Continua la lettura dell’enciclica “Laudato si” di papa Francesco / 2

Il primo capitolo dell’enciclica è dedicato all’esposizione degli effetti del cambiamento climatico: attraverso l’esposizione divulgativa di risultati di ricerche e studi scientifici, l’obbiettivo è quello di dare un contesto all’interno de quale poter poi inquadrare riflessioni di natura più filosofica e teologica. Molta importanza è posta nel sottolineare le inequità prodotte dal cambiamento climatico, andando ad aggravare ulteriormente la situazione di vita in zone della Terra più povere e in gruppi di popolazione più svantaggiati.
Il punto di partenza dell’esposizione è una riflessione sul tema della “rapidaciòn”, l’accelerazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta, che contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica, e che non sempre è rivolta al raggiungimento del bene comune e allo sviluppo umano.
Il clima, però, è un bene comune, è un “sistema complesso in relazione con molte condizioni essenziali per la vita umana”. Gli stili di vita, i modelli produttivi e di consumo della società contemporanea, basati sulla cultura dello scarto, sia umano sia materiale, sulla produzione di rifiuti e inquinamento, sono perciò individuati come le principali cause dei cambiamenti climatici. La questione delle radici umane del cambiamento climatico, tuttavia, verrà approfondita in un capitolo successivo.
Quali sono, quindi, gli effetti del cambiamento climatico?
Il primo effetto in analisi è quello dell’esaurimento delle risorse naturali, in particolare di acqua potabile, elemento fondamentale e indispensabile per la sopravvivenza umana, animale e del sostentamento degli ecosistemi e necessario nei settori sanitari, agricoli e industriali. La problematica non risiede solo nella costante diminuzione della quantità d’acqua dolce disponibile, specialmente in zone già di per sé vulnerabili, ma anche nella scarsa qualità dell’acqua, soprattutto in zone urbane povere del mondo, causa di numerosi morti al giorno. Altra questione è infine legata alla privatizzazione dell’acqua, che si scontra con la salvaguardia dei diritti umani fondamentali, data l’essenzialità delle fonti idriche nella sopravvivenza umana. La scarsità d’acqua, unita alla sua privatizzazione, porterà inoltre ad un aumento dei costi degli alimenti che dipendono dal suo uso, aggravando ulteriormente le condizioni economiche e sociali di gran parte della popolazione.
Il secondo effetto è quello della perdita della biodiversità, dovuta all’utilizzo intensivo delle risorse forestali e boschive e dal massiccio sfruttamento delle risorse oceaniche. Il danno legato alla perdita di specie animali e di biodiversità è primariamente legato al valore intrinseco di cui esse sono dotate, e non bastano interventi tecnologici volti a mitigare gli effetti di questo sfruttamento e a limitare gli interventi umani che rischino di modificare la fisionomia dei territo ri. L’analisi si sofferma sull’impatto delle politiche di deforestazione e degli interessi economici internazionali sui principali ecosistemi di biodiversità terrestri, tra cui la foresta Amazzonica e il Bacino Fluviale del Congo, e sulle politiche di estrazione di risorse ittiche attuate nei grandi Oceani.
La terza categoria di effetti è legata al deterioramento della qualità della vita umana e alla degradazione sociale, specialmente in contesti urbani caotici, inquinati, privi di spazi verdi pubblici, in condizioni economiche complesse, ponendo l’attenzione ancora una volta sulla questione dell’inequità degli effetti del cambiamento climatico.
Il quarto effetto citato è appunto l crescita delle diseguaglianze: “il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta”, gli esclusi e marginalizzati. Queste persone vengono spesso presentate nel dibattito pubblico come delle appendici, o degli effetti collaterali, il discorso mediatico non vi si sofferma, perché troppo lontani e troppo “scomodi” da poter raccontare, di fatto mettendo le necessità di queste persone all’ultimo posto nella scala di priorità di molti piani di attuazione concreta. Dobbiamo pertanto riconoscere che il vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che ascolti sia il grido della terra sia quello dei più poveri.
L’inequità non è solo una questione microeconomica, a livello individuale, ma assume rilevanza di portata macroeconomica nel momento in cui parliamo di diseguaglianze fra Paesi interi, in particolare articolati sull’asse di diseguaglianza Nord-Sud Globale. Le esportazioni di materie prime, principalmente a vantaggio dei mercati dei paesi del Nord, producono forme di inquinamento nei paesi di estrazione, che spesso vengono anche scelti per lo smaltimento di rifiuti prodotti dalle industrie. Gli effetti del riscaldamento climatico impattano soprattutto paesi già vulnerabili e poveri, che uniscono siccità ad aumento di temperature. Molte multinazionali scelgono paesi del Sud Globale per attuare politiche industriali inquinanti e basate sullo sfruttamento dei lavoratori, che altrimenti non potrebbero attuare nei paesi che apportano le fonti di capitale. Ciò che è importante notare è che il cambiamento climatico ha responsabilità diversificate, dal momento che molti dei paesi in via di sviluppo non hanno spesso possibilità tecniche per adottare modelli di riduzione dell’impatto ambientale ne fondi sufficienti per coprirne i costi di realizzazione. La soluzione proposta nell’Enciclica è quella di apportare risorse economiche per promuovere programmi di sviluppo sostenibile.
A queste problematiche si lega la debolezza delle reazioni e le diversità di opinioni sul tema del cambiamento climatico. Spesso, infatti, la sottomissione della politica agli interessi economici di gruppi di interesse e corporations porta alla manipolazione di informazioni e, soprattutto, alla mancanza di azioni pratiche che possano andare a minare i loro interessi economici di breve periodo. Ai danni ambientai dovuti all’inazione dei governi si lega un’altra questione di primaria importanza, specialmente nel contesto globale contemporaneo, cioè il rischio di escalation di conflitti per la lotta a risorse sempre più scarse. Oggi più che mai appare permeante l’appello del Papa alla necessità di agire politicamente per prevenire nuove guerre e nuove sofferenze.

Giulia C. – Amsterdam