Più sensibili al Signore

Dal 22 al 23 Luglio una quarantina di giovani adulti parigini hanno soggiornato nei locali della parrocchia Divina Provvidenza di Firenze in occasione del loro pellegrinaggio.
Partiti da Parigi, in arrivo da Torino e diretti verso Roma attraversando Assisi sulle tracce di San Francesco, questi giovani raccontano quel che intravedono come lo sbocciare di una rinnovata forma di fede.
È cosa ardua raccontare con chiarezza l’esperienza che è stata il pellegrinaggio in Italia dell’estate 2022. Di certo la maggior parte di noi aveva già vissuto vari ritiri di due o tre giorni con i compagni della propria parrocchia (siamo i giovani di due parrocchie parigine, ove studiamo la parola del Signore per via del programma EVEN*), ma mai ci era capitato trascorrere undici giorni con sconosciuti nell’ambito della fede e della religione. Tutti aspettavamo il giorno, una volta tornati alle nostre quotidianità, in cui ci saremmo accorti di aver scordato il pellegrinaggio; come se quei pochi giorni trascorsi in comunione con i nostri padri e compagni in direzione di Dio non fossero mai esistiti. Tutti pensavamo di vivere quell’impressione caratteristica del ritorno a casa, quando le vacanze di tre giorni fa sembrano già distanti di parecchi mesi.
Sono trascorsi già più di un mese e mezzo e questo giorno non è ancora arrivato. Anche per questo abbiamo messo tanto tempo a scrivere questa testimonianza. Fosse quel giorno arrivato, sarebbe stato più semplice capire cosa abbiamo vissuto.
Alcuni di noi lo descrivono come se il nostro passaggio in Italia fosse stato solo ieri. Altri, come me, hanno l’impressione di non essere mai completamente tornati. Quel che ci mette tutti d’accordo è che siamo diventati molto più sensibili alla presenza del Signore ai nostri fianchi e che la preghiera fa ormai completamente parte delle nostre giornate. Da quando siamo tornati alcuni vanno “finalmente” a messa, altri ci vanno più volte a settimana o partecipano a tempi di adorazione. Tanti di noi desiderano trovare il tempo di pregare le lodi e/o i vespri ogni giorno.
Credo che questo significhi che la conversazione con il Signore è diventata più semplice e più diretta. Anche per coloro di noi che dicono non credere, o quelli che come Ornella Vanoni hanno appena avuto il coraggio di dire “proviamo anche con Dio, non si sa mai”. Perché i pensieri e le emozioni di ognuno di noi sono stati così forti in quei dieci giorni, che in un certo senso sono diventati dei nuovi punti di riferimento. Quindi anche per i nostri compagni che non credono o che addirittura si sono allontanati dalla chiesa, il nuovo punto di riferimento nella loro vita spirituale è un tempo segnato dalla persona di Cristo grazie al pellegrinaggio.
Sembra che per tanti, le parole di una suora alcantarina, incontrata ad Assisi, hanno avuto molto effetto. Le trascrivo qui affinché possano risuonare anche nel vostro cuore. Questa suora ci insegnò a pregare chiedendo: «Signore, chi sono io? E chi sei tu? Signore, cosa vuoi che faccia?».

un momento di preghiera davanti alla Croce

In undici giorni abbiamo potuto visitare parti di Torino, approfittare di Firenze, vivere l’atmosfera e l’energia del santuario di La Verna e dell’Eremo delle Carceri, pregare nelle chiese di San Damiano così come nella Porziuncola, fare il bagno in vari laghi (eravamo pur sempre in estate!), visitare San Clemente a Roma tra tante altre cose, e anche fare sosta a Milano e celebrare una messa presso Sant’Ambrogio.
Di certo i nostri due giovani sacerdoti non avrebbero potuto gestire tutta l’organizzazione necessaria a tale programma senza trascurare le anime dei giovani accompagnati. Così hanno chiesto ad alcuni di noi di assisterli in tutte le faccende materiali. Questo servizio dei nostri compagni è stato per loro fonte di tanta gioia (dico “loro” i nostri compagni, non i preti!), mentre per noi è stato anche un modo di accorgerci, tramite le loro assenze, la loro fatica ma soprattutto i loro sorrisi, che più si dà e più si riceve.
Così vorremmo ringraziare una volta ancora la vostra parrocchia della Divina Provvidenza, specialmente Giordana e il Padre Giannicola, che ci hanno accolti con grande gentilezza, in condizioni che erano tra le più confortevoli del nostro tragitto. Per di più ci sono stati regalati portachiavi con la vostra Madonna della Provvidenza che continuano ad accompagnarci. Anche se siamo rimasti poco tempo, anche se agli inizi del nostro percorso italiano, la vostra ospitalità continua ancora a guidarci verso Gesù.

Roberto Fecarotta – Paris

===========
*EVEN: Ecole du Verbe Eternel et Nouveau; si tratta di un percorso spirituale destinato a giovani adulti che hanno voglia di approfondire la loro fede, e di lasciare la Parola di Dio convertire il loro cuore. «EVEN», in ebraico, significa «pietra».

Il multiverso o Dio?

«Poiché ci sono troppi / molti universi come poter pensare a un Dio capace di governare mondi così distanti tra loro? il razionale davvero non implica l’ipotesi di Dio?».

Trovando questa citazione ho cercato di dare una risposta, senza la pretesa di studi accurati, però con la curiosità che mi pervade anche per gli studi di astrofisica che affronto in università.

Subito è affiorata una domanda: “Oggi si è meno credenti? Cosa è cambiato rispetto al passato?”.

Credo di sì. È possibile vedere come, passando da una generazione all’altra, la percentuale delle persone credenti diminuisca drasticamente, passando dalla generazione dei nostri nonni/bisnonni, così fedeli e devoti, alla generazione dei nostri genitori, in cui il concetto di fede per lo più esiste ancora ma è sicuramente meno sentito, fino ad arrivare alla generazione di noi ragazzi, dove la maggior parte non crede all’esistenza di alcun dio.

Questo calare della fede lo attribuisco all’evoluzione scientifica che ha caratterizzato e sta caratterizzando il nostro periodo. L’aumento delle scoperte scientifiche ha portato ad una totale fiducia nella scienza, e a credere a tutto ciò che possa essere spiegato in maniera razionale e scientifica.

Personalmente, il mio distacco dalla fede, e dal pensiero che possa esserci un Dio, è dovuto soprattutto con le scoperte scientifiche legate all’universo. Negli ultimi secoli l’universo conosciuto (inteso come tutto ciò che ‘circonda il nostro pianeta) è aumentato sempre di più, fino a raggiungere dimensioni spaventose, ed è ancora molto da scoprire. Siamo passati dalla concezione che l’universo si espandesse fino al sistema solare, fino ad arrivare ad osservare galassie distanti da noi miliardi e miliardi di anni luce.

Tutto questo mi ha portato a chiedere se esistesse veramente un Dio in grado di governare e vegliare su un mondo così enormemente vasto. Una risposta più plausibile potrebbe essere che di Dio ne esista più di uno, ma allora quanti ce ne devono essere? Gli ultimi studi parlano di un universo in espansione, quindi anche il numero di Dio è in espansione? Era già difficile credere all’esistenza di un Dio, figuriamoci alla possibilità che ce ne siano infiniti.

Allora la risposta più semplice è che non c’è un Dio (o almeno inteso come nella Bibbia).

Alessandro Bevilacqua – Napoli

UN TEMPO FINISCE

Un tempo finisce, un altro comincia.
L’inizio di un anno, per forza di cose, fa pensare al futuro, specialmente se pensare al passato è difficile o doloroso come lo è in questo tempo.
Mi diceva una mia amica Martina l’altra sera: ma la gente oggi ragiona ancora o non ragiona più? Difficile a dirsi.
Poiché sono ottimista credo che la gente comunque continui a ragionare, forse non sempre delle cose più importanti, ma continua a ragionare; a pensare. Prima o poi dovrà ragionare anche su ciò che è più importante dell’ultimo gol o dell’ultimo oggetto hi-tech.
Dovremmo ragionare sulle centinaia di migliaia di persone che sono morte in poco tempo, portando via uno o più anelli generazionali, non soltanto in Italia. Certo non ha decimato via le generazioni più giovani, come nella tratta degli schiavi, ma ha portato via la memoria.
Non possiamo dimenticare chi non c’è più, non è umano, anche se talvolta ci preoccupiamo di più di cani e gatti.
Ci dimentichiamo invece che tante cose di cui non ci si poteva dimenticare o fare a meno, non abbiamo più potuto farle o viverle, forse perché non erano così importanti o indispensabili.
Dimenticare significa dimenticare che la nostra vita è fatta di relazioni con gli altri e non di contatti con cose e beni materiali.
Forse l’anno che si apre ci darà il tempo necessario per riprendere a tessere relazioni vere con le persone e con le cose.
Forse ci darà il tempo per riprendere a guardare con rinnovata attenzione e cura quanti saranno intorno a noi, più di quanto guardiamo cose o animali.
L’anno che si apre avrà tutto il tempo che vogliamo per reimparare l’ABC della relazione umana, ma anche per reimparare a curare il dolore e la sofferenza che molti portano con sé.
Non voglio scrivere tutto ciò che l’anno trascorso mi ha tolto o donato, mi basta scrivere quanto vorrei ancora di più ricevere anche quando dovrò sperimentare altri vuoti.
Ho il dono della fede.
Non è il dono dell’ingenuità, ma della responsabilità di continuare a sperare perché vivo della vita di Uno che è vivo e vivifica, anche tra i dirupi del dolore.
Di questa speranza vivente voglio continuare a godere e donare in ogni giorno che il nuovo anno mi darà.
Sperare è un dovere, non un lusso.
Sperare non è sognare, al contrario,
è il mezzo per trasformare un sogno in realtà.
Felici coloro che osano sognare
e che sono disposti a pagare il prezzo più alto,
perché il sogno prenda corpo nella vita degli uomini.

Ciò che può cambiarci

Cari amici, ritengo utili riportare questo breve scritto di Aldo Nove, pubblicato su Avvenire, domenica 7 giugno 2020, perché ci illumina un poco sul nostro rapporto con gli adolescenti.

La maggior parte delle persone che perdono la fede lo fanno in quel difficilissimo periodo detto “dell’età evolutiva” o, più semplicemente, “adolescenza”. Il Paradiso (o l’Inferno) dell’infanzia termina con un’estrema turbolenza in cui alla mutazione del corpo corrisponde, lo sappiamo tutti, una serie di esperimenti di orientamenti “autonomi” sanamente rispondenti all’affermazione di un “io” adulto ma ancora del tutto in formazione, davvero perfettamente ritratto da Collodi nelle avventure del suo burattino (che è un ragazzo, non un bambino) in virtù del suo libero arbitrio e ragionamenti e affezioni che gli siano proprie, il tutto di fronte al prospettarsi del fardello delle responsabilità a cui va incontro. Allora tutto viene messo in discussione. Messo in discussione non vuole dire essere negato, ma posto alla prova dei fatti. Un semplice fatto personale: da bambino, in qualità di capo-chierichetto del paese, andavo a messa tutti i giorni. Da solo. Poi, la domenica, con i miei genitori che, seppi dopo stanchi e malati, smisero di frequentare la messa domenicale. Chiesi loro perché avevano smesso. Non mi risposero e mi dissero “Vacci tu!”. Così smisi di andarci. Per anni. L’adolescenza è un periodo delicatissimo. Un gesto, una parola, possono cambiare le nostri sorti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Perché ancora non lascio la Chiesa

La domanda che mi hai posto è un po’ difficile e non credo di avere una risposta, perché è la stessa domanda che mi pongo anche io da 2 anni a questa parte: «Perché se critico così tanto la Chiesa non mi stacco?». Forse perché credo che la Chiesa come istituzione e la Chiesa che vivo io nella mia quotidianità siano in qualche modo diverse. Ho avuto la fortuna o possibilità di crescere in un oratorio e conoscere tanti padri con i quali si riesce a parlare, a confrontarsi, ad arricchirsi, in cui ognuno riesce ad esprimere il suo punto di vista senza sentirsi giudicato o attaccato. Forse questo è dovuto anche all’amicizia che si crea tra animatore e sacerdote per cui è più facile dialogare. In oratorio inoltre ho sempre avuto modo di confrontarmi con miei coetanei che bene o male affrontano i miei stessi dubbi, i miei stessi problemi: sentirsi in qualche modo supportato è sempre di aiuto. Ovviamente poi ci sono anche i preti barnabiti con cui non c’è proprio modo di dialogare né di far capire il proprio punto di vista perché sono completamente disinteressati nel cercare di comprendere il mondo dei giovani. È qui che mi altero e mi sento lontana dal mondo della Chiesa, una Chiesa che mi sembra sempre predicare bene ma razzolare male! Una Chiesa che troppo spesso esprime giudizi cattivi, che crea muri al posto di ponti, una chiesa che chiude porte quando sul Vangelo c’è scritto che tutti possono avvicinarsi a Gesù. Ovviamente questo mio discorso non è riferito a Papa Francesco, che ha fatto tanti passi avanti, ma ai tanti discorsi di sacerdoti che a volte mi capita di incontrare in autobus o delle suore oppure gli articoli che si leggono sul giornale o sui social. Ultimamente mi è capitato di leggere un articolo in cui un ragazzo sosteneva di essere guarito dall’omosessualità grazie a Dio, come se quest’ultima fosse una malattia. Sono queste le cose che mi lasciano senza parole. Un altro motivo per cui continuo a stare nella Chiesa forse è perché ho sempre distinto fede e Chiesa. Un conto è la mia fede, leggere la Bibbia, credere nella parola di Dio; un conto è la Chiesa che secondo me quello che fa è interpretare la Bibbia e darne una sua visione che può essere condivisibile o meno. Ma sicuramente il motivo che mi fa rimanere vicina all’oratorio di Roma è che quel posto mi ha dato tanto, tante esperienze che mi porto ancora dentro, tanti insegnamenti e mi ha sempre fatto vedere il mondo anche da altre prospettive meno egocentriche e materiali. LA cosa bella è che sto cercando di trasmettere tutto ai bambini che accompagno ai sacramenti: andare oltre a questo mondo troppo attaccato alle cose materiali e di ritrovare la bellezza nei piccoli gesti che uno può fare ogni giorno. Più o meno è questo quello che penso, che vivo, che amo e qualche volta dispero della Chiesa. Martina Chiesa, Roma

 

Jovens, Igreja e sociedade

In questa settimana in cui 300 giovani sono radunati a Roma per l’assemblea pre-sinodale offriamo ai nostri lettori le risposte dei Giovani Zaccariani di Rio de Janeiro al questionário proposto per preparare il Sinodo I Giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

A finalidade deste questionário é ajudar os Organismos que têm direito, a expressar a sua compreensão acerca do mundo juvenil e a ler a sua experiência de acompanhamento vocacional, tendo em vista a coleta de elementos para a redação do Documento de trabalho, ou Instrumentum laboris.
Para ter em consideração as diversas situações continentais, depois da pergunta n. 15 foram inseridas três interrogações específicas para cada uma das áreas geográficas, às quais os Organismos em causa são convidados a responder.
A fim de tornar este trabalho mais fácil e sustentável, pede-se aos respetivos Organismos que enviem em resposta aproximadamente uma página para os dados, sete-oito páginas para a interpretação da situação e uma página para cada uma das três experiências a ser compartilhadas. Se for necessário e desejável, poder-se-ão incluir outros textos para corroborar ou integrar este dossier sucinto.

  1. Interpretar a situação
  2. a) Jovens, Igreja e sociedade

Estas perguntas referem-se tanto aos jovens que frequentam os ambientes eclesiais, como àqueles que vivem mais distantes ou até alheios à Igreja.

  1. De que modo vós ouvis a realidade dos jovens?

R: Através dos movimentos de adolescentes e de jovens, procurando mostrar Cristo e a vida cristã a outros jovens, de acordo com a realidade de cada grupo. Dentro do EAC temos os círculos quinzenais (com grupos de jovens de mesma idade) que são os momentos onde os jovens mais conseguem expressar o que sentem e os tios (casais) podem ouvir e orientar.

  1. Quais são os principais desafios e quais as oportunidades mais significativas para os jovens do vosso país/dos vossos países hoje?

R: O principal desafio seria seguir na sociedade a moral cristã, viver de acordo com a nossa fé, pois somos julgados por isso. Grandes são as tentações do mundo, que fazem com que os jovens se sintam mais atraídos, nos desviando do caminho da santidade, muitas vezes não disponibilizando tempo pra comunidade da igreja. Outro desafio é a falta de apoio e participação das famílias nesse processo de evangelização.

As principais oportunidades são movimentos como o EAC que nos puxam para dentro da Igreja e nos colocam em contato com outros jovens que querem ser como nós.

  1. Que tipos e lugares de agregação juvenil, institucionais e não, têm maior sucesso dentro do âmbito eclesial, e porquê?

R: Na nossa Paróquia, temos em especial o próprio EAC (duas vezes por ano), os mini grupos de teatro, música e ação social formados por alguns tios adultos e muitos adolescentes e as atividades de meditação semanais na igreja, e ainda o MEJ, EJC e ENJUZ, entre outros, além de retiros, como o da Semana Santa Jovem.

Através destes, os jovens encontram a Cristo de uma forma mais atrativa e dinâmica, pois são jovens chamando outros jovens com alegria e entusiasmo.

  1. Que tipos e lugares de agregação juvenil, institucionais e não, têm maior sucesso fora no âmbito eclesial, e porquê?

R: Festas diversas, shows e eventos esportivos, pela diversão proporcionada.

  1. O que pedem concretamente os jovens do vosso país/dos vossos países à Igreja hoje?

R: Um maior acolhimento por parte dos adultos. Serem ouvidos e respeitados nas suas opiniões. Pedem também maior participação da família.

  1. No vosso país/nos vossos países que espaços de participação ocupam os jovens na vida da comunidade eclesial?

Na nossa Paróquia, temos em especial o próprio EAC (duas vezes por ano), EJC, MEJ, ENJUZ, entre outros.

  1. Como e onde conseguis encontrar os jovens que não frequentam os vossos ambientes eclesiais?

R: Nas escolas, nas nossas próprias famílias, nos locais onde moramos. E também em festas, praias, shoppings, shows, etc.

 

  1. d) Perguntas específicas por áreas geográficas

AMÉRICA

  1. De que modo as vossas comunidades se ocupam dos jovens que experimentam situações de violência extrema (guerrilhas, quadrilhas, prisão, toxicodependência, casamentos forçados), acompanhando-os ao longo dos percursos de vida?

R: Não temos experiência em nosso grupo de jovens com vivências dessa realidade. Pensamos que seja através da assistência social e de serviços específicos.

  1. Que formação ofereceis para apoiar o compromisso dos jovens em âmbito sociopolítico, tendo em vista o bem comum?

R: Dentro de todas as atividades jovens na nossa Paróquia, palestras, reflexões, são passados esses princípios para que naturalmente estejam preparados e comprometidos com essas questões.

  1. Em contextos de forte secularização, que ações pastorais resultam mais eficazes para prosseguir um caminho de fé depois do percurso de iniciação cristã?

R: Consideramos todas as atividades pastorais importantes. Cada um pode escolher a que se sentir mais tocado e tiver mais afinidade. Percebemos que a Pastoral da Ação Social têm sido muito procurada pelos jovens.

III. Escolhei três práticas que considerais mais interessantes e pertinentes para compartilhar com a Igreja universal, e apresentai-as em conformidade com o seguinte esquema (no máximo uma página por experiência). EXPOR A EXPERIENCIA DO EAC – EJC – MEJ E OUTROS

Vamos descrever a experiência do EAC

  1. a) Descrição: delineai a experiência em poucas linhas. Quem são os protagonistas? Como se leva a cabo a atividade? Onde? Etc.

R: Os protagonistas são os adolescentes. Primeiramente, eles são convidados a participar de um encontro de dois dias (um fim de semana), que seria como um retiro espiritual, onde são apresentados temas importantes da fé católica, através de palestras e círculos de estudo. Após este, as atividades acontecem semanalmente nas reuniões de sábado, com palestras, dinâmicas, teatro, etc., e quinzenalmente nos círculos bíblicos, quando refletimos sobre um tema da doutrina católica através de uma passagem bíblica e um texto específico.

  1. b) Análise: avaliai a experiência, inclusive em chave narrativa, para melhor compreender os elementos que a qualificam: quais são os objetivos? Quais são as premissas teóricas? Quais são as intuições mais interessantes? Como é que elas evoluíram? Etc.

R: (Os adolescentes tiveram dificuldades e não conseguiram responder a esta questão. Segundo os tios,  os objetivos e as premissas do movimento estão no regimento do EAC.).

  1. c) Avaliação: quais foram as metas alcançadas e quais não? Os pontos fortes e fracos? Quais são as consequências nos planos social, cultural, eclesial? Porque e como a experiência é significativa/formativa? Etc.

R: Como meta alcançada temos o encontro dos jovens e sua união à Cristo, porém, como pontos fracos, ainda vemos alguns grupos que se formam dentro do próprio movimento fechados em si e jovens que só participam das atividades levados pelo social, pelo encontro com outros jovens e não por Cristo.

A partir da união desses jovens à Cristo, vemos que os valores cristãos são levados por eles à sociedade, e que há um aprofundamento na fé dos mesmos.

A experiência se torna significativa justamente pelo resgate de muitos jovens que estavam alheios aos valores cristãos e que agora buscam um maior aprofundamento na fé.

Fede e medicina

La relazione della fede con la medicina e la salute
Mentre il vecchio concetto di salute si riferiva solamente alla dimensione fisica delle persone, oggi già si parla di salute come qualcosa di più ampio che comprende, oltre la dimensione fisica, la mente e lo spirito.
Si sa che il nostro corpo risponde in base alle condizioni della nostra mente. Questo accade per il semplice fatto che lavora tutto insieme per un buon funzionamento.
Nel cervello, ci sono circuiti neurali e il sistema limbico, che sono strettamente legate alle emozioni e che influenzano in tutto il disimpegno dell’organismo.
Così, quando stiamo bene, i neurotrasmettitori che ci danno una sensazione di benessere vengono rilasciati. Il dolore diminuisce e il corpo è in grado di lavorare meglio, producendo proteine e rinnovando cellule, per esempio. Al contrario, lo stress attiva questi stessi circuiti per indurre il rilascio di neurotrasmettitori e ormoni, come il cortisolo, che aumentano la depressione e il malessere.
Così la grande difficoltà di guarigione di fronte a una grave malattia cresce, perché quanto più siamo malati e stressati minore è la speranza di guarigione.
Molte persone, così, si aggrappano a una luce alla fine del tunnel, anche quando non c’è nessun trattamento possibile e ottengono la guarigione. Miracolo? Con certezza, a volte non si sa spiegare.
Pertanto, la fede si presenta come un mezzo per rinnovare le speranze: la cura di una malattia o di un fine tollerabile.
Ci sono diverse segnalazioni di persone che, miracolosamente, hanno ricevuto la guarigione da una malattia per la quale non c’era più una soluzione. Nel Vangelo, possiamo vedere un certo numero di casi di guarigione, uno della ragazza emorragica che fu guarita toccando il mantello di Gesù il quale ha detto: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Vai in pace e sii guarita dal tuo male.» (Mc 5,34). Così, oggi ci sono degli studi nel campo della scienza che cercano di conciliare gli aspetti religiosi con quelli scientifici nella ricerca di un trattamento che si rifletta in una migliore adesione del paziente e il recupero più veloce.
Secondo uno psichiatra brasiliano: «In passato, i medici si ricordavano della religione solo quando il paziente smetteva di prendere un farmaco a causa di essa. Oggi è solito fare domande su gli aspetti spirituali e religiosi per utilizzarli positivamente in un trattamento».
Così, alcune università degli Stati Uniti hanno già presentato una disciplina al fine di preparare gli studenti nel settore della sanità, per gestire e accogliere meglio i pazienti, che spesso presentano le loro sofferenze attraverso un linguaggio a loro incomprensibile.
In Brasile, è stato attuato qualcosa di simile, un modello che prepari gli studenti perché, nel futuro, possano analizzare il paziente nel suo complesso. I vari ambiti, come ad esempio quello sociale, professionale e religioso, devono essere presi in considerazione per capire meglio il paziente e il suo problema, oltre a definire, in forma selettiva, qual sarà il trattamento a partire dalle risorse disponibili.
Inoltre, è noto che un fattore che contribuisce abbastanza al miglioramento fisico è il rapporto medico-paziente. L’empatia messa in pratica fornisce una maggiore sicurezza in quello che sarà realizzato, che crea risultati più positivi. La funzione del medico non è solo curare la malattia, ma fornire una migliore qualità di vita alle persone che la cercano. Come ha detto Ippocrate: «Curare quando è possibile; alleviare quando è necessario, confortare sempre».
Come ci dà l’esempio il nostro SAMZ, dobbiamo «esercitare un servizio unicamente per amore di Dio, vedendo nel volto del paziente malato l’immagine di Cristo. Oltre a curare il corpo, dicano buone e pie parole che aiutino l’anima. La ragione del nostro lavoro non dev’essere quella economica, ma servire l’uomo che soffre».

Pedro Henrique Lauar

Cari SAMZfollower – SAMZseguidores

Intervento del responsabile  della pastorale giovanile  zaccariana a ll’Enjuz2016 – Sao Paulo

14 novembre 2016

Cari SAMZfollower -SAMZseguidores

«Da anni i più attenti conoscitori del mondo giovanile vanno ripetendo che siamo di fronte a un cambiamento radicale nella difficile arte di trasmettere alla generazione successiva i principi ritenuti fondamentali per affrontare il duro mestiere di vivere e di vivere in società. A ciò si è aggiunta la convinzione che non c’è più nemmeno un patrimonio da ricevere: la cultura globalizzata dominante sembra affermare che il mondo inizi sempre da capo, che l’umanità non possieda capisaldi condivisi, che una scelta equivalga all’altra e che domani si possa “rottamare” quello che abbiamo acquisito oggi» (Enzo Bianchi).

«Il successo della democrazia liberale, nella seconda metà del Ventesimo secolo, si è fondato sull’estensione del campo d’azione e della prosperità delle classi medie all’interno di società globalmente omogenee, nella cornice di un ordine mondiale stabile e trasparente. Viviamo in un’epoca in cui, in mancanza di crescita e di meccanismi di correzione delle disuguaglianze, le classi medie sono stagnanti e temono un declassamento, in seno a società sempre più eterogenee, e in uno scenario mondiale instabile e oscuro. Tutto questo mentre la rivoluzione digitale, fattore di accelerazione e dunque d’angoscia, cancella l’idea stessa di rappresentanza. Ora più che mai, dunque, occorre fare di tutto per evitare che la demagogia abbia la meglio sulla democrazia». (Michelle Colombanì)

Due pensieri di persone diverse tra loro, ma assolutamente veri, tra poco li commenteremo.

 

Grazie per questo vostro invito e della vostra accoglienza che mi ricambia sempre dell’essere qui con voi! Grazie e un saluto da tanti giovani europei che sanno che vi state incontrando.

In Italia alcuni dei gruppi giovanili dei padri Barnabiti stanno lavorando su tre linee:

Spiritualità.
Cultura.
Azione.

Non si può essere cristiani senza fare cultura, senza pensare come agire per il bene degli uomini.

Uno dei beni maggiori che oggi gli uomini hanno bisogno è la cultura, la capacità di pensare. Leggere, scrivere, allarga i confini, può e deve incidere sulle nostre vite, dare il proprio contributo a costruire un futuro più giusto, un mondo migliore (Roberto Saviano).

Noi cristiani abbiamo il dovere di pensare illuminati dalla luce del Vangelo che vuole incontrare tutti gli uomini che Dio ama, tutti gli uomini di buona volontà.

Pensare le fede, pregare la fede, vivere la fede (riprendo le 2 citazioni).

Non è vero che la vita comincia sempre da capo, semmai sempre da capo è la possibilità di continuare ad amare dopo il peccato;

non è vero che non abbiamo più nulla da trasmettere, noi adulti a voi, voi giovani a noi: c’è una Storia, anche di errori, ma c’è una Storia e anche una Storia della Salvezza;

non è vero che una scelta è uguale all’altra: Dio vi ha scelti uno per uno e nessuno di voi è uguale all’altro (è scritto sulle maglie dei giovani di S. Paulo: Segueme. Eu preciso de vosse);

viviamo in un’epoca di angoscia, ma anche di opportunità che siamo chiamati a vivere;

dobbiamo sempre più vigilare sulla bontà della democrazia, cioè dobbiamo usare la testa che Dio ci ha donato.

Per vivere / fare ciò – come ci insegna il nostro Fondatore A.M.Z – abbiamo bisogno di:

pregare,
pensare,
agire.

  1. Pregare con la parola di Dio (prima ancora di Lutero SAMZ leggeva la Bibbia in volgare);
  2. Pregare davanti al Crocefisso e registrare sul vostro smartphone le ore 00 di ogni venerdì: in tutto il mondo! Gesù muore per me! Fil. 2.
  3. Tenere sempre la mente elevata a Dio!
  1. Leggere, confrontare con il pensiero cristiano;
  2. Chiedere perdono se non si legge abbastanza, anche 15 minuti al giorno;
  3. Scrivere quello che si ragiona, quello che si vuole sognare.
  1. Agire insieme, come piccolo gruppo;
  2. Agire insieme, come grande gruppo zaccariano;
  3. Agire insieme, con una grande missione: spirituale, o culturale, o caritativa.

Alcune proposte/esempi:

  1. la preghiera personale e la direzione spirituale,
  2. il riferimento alla parrocchia e/o alla scuola,
  3. la condivisione con altri gruppi della parrocchia,
  4. pregare insieme, nel mondo (25 gennaio, 5 luglio, Provvidenza),
  5. rosario della provvidenza venerdì 18 novembre;
  1. leggere un autore o degli articoli e condividere insieme,
  2. leggere un documento della Chiesa,
  3. scrivere un articolo per noi www.GiovaniBarnabiti.it;
  1. scendere dal divano (papa Francesco), evitare la tiepidezza (SAMZ), imparare ad agire come singolo e piccolo gruppo per il prossimo;
  2. l’enjuz non finisce il 15 novembre e ricomincia il 15 novembre 2017: bisogna essere SAMZfollower, zaccariani ogni giorno;
  3. sostenere un progetto di volontariato per l’estate che coinvolga tutti i giovani zaccariani in Brasile, nel mondo;
  4. imparare la pedagogia della gradualità (SAMZ): SAMZfollower day by day.

Concludo:

  1. Ieri … diceva che dobbiamo diventare migliori, certo dobbiamo e vogliamo diventare migliore, che nessuno di noi è perfetto per parlare della parola di Dio: nessuno è perfetto, ma Dio ci ha donato la sua perfezione, lo Spirito santo per leggere e vivere la parola di Dio;
  1. Una citazione del nostro Fondatore:

oh meraviglia della stupenda arte delle cose fatte da Dio! l’uomo è tale che con la libertà del suo                   animo può fare che… il male gli sia bene (Sermone V), che la perfezione cresca;

  1. Una produzione che ci faccia comprendere come si può pensare e vivere la fede anche senza la parola.

 

Grazie, pJgiannic