data l’assenza della Corea del Nord alle ultime olimpiadi, svoltesi a Tokio nel 2021, a causa della necessità di “proteggere gli atleti dalla crisi sanitaria mondiale causata dalla COVID-19” secondo le dichiarazioni ufficiali del governo Nord Coreano, e, soprattutto, per la totale chiusura del Paese asiatico che, da ormai 76 anni, vive sotto la stretta morsa di una delle più feroci dittature ancora esistenti, totalmente isolato dal resto del mondo. Ad alimentare ancora di più il clamore, però, è la nazionalità degli atleti saliti sul terzo gradino del podio: Lim Jonghoon e Shin Yubin sono infatti due atleti Sud Coreani, paese storico nemico della Corea del Nord fin dallo scoppio della Guerra di Corea nel 1950. Da allora, i rapporti fra i due paesi sono assolutamente inesistenti e il confine fra le due Coree, il celebre 38° Parallelo, è uno dei confini più militarizzati e pericolosi del mondo.
Si tratta, quindi, di un’immagine storica, non solo, e forse non tanto, per la valenza sportiva del risultato ottenuto dagli atleti, quanto, soprattutto, per la sua valenza simbolica e, in parte politica. Ping Pong Diplomacy, potrebbe pensare qualcuno, rievocando termini di Nixoniana memoria, forse esageratamente. La foto scattata, infatti, potrebbe non avere alcuna valenza all’atto pratico, né rappresentare alcun tipo di cambiamento nelle politiche dittatoriali attuate in patria dal leader Nord Coreano Kim Jong Un. Come hanno sottolineato analisti e commentatori, infatti, niente nel comportamento dei due atleti Nord Coreani ha fatto intuire una graduale apertura: dei due non si sa praticamente niente, non hanno partecipato a competizioni internazionali, numerosi dubbi sono sorti sul dove si allenino e dove effettivamente vivano e nel corso dei giochi sono sempre parsi schivi e riservati, senza mai rilasciare alcun tipo di intervista.
Forse non sarà l’inizio di una nuova era per la Corea del Nord né di un radicale cambiamento nei rapporti di quest’ultima con il resto del mondo. Sicuramente però, in un’Olimpiade segnata da continue polemiche, proteste e divisioni, in cui la competizione sportiva ha spesso lasciato il posto a tensioni di entità molto più politica, da questo selfie dal podio del torneo di Ping Pong misto arriva una delle pagine più belle, e sicuramente inaspettate, di questi Giochi Olimpici, capace di realizzare, almeno per il tempo di un clic, quella famosa tregua olimpica spesso invocata ma mai realmente attuata.
Giulia C. – Amsterdam
- Basket meraviglia del Sud Sudan!
- Ragazzi come?