Non possiamo comprendere San Paolo senza riferirci alla sua vicenda umana.
I tratti principali della sua vita, narrati negli Atti e nelle lettere, sono abbastanza conosciuti: la sua iniziale posizione di persecutore dei cristiani, la vocazione sulla via di Damasco e infine i tre viaggi missionari fino alla prigionia e alla morte in Roma. Tra le righe di questi eventi, tuttavia, si possono scorgere i segni di un’avventura umana e spirituale spesso non altrettanto nota.
Occorre considerare anzitutto che Paolo, fin dal principio, è un grande credente: fariseo, discepolo di Gamaliele il Grande e pieno di zelo per la fede nel Dio d’Israele (At 22,3).
Le sue posizioni intransigenti verso i primi cristiani, che contrastano con quelle del suo maestro (At 5,34-35), rivelano una personalità focosa. Questo lato del suo carattere emergerà in diversi episodi, come ad esempio il litigio con Barnaba e la conseguente separazione tra i due (At 15,36-40).
Sulla via di Damasco Paolo fa un’esperienza forte di Cristo che lo porta a riconsiderare la propria posizione nei confronti dei cristiani e a reinterpretare il suo ruolo a servizio della fede nel Dio dei padri. Egli comprendedi avere una vocazione: annunciare Cristo ai pagani affinché si compiano le antiche profezie e Dio sia annunciato fino ai confini della terra (Ger 1,5; Is 49,1-6). Il progetto di una grandiosa opera missionaria da estendersi fino in Spagna (Rm 15,20-21. 15-24) e in seguito, forse, anche in Nord Africa, non riesce tuttavia a concretizzarsi poiché le esigenze della carità impegneranno Paolo a risolvere i mille problemi delle comunità già evangelizzate; ciò lo distoglierà, suo malgrado, dalla principale vocazione costringendolo però a smussare quei lati troppo rigidi del suo passato da fariseo zelante.
La prigionia e la morte violenta a Roma fanno definitivamente fallire l’ambizioso progetto, facendoci comprendere come la vicenda dell’apostolo non trovi compimento tanto nell’opera di evangelizzazione, quanto in una piena configurazione a Cristo e alla sua croce, attraverso la lotta interiore per la rinuncia dei propri desideri in favore di una resa fiduciosa e incondizionata alla volontà divina che raffina come metallo nel crogiolo. Proprio da quel servizio alle comunità scaturirà, infatti, il frutto più prezioso che Paolo lascia al cristianesimo di tutti i tempi: le sue lettere, attraverso le quali passa addirittura parte della rivelazione biblica.
Stefano Maria