Un anno fa Jonathan Bazzi scrisse dell’importanza di celebrare il Pride: chi si sente, chi è minoranza deve trovare il modo di farsi conoscere, non deve limitare il proprio orgoglio. Credo che la tesi di fondo sia condivisibile anche se dovrebbe valere per tutti, ma non tutte le minoranze hanno le medesime opportunità.
Ci sono dei diritti che certo vanno riconosciuti e non ledono il buon andamento di una società, anche dal punto di vista educativo, ma ci sono anche dei doveri o altri punti di vista che non per forza sono negativi o preclusivi, semplicemente fanno parte di una normale dialettica: trovare la quadra non è facile e indolore.
Qualche settimana fa il maggior rappresentante della chiesa cattolica ha usato un termine che ha lasciato tutti molto perplessi: “frociaggine”.
Questo termine ai vari pride di questo mese è stato usato, strausato, abusato. È un diritto del mondo gay o dei suoi sostenitori? Può darsi. Certamente molti si sono giustamente sentiti toccati e offesi.
Come credente tutto ciò mi ha fatto molto male, lo confesso pur cercando di comprenderne le cause. Quando ami qualche cosa, in questo caso la Chiesa, non puoi non soffrire. Mi fanno soffrire anche quanti da parte opposta (forse avversa), nella Chiesa cosiddetta custode della verità, trdizionalista, usano gli stessi metodi con obiettivi e intenzioni diversi.
In Italia “frocio” è sicuramente una parola offensiva che non è bello sentirsi dire, che non è bello gettare addosso a un altro o altra perché ferisce.
Che il papa l’abbia usata e riutilizzata qualche giorno dopo con tutta la consapevolezza del caso non saprei dirlo. È stata usata. Per denunciare una situazione? Per avvertire che bisogna avere maggiore e migliore attenzione alla dimensione identitaria e sessuale dei candidati al sacerdozio? Nella mia vita di seminarista e di prete poi non mi è capitato di trovarmi in un ambiente sessualmente e identitariamente depravato. Non sono mancati dei casi di persone allontanate perché incapaci, meglio senza la volontà di voler fare chiarezza su stessi o perché attenti in modo scorretto verso minori. Questo non significa che ci sia stata una attenta o giusta riflessione sulla sessualità, per molti versi si è un po’ arrancati.
Confesso senza vergogna che mi sono fatto delle domande sulla mia identità, anche sull’avere scelto il seminario per “scappare” da me stesso in modo decoroso! Se poi pensate che non ho mai giocato a calcio, che non ho mai amato la violenza o ho ricevuto alcuni due di picche… Quanti pensieri in un ventenne appena finito il servizio di leva militare potevano frullare nella testa! Con chi parlare di tutto ciò? Poi lo Spirito santo mi ha guidato come lui solo sa fare.
Parlare di ricerca e riconoscimento di identità non è facile nemmeno oggi, me ne accorgo con le decine e decine di ragazzi/e e giovani che incontro ormai da decenni. Affrontare con cura questo argomento è ancora faticoso e non solo per la Chiesa, ma per la società tutta, nonostante tutti i “via libera” di oggi. Forse perché la sessualità è comunque il nucleo più sacro e vulnerabile di ogni essere umano e anche della società. Non è tabù, è la fatica della ricerca di se stessi.
Non voglio ora entrare nella questione se una persona omosessuale possa o no essere ammessa in un seminario, questione che credo sia abbastanza chiara nelle indicazioni ufficiali della Chiesa, giuste o sbagliate che siano. Piuttosto credo che forse il Papa con il termine “frociaggine” volesse e vuole intendere l’importanza di avere degli ambienti chiari e non ambigui, non in senso negativo verso le persone omosessuali, bensì verso tutti noi. È una parola sbagliata? Non sempre abbiamo le parole giuste e corrette per tutti e per tutto quindi probabilmente non si dovrebbero usare. Però talvolta non siamo capaci di fare meglio. E questo mi pare il pensiero anche di alcuni seri pensatori omosessuali cristiani che hanno commentato il il fatto. A queste persone devo veramente molta gratitudine per i loro toni seri, ben diversi da tanti estremisti cattolici o laicissimi. Toni seri e di amore verso la Chiesa e anche verso i suoi limiti che da un po’ di tempo non sentivo.
Forse tutti noi dovremmo recuperare un sano orgoglio di essere noi stessi consapevoli dei diritti e dei doveri di tutti noi, anche quando altri non capissero, cercando piuttosto di vivere la nostra fede e di viverla seriamente.
Giannicola M. Simone