Our youngest entertainers in Milot

Selina Koka is surely among our youngest entertainers in Milot. Born in Milot in 2001, she joined for the first time Kampi Veror in 2007, while she was only 6! After many years spent in our summer camps as a child, she decided to become a member of our crew of volunteers last year and is now at her second experience as a Kampi Veror’s entertainer.
Selina is currently attending her last year of Gymnasium. Interested in both Architecture and Design, she is going to apply to university next year, maybe even in Italy…

Selina, you took part in Kampi Veror at the very beginning of Barnabites Fathers’ activities in Albania, when you were still a kid. Yet, 10 years later, you are an entertainer of our team. How do you feel about this passage?

I am more than happy I have been part of Kampi Veror as a child, as well as an entertainer of your team now. Every year spent at Kampi Veror made me understand more and more of what I have inside myself. At the very beginning, my only intention was to have fun, but while I was growing up, I started to understand that it wasn’t only that. It was more. And now as an entertainer, I know that having fun it’s not as important as finding who you really are.

In the meanwhile, your country has undergone many changes, as well. What’s your point of view about Albania’s future?

As anyone knows, Albania is a small country that doesn’t count a lot of opportunities. Also, life here isn’t in its best. The history of Albania takes a place on what Albania is nowadays. In my opinion, the leaders of our country should work more on giving the youth of our country opportunities in terms of job, good education, proper salary etc. These are things that don’t actually exist here and they need more attention to make Albania a better place, because the youth is the power.

Let’s get back to our former topic. Why entertaining children and kids should be relevant for the Catholic mission, in your opinion?

Well, kids are the future of every country. So focusing on growing them up must be a really sensitive topic. That’s because children learn from the adults, so eventually we are the ones that should teach them good value and hard work, to achieve what they want in life.

What is your kindest memory of these years of Kampi Veror?

I can’t say I have just one kind memory. They are uncountable, but one thing I’ve achieved every year is friendship, with kids, also with the volunteers from my country and Italy. Every year, I get more and more love from all these people and that’s what makes my heart happy. Over all, I don’t think there is any other kind memory more precious than this.

By Andrea Bianchini

Uno spiderman da Oscar

Cari amici di giovanibarnabiti.it
Quest’oggi abbiamo una intervista da oscar!
Vi presentiamo Antonio Meazzini che ha vinto l’oscar per gli effetti speciali non per uno ma per più film!

• Prima di tutto credo sia giusto farvi sapere chi è Antonio Meazzini.
Sono nato e cresciuto a Lodi, ho frequentato il liceo scientifico San Francesco, dopo un anno di ingegneria informatica ho poi abbandonato gli studi per lavorare come web designer, all’età di 24 anni sono poi andato a studiare “visual effects” a san francisco, dove sono rimasto per quattro anni. Successivamente mi sono trasferito a Londra, dove c’è molto lavoro nel settore.
Nel frattempo, anche Vancouver in Canada è diventata un “hub” del cinema tanto da essere soprannominata “Hollywood North” dove molti colleghi si sono trasferiti trascinandovi anche me dopo 7 anni. Ormai da 4 anni sono “canadese”!

• Come ti sei avvicinato al mondo degli effetti speciali?
Ho sempre avuto una certa passione per la computer grafica in generale, ho frequentato un corso breve di effetti speciali a Verona che mi ha aperto nuovi orizzonti in questo campo perché quanto quello imparato mi è piaciuto e stimolato molto. Da qui ho scoperto un corso di “visual effects” presso l’Academy of Art University di San Francisco… e sono partito! L’idea iniziale era di frequentare soltanto un semestre e poi tornare in italia, tuttavia il fascino degli studi e anche il poter vivere a San Francisco mi piaceva molto, da qui la decisione di completare tutto il corso di studi. Sono rimasto a San Francisco per 4 anni e dopo la laurea ho subito trovato lavoro nel settore.

• Vivere nel mondo dei grandi del cinema è un sogno di molti, specialmente di chi fa questo tipo di lavoro, te lo saresti mai aspettato di arrivare a livelli così alti?
All’inizio proprio no, soprattutto il fatto di vivere all’estero era una cosa a cui non avevo mai pensato e che credevo mi avrebbe spaventato molto. Ricordo che quando ero in Italia e già mi appassionavo alla computer grafica e agli effetti speciali avevo guardato il primo Shrek. Pensavo che sarebbe stato bellissimo poter lavorare su un film d’animazione del genere, ma era come un sogno, che poi si è realizzato quando sono andato a lavorare alla PDI Dreamworks (proprio l’azienda che ha creato Shrek)! È stato uno dei miei primissimi lavori.

• Potresti definire quello che fai arte?
In parte si, infatti ci definiscono “visual effects artists” e anche all’interno di un’azienda le categorie sono distinte tra produttori e artisti, i produttori sono coloro che si occupano dell’organizzazione e la gestione, e gli artisti sono quelli che come me lavorano sul progetto. Anche se non siamo veri e propri artisti tradizionali, è necessario conoscere almeno i principi artistici (come teoria del colore, prospettiva ecc…). Le stesse regole visuali che si applicano a un disegno o, per esempio, alla fotografia valgono anche per un film dato che l’obiettivo è quello di far sembrare il tutto il più realistico possibile, per questo motivo è necessario sviluppare un “occhio artistico”. Uno dei motivi per cui mi piace questo lavoro è il suo essere un mix tra arte e tecnologia.

• Hai un altro sogno nel cassetto?
Il mio sogno era proprio quello di lavorare negli effetti speciali, se mi parli di un sogno irrealizzabile probabilmente penso che mi piacerebbe produrre un mio film, ma dovrei disporre 200 milioni di dollari per porterlo fare!

• Mai dire mai, potresti trovare o inventare qualche soluzione… speciale!
Ascolta, Antonio, è faticoso vivere a Vancouver, lontano da casa?
È stato molto difficile lasciare l’Italia la prima volta e andare verso l’incognito; la nonna mi diceva: “chi lascia la vecchia strada per la nuova sa quel che lascia, non sa quel che trova”. Quando successivamente mi sono trasferito da San Francisco a Londra mi sono reso conto di quanto fosse tutto più facile e comodo perché potevo tornare in Italia anche solo per un weekend lungo con un paio d’ore di volo e senza dovermi riadattare a 9 ore di fuso orario. Ora invece sono tornato a essere di nuovo lontano. Ci sono sempre un po’ di pro e contro ovunque, il Canada è un paese decisamente vivibile, ma la grossa distanza con l’Italia è l’aspetto più negativo del vivere qui, un domani può darsi che ritornerò a Londra o, perché no, proprio in Italia.

• Il prossimo film?
Ultimamente la Sony Imageworks , per la quale lavoro al momento, sta realizzando molti film d’animazione per cui anche se mi sono specializzato più su quelli che si chiamano “live action” (film tradizionali, non cartoni animati), mi sono ritrovato a lavorare su molte produzioni di animazione tra cui Hotel Transylvania 3, Spiderman into the Spiderverse (vincitore dell’oscar come miglior film d’animazione), e Angry Birds 2, al momento sto lavorano a The Mitchells Versus the Machines che uscirà verso settembre del 2020, una storia studiata un po’ per i più piccoli ma con un look molto innovativo.

• Ma come passa la vita Antonio Meazzini fuori dal lavoro?
A San Francisco e a Londra ero più “outgoing”, Vancouver è una città un po’ più tranquilla ma comunque con molto da offrire: in estate soprattutto ci sono un’infinità di attività all’aperto come canoa, trekking ecc… e anche molti posti da vedere. L’inverno è invece molto piovoso per cui in la situazione cambia!

• Hai trovato nuovi amici o solo conoscenti?
Il mio settore, del campo cinematografico, a differenza del settore pubblicitario, di serie televisive o video musicali, è un campo in cui ci si conosce un po’ tutti, molti ne parlano come se fosse un grosso paese in cui tutti più o meno conoscono tutti; in effetti è sorprendente trovare tanta gente qui con cui ho lavorato a Londra o ho studiato a San Francisco, per questo motivo ho anche trovato nuovi amici.

• Grazie mille Antonio, arrivederci a Vancouver!
Grazie a te!

chi potrà salvarsi?

Chi potrà salvarsi? Chiede un tizio a Gesù che passava per la sua città (cfr. Lc 13,22-30)
Forse a quei tempi tale domanda aveva un senso, tutti erano religiosi, oggi non più.
Alessandro 22 anni, non si interessa a questa domanda, cerca di vivere bene la propria vita, con onestà, giustizia, verità, il dopo non lo interpella.
Il tema della salvezza come l’intende Gesù non interessa quasi più nessuno, forse i politici del nostro Parlamento, ma le chiese sono mezze vuote e la gente si pone altre domande.
Forse nemmeno ai tempi di Gesù la domanda era così scontata, pensate ai due ladroni: uno chiede di essere ospitato in Paradiso, l’altro non si pone il problema, ormai è lì, sulla croce.
Recentemente uno psichiatra scriveva che Dio è una immaginazione che solo l’uomo poteva concepire e l’uomo una immaginazione di Dio.
Ma perché immaginarsi un Dio che da una parte ti opprime con 742 precetti da osservare, per essere salvato, e dall’altra parte per salvarci si fa crocefiggere e ci chiede di passare attraverso la medesima porta?
Ha ragione Alessandro, meglio vivere il presente in verità e crescere nella vita.
Forse Alessandro non ha ancora provato una sofferenza grande, quindi perché porsi questa domanda?
Attenzione, è pericoloso fondare il bisogno di salvezza sul dolore, può accadere, ma è pericoloso.
Non è il dolore della Croce che permette di riconoscere il desiderio di salvezza, ma il riconoscere la Croce come la porta per entrare in un tempo più grande, infinito per la mia storia.
Certo la Croce è una porta stretta, perché è una porta dell’Amore e l’Amore quando è tale chiede la fatica di passare da sentieri più stretti.
Croce, infinito, amore.
Per noi cristiani la Croce è il segno massimo dell’amore di Dio, un amore infinito.
Si può dire che l’Amore di Dio è infinito? Quando noi vogliamo bene veramente a qualcuno gli diciamo che il nostro amore è per sempre: per sempre.
L’Amore di Dio è per sempre, forse l’uomo di oggi è spaventato da questo “per sempre”, ha paura dell’eternità, preferisce il giorno dopo giorno, il mordi e fuggi.
“per sempre” è la porta stretta per la quale siamo chiamati a passare.
Da questa porta stretta sembrano passare di più i lontani, gli stranieri, coloro che forse non hanno mangiato alla tavola con Gesù (come dice il Vangelo), ma mangiando con gli ultimi, con i dimenticati, con le “buone maniere” (si può ancora dire “le buone maniere” in questo spettacolo del turpiloquio quotidiano?) hanno cercato di onorare la vita.
Non basta mangiare alla tavola con Gesù per ottenere la salvezza, bisogna desiderare di attraversare la porta stretta della Croce insieme a Gesù.
Non ho la pretesa di convincere Alessandro o chi per lui alla salvezza, la salvezza è un dono di Dio, ma di chiedere di continuare a vivere con onestà, rettitudine e verità la sua vita sì!
Mi passerà davanti all’ingresso della porta del regno dei cieli insieme a peccatori e prostitute? Sarò contento di vederlo davanti e poter entrare con lui.
Prima o dopo non importa, nel regno dei cieli il tempo sarà un eterno presente dove si incontreranno, permettete la metafora, non gli amanti del fast food, ma gli amanti del slow food, di coloro che hanno trovato il tempo di guardare anche solo negli occhi un fratello, qualunque esso sia, e offrirgli anche solo un sorriso.
pJgiannic

Thesari që është në ty

Të rinj punëtorë dhe universitarë që kalojnë një pjesë të pushimeve të tyre për t’u shkuar prapa një turme kalamajsh (kështu thuhet fëmijë në Shqipëri) me të cilët të shkruajnë dhe të vizatojnë 10 ditë qetësie, argëtimi dhe mundësie për t’u rritur janë një realitet edhe këtë verë 2019.
Të luash dhe të bësh të tjerët të luajnë ndihmon që të rritësh të vegjlit dhe të mëdhenjtë përtej çdo përkatësie shoqërore, gjuhësore, kulturore apo fetare. Ndihmon të gjesh “thesarin që është brenda teje” siç citon slogani i kësaj vere.
Ndoshta nuk përbën ndonjë lajm? Jo për atë pjesë të botës që beson tek e mira. 10 të rinj italianë së bashku me 15/20 adoleshentë shqiptarë që vullnetarisht, mes një pakuptueshmërie gjuhësore dhe zbulimit të afrisë dhe diferencave kulturore, nuk e humbasin dëshirën për të ndërtuar një ecje rritjeje sa të vogël aq dhe të rëndësishme si fara e sinapit!
Puna e vullnetarëve të kampit veror 2019, të këtyre të rinjve zaccariani është pikërisht puna e asaj farës së vogël të senapit që padukshmërisht dhe qetësisht prodhon një bimë të madhe në gjëndje të ofrojë hije dhe strehë nga dielli e vapa. Një hije që është vlerë dedikimi, përgjegjësie, bashkëndarjeje, durimi, profesionalizmi, kreativiteti, miqësie, dhe vëllarërie. Kampi veroir 2019 është edhe ky një bashkësi vlerash të jetuara dhe ofruara për të ndihmuar një pjesë të këtij kombi të vogël shqiptar për t’u rritur me një dinjitet më të madh dhe përgjegjësi për veten.
Të mundesh të bashkëpunosh sot me animatorë shqipatrë që ishin fëmijë disa vite më parë është një kënaqësi shumë e madhe jo për t’u mburrur, por për t’u gëzuar që dëshira për të bërë falas njëri për tjetrin për më të vegjlit është një kartë fituese në një botë shpesh shumë utilitare.
Universiteti dhe puna janë fusha të nevojshme dhe të pashmangshme për secilin prej nesh, por nëse janë të ndriçuara nga këto ditë, fitojnë vlerë më të madhe dhe të pafund. Të heqësh 15 ditë nga plazhet dhe vendet turistike nuk është një humbje por një investim dhe kush ka jetuar këto mundësi jo vetëm që e kujton, por e di mirë dhe ia shijon frytet edhe vite më pas.
Shqipëria është një vend në rritje, mes shumë kontradiktash dhe akoma më shumë shpresash edhe se të shoqëruara nga mundimi i maturimit. T’u japësh fëmijëve momente gëzimi, rregullash për të luajtur mirë dhe drejt së bashku, të shikosh nënat e tyre të dalin nga shtëpitë për t’u mbledhur së bashku për të folur mes tyre e për të na ndihmuar në ndërtimin e kohës së fëmijëve të tyre është fryti më i rëndësishëm pas 15 verash të kaluara në Milot.
Disa ditë më parë Zëvëndës Ministri i Jashtëm, duke na pritur në Tiranë na froi të ndërtonim me durim të ardhmen e këtij vendi sidomos përballë asaj që do të dukej se nuk funksionon ose duhet ndryshuar.
Kampet verore janë ky veprim këmbëngulës edukativ pikërisht nga etërit Barnabitë që transmetohet edhe nga të rinjtë me të cilët ata punojnë. Duam të rinj të gjallë, shkruan Papa Françesku në letrën e tij drejtuar të rinjve Christus vivit: në Milot kampi veror 2019 është pikërisht kampi i të rinjve të gjallë për një botë të gjallë; kampi i të rinjve që jo vetëm pyesin veten se kush janë, por edhe se për kë janë. Të rinj për të ardhmen e këtij vendi dhe për jetët e tyre.
Faleminderit juve të rinj të Milotit, murgesha Angeliche të Milotit, etërit Barnabitë të Milotit, Zëvëndesministri i Punëve të Jashtme Sokol Dedja, Këshilltarët e Ministrit Besian Zogaj dhe Irida Laçi.

Faleminderit (grazie) giovanizaccariani 2019, grazie kalamajsh!
p. Giannicola M. Simone
Ufficio Pastorale Giovanile PP. Barnabiti

Il tesoro che è in te

Giovani lavoratori e universitari che investono parte delle loro vacanze per correre dietro a una ciurma di calamai(così si dice bambini in Albania) con i quali scrivere e disegnare 10 giorni di serenità, allegria e opportunità per crescere sono una realtà anche questa estate 2019.
Giocare e far giocare aiuta a crescere i piccoli come i grandi al di là di ogni appartenenza sociale, linguistica, culturale o religiosa. Aiuta a trovare “il tesoro che è in te” come recita lo slogan di questa estate.
Forse è una non notizia? Non per quella parte di mondo che crede nel bene. 10 giovani italiani insieme a 15/20 adolescenti albanesi che volontariamente tra una incomprensione linguistica e la scoperta di affinità e differenze culturali non perdono la voglia di costruire un percorso di crescita tanto piccolo quanto importante come il seme della senape!
Il lavoro dei volontari del kampiveror2019, di questi giovani zaccariani è proprio il lavoro di quel piccolo seme di senape che invisibilmente e silenziosamente produce una grande pianta capace di offrire ombra, riparo dal sole e dalla calura.
Un’ombra che sono valori di dedizione, responsabilità, condivisione, pazienza, professionalità, creatività, amicizia e fraternità. Il kampiveror2019 è anche questo insieme di valori vissuti e offerti per aiutare una frazione di questa piccola nazione albanese a crescere con maggiore dignità e consapevolezza di sé.
Poter collaborare oggi con animatori albanesi che erano i bambini di qualche anno fa è una grande soddisfazione non per inorgoglirsi, quanto per rallegrarsi che la voglia di fare gratuitamente gli uni per gli altri e tutti per i più piccoli è una carta vincente in un mondo spesso troppo utilitaristico.
L’università e il lavoro sono ambiti necessari e ineludibili per ognuno di noi, ma se illuminati da questi giorni, acquistano valore migliore e immenso. Sottrarre 15 giorni a spiagge o luoghi turistici non è una perdita ma un investimento e chi ha vissuto queste opportunità non solo lo ricorda, ma lo sa bene e ne gode ancora i frutti dopo anni.
L’Albania è un paese in crescita, tra molte contraddizioni e ancora più speranze seppure costellate dalla fatica della maturazione. Dare a dei fanciulli dei momenti di gioia, delle regole per giocare bene e meglio insieme, vedere le loro mamme uscire dalle case e radunarsi insieme per parlare tra loro e aiutarci a costruire il tempo dei loro figli è il frutto più importante dopo 15 estate trascorse a Milot.
Qualche giorno fa il viceministro degli esteri, ricevendoci a Tirana ci invitava a costruire con perseveranza il futuro di questo paese specialmente di fronte a ciò che sembrerebbe non funzionare o cambiare.
I kampiveror sono questa perseverante azione educativa propria dei padri Barnabiti che viene tramandata anche dai giovani con cui essi lavorano.
Vogliamo giovani vivi, scrive papa Francesco nella sua lettera ai giovani Christus vivit: a Milot il kampiveror2019 è proprio il campo di giovani vivi per un mondo vivo; il campo di giovani che non solo si chiedono chi sono, ma anche per chi sono. Giovani per il futuro di questo paese e delle proprie vite.
Faleminderit ragazzi di Milot, suore Angeliche di Milot, padri Barnabiti di Milot, viceministro degli esteri Sokol Dedja, consiglieri del ministero Besian Zogaj e Irida Laçi.

Faleminderit (grazie) giovanizaccariani 2019, faleminderit kalamajsh!

    Giannicola M. Simone
    Ufficio Pastorale Giovanile PP. Barnabiti

Greta, Carola, Olga e tante altre: le ragazze non temono i potenti

L’ultima è stata Olga Misik. Prima di lei Carola Rackete e prima ancora Greta Thunberg. Sarà un caso che sono tutte ragazze? E che siano diventate icone transnazionali dei maggiori dossier della nostra epoca: il clima, l’accoglienza, i diritti? Un modo speciale di fare la rivoluzione, il loro, che passa attraverso l’imposizione di un’energia nuova, dove prevale una forma tutta femminile di aggressività: la difesa. Si tratti di difendere l’ambiente da politiche senza futuro, i rifugiati da chi non riconosce il loro diritto alla dignità, o la libertà di espressione dalla violenza della dittatura, il messaggio lanciato ai potenti da queste ragazze è lo stesso: siamo qui per difendere ciò che ci è stato affidato. C’è anche una bellezza speciale nel modo che hanno di condurre le battaglie: Greta e il suo cartello sotto la pioggia, Carola con la stralunata fierezza da capitana di un vascello di sventurati, Olga a gambe incrociate che legge la Costituzione a voce alta come fosse un gioco di ruolo.

Si sono scelte inoltre degli avversari di peso: Trump e i potenti della Terra, la leadership sovranista di Matteo Salvini, il presidente russo Vladimir Putin. E li hanno affrontati con i codici della civilizzazione di cui sono figlie – le parole, i gesti belli – mostrando non soltanto di avere un indiscutibile coraggio personale, ma anche di incarnare la forza di una collettività che malgrado tutto ha trasmesso loro la libertà, se non come dato acquisito, almeno come possibilità da conquistare. Non stupisce che siano state coperte di insulti, sbeffeggiate, diversamente umiliate; stupisce piuttosto che resistano, che continuino, che non si mettano paura.

Guardandole in azione si guarda già un’epoca nuova, come se il tempo della muscolarità, ma anche del progresso tecnico che ha segnato il Novecento si fosse esaurito, e fosse cominciato un tempo in cui è più importante conservare, riparare, distribuire che non produrre all’infinito, sfruttare al massimo le risorse, concentrare il potere e le ricchezze. Per farlo c’è bisogno di dialettica, della forza che viene dalla persuasione (i greci avevano un culto speciale per Peitho, la dea della persuasione, considerata l’anima della vita pubblica, sempre in opposizione alla violenza), la stessa che abbiamo sentito nei discorsi di Greta Thunberg, Carola Rackete, Olga Misik. La loro storia di ragazze occidentali (sì, anche Olga è un prodotto della grande cultura occidentale) è già di involontario esempio – o forse si tratta di un irresistibile contagio – per altre latitudini del mondo: ci sono le ragazze iraniane che sfidano il regime degli ayatollah togliendosi il velo e postando le immagini sul web, c’è Alaa Salah, la giovane sudanese che guida la rivolta contro il presidente Omar al-Bashir, e c’è stata Malala, un esempio per tutte le ragazzine che sceglievano l’istruzione, “whatever it takes”. Il fatto nuovo, che le accomuna tutte, è una diversa energia nell’interpretazione dei diritti, a dimostrazione che l’emancipazione raggiunta fino a oggi mette in circolo forze che non sembrava si sarebbero facilmente liberate. È una fortuna che il loro mondo sia anche il nostro.

L’estate è cominciata

L’estate è cominciata!

Estate è sentirsi liberi,
è sentire il vento fresco in montagna che ti sferza la faccia,
ma anche i brividi di calore che arrivano quando stai troppo al sole.
L’estate è il sale sulla pelle, gli acquazzoni improvvisi, e notti sotto le stelle passate
a parlare con la Luna.
L’estate sono le scottature, i giri in moto in due, le urla di gioia e le lacrime di tristezza.
L’estate è riposo, divertimento, è il primo bacio, il primo schiaffo, la prima delusione.
L’estate è la voglia di buttarsi: in mare, nel lago, nel fiume o in nuove esperienze,
con lo zaino in spalla e tanta voglia di camminare.
Estate è il momento delle nuove avventure, delle nuove lezioni di vita.
È il momento in cui lavorare su noi stessi, è un momento tutto nostro
in questa vita sempre più “condivisa”.
È il momento di metterci alla prova, di scoprire nuovi lati di noi stessi,
di meravigliarci di fronte a cose nuove mai viste prima.
L’estate è la fine di un anno pesante, è un “carpe diem”, un cogliere l’attimo
per non lasciarci mai sfuggire dalle mani esperienze che
potrebbero cambiare la nostra vita,
che potrebbero o no smarrirci.
È perdersi, è incertezza e dubbio davanti all’anno che verrà, ma è anche
tanta voglia di trovare un nostro nuovo senso,
una nuova strada da percorrere.
L’estate sono gli attimi dilatati dal caldo in cui si perde di vista
ciò che durante l’anno è abitudine,
e ci si lascia trasportare dalla discontinuità
di una routine inesistente.
L’estate è il momento in cui ci si gode i frutti
dell’anno e si prepara una nuova semina.
L’estate è anche il tempo in cui
il cammino formativo percorso durante l’anno può dare frutti
se durante l’estate si rimane legati a ciò che si è costruito
insieme ai propri educatori o ai propri amici.
L’estate: una grande occasione
ma anche un grande punto interrogativo.
Perché la vita possa continuare.

Samuele G. – Genova (2019)

SAMZ e il WEB

L’ambiente digitale e SAMZ.

Abbiamo chiesto a p. Antonio M. Francesconi, profondo conoscitore e innamoratissimo del nostro SAMZ di scriverci una sua riflessione in merito alla recente esortazione di papa Francesco Christus Vivit; da attivo 90enne e digitalmente aggiornato non poteva che scegliere il tema seguente. Grazie.

«L’ambiente digitale caratterizza il mondo contemporaneo. Larghe fasce dell’umanità vi sono immerse in maniera ordinaria e continua. Non si tratta più soltanto di “usare” strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri. Un approccio alla realtà che tende a privilegiare l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura influenza il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico».

Così scrive il Papa nell’Esortazione postsinodale ai giovani, al n. 86.

Ma prosegue: «Internet e le reti sociali … costituiscono una straordinaria opportunità di dialogo, incontro e scambio di persone, oltre che di accesso all’informazione e alla conoscenza» (87).

«Tuttavia, scrive ancora il Papa, …occorre riconoscere che, come ogni realtà umana, esso è attraversato da limiti e carenze. Non è sano confondere la comunicazione con il semplice contatto virtuale …I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche» (88).

  1. ANTONIO MARIA ZACCARIA ha pensato il suo progetto di “riforma” proprio sulle “relazioni interpersonali autentiche”. Questo è lo stile (“a tu per tu”) delle sue Lettere, delle sue catechesi (o Sermoni), delle Costituzioni per la nascente Congregazione.

Il suo modo di concepire il progresso spirituale si basa sulle “relazioni interpersonali autentiche”: cioè sulla comunione di persone che vivono la stessa fede, lo stesso progetto di vita e di servizio del Signore: dove la comunità è il mezzo della santificazione di ciascuno.

Basta riferire il Capitolo IX delle Costituzioni, intitolato “della collazione”, ossia “conferenza spirituale)”: «Nessuno, così Chierico, come Laico, si sottragga alla Collazione(=conferenza), che si farà quotidianamente in comune almeno per lo spazio di un’ora: nella quale, congregati tutti, conferirete sull’estirpazione delle radici dei vizi, sul modo di acquistare le vere e reali – e non le fantastiche – Virtù, sull’aiuto e Provvidenza di Dio e degli Angeli, sugli inganni diabolici, sulla perfezione della vita e sul colmo delle Virtù. (…) Non contendete in alcun modo; e, parendovi (=se vi sembrerà bene)udrete ancora il parere degli inferiori e dei semplici, i quali – dicendo forse poco a proposito o senza modo – noi non dobbiamo sbeffare, ma compassionare, ricordandoci e riconoscendoci noi stessi, perché quello che abbiamo non è nostro… Sappiate adunque, Fratelli, che tutto si rovinerà ogni volta che tralascerete questa santa Collazione; ma se quella con affetto e avidità – e non per sola consuetudine – continuerete, tutte le cose vi succederanno con prosperità” (S. Antonio M. Zaccaria – Lettere-Sermoni-Costituzioni – 1996, p.117).

La “Collazione”, proposta dal Santo Fondatore, riproposta dalle Costituzioni vigenti, sono un metodo per favorire le “relazioni interpersonali autentiche”, che è quanto dire per crescere insieme secondo il Comandamento di Gesù: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).

  1. Antonio M. Francesconi

La sfida

La vita è una sfida!
È una sfida il nascere, il vivere, il morire… il risorgere, infatti noi siamo nati per risorgere!
È una sfida l’avere fede, infatti il vangelo che abbiamo ascoltato termina con un’assurdità: Gesù è andato via da questo mondo e i discepoli “erano con grande gioia!”.
Ma ancora di più una sfida è quella che Dio lancia a questi undici uomini e alcune donne: “siate testimoni, rivestiti di potenza dall’alto”.
Il mistero dell’Ascensione è il mistero della sfida di Dio alle tenebre, al male, alla solitudine;
il mistero dell’Ascensione è il mistero della sfida di Dio che vuole vivere con noi uomini.
Non è chiaro in quale esatto giorno sia accaduto il mistero dell’Ascensione di Gesù: 1 giorno o 40 giorni dopo la risurrezione. Un dato è certo, i discepoli hanno avuto bisogno di macinare, metabolizzare i fatti della passione, morte, sepoltura e risurrezione del Cristo prima di poter entrare nella pienezza della comprensione di quanto accaduto.
Dio ha avuto l’attenzione di lasciare il tempo dovuto ai discepoli perché vedessero il suo corpo, ascoltassero la sua voce, toccassero le sue piaghe, mangiassero il suo pane, la vita di Gesù risorto; ma ora scatta la sfida: “siate miei testimoni… e se ne tornarono a Gerusalemme ricolmi di gioia!”.
Una sfida non semplice, in un mondo pagano e ostile abituato a una religione accanto alla storia ma non dentro la storia di tutti i giorni.

«La risurrezione è un evento dentro la storia, che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al di là di essa… Potremmo considerare la risurrezione quasi come una specie di radicale salto di qualità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, dell’essere uomini. Anzi, la stessa materia viene trasformata in un nuovo genere di realtà… Nella risurrezione è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio.” (J. Ratzinger)
Ma questa storia è la storia di tutti noi da costruire ogni giorno. Nell’«Ascensione i discepoli non si sentono abbandonati… L’Ascensione è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in modo così forte da trarne una gioia durevole… Gesù parte benedicendo. Benedicendo se ne va e nella benedizione rimane. Le sue mani rimangono stese su questo mondo. Le mani benedicenti di Cristo sono come un tetto che ci protegge, sono un gesto di apertura che squarcia il mondo affinché il cielo penetri in esso e possa diventarvi una presenza. Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi: è questa la ragione permanente della gioia cristiana”. (J. Ratzinger)

Ma noi oggi, qui, ora, accettiamo questa testimonianza? Viviamo questa gioia? O meglio, vogliamo partecipare alla sfida di questa testimonianza? Vogliamo essere testimoni della benedizione di Dio al mondo?
Pongo questa domanda perché oggi siamo di fronte alla sfida di un mondo che pensa di poter vivere senza Dio e rischiamo anche noi di diventare cristiani anonimi o cristiani che stanno bene solo tra loro. Questo è un rischio corso anche dai primi discepoli.
Diceva papa Francesco: «Le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove che a volte sono perfino difficili da comprendere», ma che siamo chiamati ad affrontare se vogliamo che il Vangelo sia ancora annunciato a ogni creatura.
L’uomo e la donna di oggi stanno interpretando se stessi in maniera diversi dal passato. Sembra che la Chiesa oggi non riesca più a comprenderli come una volta.
Per far si che i cristiani, la Chiesa oggi sia ancora sale e luce, deve essere insieme “faro” che illumina da una posizione alta e stabile, ma anche “fiaccola” che si sa muovere in mezzo agli uomini, accompagnandoli nel loro cammino, difficile e accidentato.
Portare la buona novella, scriveva Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi (18-20), significa «portare la buona novella in tutti gli astrati dell’umanità che si trasformano», altrimenti l’evangelizzazione rischia di trasformarsi in una decorazione, in una verniciatura superficiale.
Contemplando le mani aperte di Cristo che benedicono tutti noi, diventiamo anche noi mani capaci di benedire questa umanità, perché tutti possano vivere nella gioia!

Riflessioni in merito alla solennità dell’Ascensione 2019

buon 5 compleanno #giovanibarnabiti

Buon 5° compleanno www.GiovaniBarnabiti.itè l’occasione per fare il punto della situazione e anche un poco di … silenzio.
Si, di silenzio, perché affinché la parola, le immagini, (il web) acquistino la propria densità, distinguendosi dal mero rumore, è necessario nutrirli del dovuto silenzio.
Quando i nostri “giornalisti” scrivono per voi, e non sono pochi e non sono avventizi, hanno bisogno del dovuto silenzio, altrimenti tutto diventa caos.
Scriveva Romano Guardini (teologo e pensatore del secolo scorso): «La parola è una delle forme fondamentali della vita umana; l’altra forma è il silenzio, ed è un mistero altrettanto grande. (…) Le due cose ne fanno una sola. Parlare significativamente può soltanto colui che può anche tacere, altrimenti sono chiacchiere; tacere significativamente può soltanto colui che può anche parlare, altrimenti è un muto. In tutti e due questi misteri vive l’uomo; la loro unità esprime la sua essenza».
Se abbiamo voluto fortemente questo blog 5 anni fa e continuiamo a sollecitare e “sfruttare” i nostri “giornalisti” è perché siamo ancora convinti che abbiamo bisogno di proseguire a ragionare e riflettere per costruire i sogni che ogni persona, anche la più impensabile, porta in sé.
Sogni semplici e piccoli, sogni complessi e giganti non importa: sogni.
Il sogno di crescere ogni giorno persone che coltivano e alimentano il proprio senso critico per vivere da persone che non amano stare sul balcone a guardare. Certo non è semplice, certo non è scontato né automatico scrivere, pubblicare, farsi leggere, ma si può e si deve fare.
Buon compleanno allora significa ringraziare i Fabio, i Roberto, i Giacomo, i Luigi, le Raffaella, i Alessandro, i Samuele, le Carmen, i Paolo, le Ana-Clara, i Mattia… ma soprattutto tutti voi che ci leggete.
E il regalo? Il regalo quest’anno è la lettera che il nostro padre generale ha scritto ai giovani delle nostre opere e l’intervista collegata. Ma altri ne arriveranno.

Tanti auguri giovanibarnabiti.it!