La nostra analisi dell’Enciclica “Laudato Sì” (3^ puntata) ci porta al suo secondo capitolo, quello destinato a una disamina delle “convinzioni di fede” che sostengono, per i cristiani, la necessità di sviluppare una nuova ecologia e di raggiungere il pieno sviluppo umano. Attraverso una breve esposizione ermeneutica del rapporto fra esseri umani e Mondo per come è presentato nei racconti biblici, l’obbiettivo è mostrare come i cristiani siano chiamati al rispetto dell’ambiente, non solo in quanto persone abitanti di questa terra, ma in quanto i loro doveri verso la natura, il creato e il Creatore sono parte della loro stessa fede.
Papa Francesco parte dalla consapevolezza che nel dibattito politico, la visione ecologica della religione viene rilegata all’ambito dell’irrazionale. Tuttavia, invita a uno sguardo più ampio e omnicomprensivo, che tenga conto di come scienza e religione possano fornire approcci diversi alla realtà, entrando in dialogo l’una con l’altra.
Dal racconto della Creazione, ad esempio, emerge l’immenso valore della vita della persona umana, creata per amore di Dio, a sua immagine e somiglianza, mostrando come l’impegno per la difesa della dignità degli uomini e delle donne sia profondamente radicato nel messaggio biblico.
L’esistenza umana, secondo il libro della Genesi, si basa su tre relazioni fondamentali: quella con Dio, quella con il prossimo e quella con la natura. Il Peccato rompe queste relazioni e trasforma queste relazioni da armoniose a conflittuali. L’uomo e la donna, però, sono chiamati a “coltivare e custodire” la Terra che è stata data loro da Dio, e hanno quindi una grande responsabilità nel rispettare le leggi della Natura, dal momento che tutte le creature hanno un valore in se stesse.
Tale valore intrinseco non è, però, divinizzazione: il pensiero ebraico-cristiano, infatti demitizza la natura, continuando ad ammirarla nel suo splendore e immensità, senza per attribuirle un carattere divino. A maggior ragione, quindi, è necessario l’impegno umano nei suoi confronti e l’assunzione di responsabilità nel riconoscere la fragilità di un mondo di cui gli esseri umani sono chiamati a prendersi cura, orientando coltivando e limitando il potere che esercitano.
Allo stesso tempo, questa visione non deve indurre a pensare gli esseri viventi come subordinati all’arbitrio e dominio dell’essere umano. L’immagine della natura come oggetto di profitto e interesse, infatti, porta a diseguaglianze, ingiustizie e violenza, a situazioni in cui “il vincitore prende tutto”, e si contrappone radicalmente all’ideale di armonia, giustizia e pace proposto da Gesù e dal cristianesimo. “Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano (…) verso la meta comune che è Dio”. (LSì 83).
Il Papa sottolinea come tramite la dinamica relazione fra essere umano e natura, questo impara a conoscere se stesso, scoprendo che, oltre alla rivelazione contenuta nelle Sacre Scritture, il divino si manifesta anche nello “sfolgorare del sole e nel calore della notte”, in un processo di scoperta del sé in relazione alle altre creature, in cui si esplora la propria sacralità esplorando quella del mondo. In questo modo, quindi, comprendiamo il profondo significato di ogni creatura, poiché le differenze e le peculiarità di ognuna significano che nessuna può bastare a se stessa e che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, al servizio le une delle altre. La prospettiva è quindi quella in cui l’uomo ha comunque un suo valore peculiare che però, proprio per questo, implica che abbia una grande responsabilità.
L’ultima parte di questo secondo capitolo si concentra su quella che viene definita la “destinazione sociale dei beni”. La terra, infatti, è un bene comune i cui frutti devono andare a beneficio di tutti, e questo per i credenti diventa una questione di fede. La prospettiva ecologica del cristianesimo deve quindi tenere conto della dimensione sociale e dei diritti fondamentali delle persone. Riprendendo le parole di Giovanni Paolo II, papa Francesco spiega come la proprietà privata per la Chiesa sia legittima ma subordinata alla sua funzione sociale che è intrinsecamente parte dei beni che Dio ha creato per tutti, con una destinazione generale. (LSì 93). A questo seguono le riflessioni dei vescovi del Paraguay sul diritto di ogni contadino a possedere della terra per il proprio sostentamento e il diritto a un’istruzione e aiuti finanziari, e dei vescovi della Nuova Zelanda che si interrogano perché davvero il comandamento del “non uccidere” sia rispettato quando il 20% della popolazione mondiale consuma tante risorse da privare tutti gli altri di ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere.
Infine, si ricorda come Gesù stesso nei racconti biblici mostri spesso l’importanza e il valore della natura, nella sua relazione con Dio, contemplandone la bellezza e la presenza del Padre, vivendo in perfetta armonia con la natura stessa. La comprensione della realtà per il cristianesimo, infine, trova il suo completamento nel mistero di Cristo, che si fa carne, inserendosi come parte del cosmo creato, operando fin da principio con e nella realtà naturale, senza lederne l’autonomia.
Giulia C. -Bologna
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