Onde gravitazionali ovvero, il senso della ricerca.
Questa settimana la fisica ha raggiunto un altro risultato fenomenale: sono state individuate le onde gravitazionali.
Esse sono un’increspatura dello spazio-tempo generate dalla fusione di due buchi neri. Nonostante la loro esistenza sia una diretta conseguenza della relatività generale, teorizzata 100 anni fa da Albert Einstein, fino ad oggi non si era riusciti a dimostrarne l’esistenza. Data la loro natura, abbiamo dovuto aspettare un secolo per avere la tecnologia sufficiente per poterle rivelare. Ma grazie ai progressi tecnologici e come sempre grazie ad un pizzico di fortuna abbiamo raggiunto questo importante obiettivo. Perché importante?
Perché innanzitutto è un’ulteriore conferma della teoria di Einstein e in secondo luogo apre la porta a nuove tecniche di indagine del cosmo, che fino ad ora è stato studiato utilizzando la luce.
Tuttavia ciò che mi ha lasciato perplesso in questi giorni è la reazione di molti italiani di fronte a questa eccezionale scoperta. Confrontandomi con i miei amici e leggendo i commenti delle notizie, ho riscontrato una certa indifferenza di fronte a questo avvenimento.
Il perché è semplice.
La scienza si è evoluta enormemente nell’ultimo secolo. Ora si parla di Big Science, poiché le nuove scoperte vengono effettuate dai grandi centri di ricerca e dai gruppi di ricercatori. La figura del singolo scienziato, capace di creare da solo una teoria, è quasi sparita.
Il motivo è che si è raggiunto un livello di complessità che necessita un approccio di massa, per risolvere i problemi. E sono necessari anche grossi investimenti per costruire macchine sempre più potenti.
Il nocciolo della questione è proprio questo: la complessità degli argomenti nasconde l’utilità pratica delle scoperte effettuate nell’ultimo quarto di secolo. Allora per i non addetti ai lavori è quasi giustificata la perplessità di fronte a queste notizie ed è quasi lecito che il popolo si chieda perché non investire quell’enorme quantità di soldi in progetti all’apparenza più utili.
Tutto ciò perché ciò che spesso si ignora sono le conseguenze pratiche della ricerca di base. Tutto ciò che ci circonda, le lampadine, la risonanza magnetica, internet e i computer, derivano proprio dalla ricerca di base, che come prodotto secondario fornisce la tecnologia che usiamo quotidianamente. Forse noi scienziati dovremmo essere più bravi nel comunicare questo fatto, in modo da poter far conoscere l’importanza della ricerca scientifica.
Inoltre è proprio la curiosità dell’uomo che ha permesso la sua evoluzione nella storia. Una curiosità fine a se stessa. Un po’ come la letteratura, la musica, la pittura e il teatro. Tutto ciò non risolve i grandi problemi del mondo, ma permette all’uomo di innalzarsi e di vivere, non solo di sopravvivere.
Roberto Nava