Droghe e bravi ragazzi

Cari amici di Giovani Barnabiti,

Siamo a Roma con un mio amico Gianmichele Lagravinese, medico e docente universitario, marito e padre di due splendide fanciulle. Insegna presso la Facoltà di Farmacia e Medicina, patologia clinica, e nello specifico tossicologia clinica e forense, e farmacologia.

Partiamo proprio dalla cattedra: cos’è l’università oggi?

È un luogo in cui si cerca di formare, con molta fatica, dei giovani, coltivando una mentalità professionale e scientifica; lavoro arduo specialmente per la fatica di trovare poi una professione degna di tanto studio. Dico questo con rammarico perché ci sono veramente delle menti notevoli che si sono perse in lavoretti “da quattro soldi”.

Cosa vedi nei giovani di fronte alla tua cattedra?

Nella maggior parte dei casi sono molto interessati, vogliosi di imparare e percepire ciò che gli viene detto, devo dire, ho sempre trovato un approccio gratificante dal punto di vista professionale perché imparano ciò che gli viene insegnato e ti ascoltano, per cui c’è sicuramente una voglia di imparare e muovere i primi passi, purtroppo poi si scontrano con una realtà che non è consona alla loro formazione, nonostante abbia anche creato dei gruppi di ricerche scientifiche, ottenendo ottimi risultati, a livello internazionale.

C’è molta differenza tra i giovani di ieri e quelli di oggi?

Sicuramente oggi l’ambiente università è più raccolto, i numeri limitati e minore la fatica per capire chi è portato o meno per questo studio; certo oggi il problema è trovare un lavoro all’altezza della professionalità degli studi, almeno in Italia.

Come mai tossicologia?

Le esperienze devastanti di miei amici del liceo mi hanno portato, dopo l’università, a lavorare presso centri di recupero per tossicodipendenti. Entrato poi in ospedale mi sono ancora di più dedicato a questo ramo particolare.

Cosa pensi della legalizzazione della marijuana?

Vorrei far vedere alcuni danni celebrali che provoca la marijuana, con delle aree con focolai di necrosi, spaventosamente dirompenti per i danni a lungo termine che possono provocare sulle funzionalità del nostro cervello. Non voglio entrare nel merito della liberalizzazione, posso dire che la cannabis che si acquista su internet o dal pusher di quartiere ha un principio attivo dalle 7 alle 10 volte superiore rispetto a una cannabis normale, il tetraidrocannabinolo è stato aumentato nella pianta stesso, quindi chi assume questa sostanza, assume una concentrazione di principio attivo fino a 10 volte superiore rispetto a quella presente nella cannabis, gli effetti della sostanza non dipendono solo dalla tossicità di essa, ma dalla concentrazione di tale sostanza.

Perché una persona cerca e vuole assumere queste sostanze per stare bene?

Oggi il mondo delle sostanze stupefacenti è difficile da riconoscere, è completamente differente da quello che siamo abituati a pensare per noi che siamo entrati negli “-anta”, perché l’approccio con le sostanze è cambiato, indipendentemente che siano stupefacenti, anabolizzanti, performanti sessuali… si vuole delegare a una sostanza uno stato di benessere. C’è piena coscienza di quello che la sostanza può offrire e la si utilizza per un determinato scopo che si vuole raggiungere, indipendente dal tipo di sostanza. Che sia una sostanza stupefacente o un performante sessuale, c’è un abuso di Viagra e Chalis, ne fanno utilizzo anche i ragazzi che acquistano su internet per avere una “super-prestazione” sessuale e questo provoca dei danni fisici inimmaginabili, come gli anabolizzanti, e tutte le migliaia di sostanze che si trovano anche su internet, ognuna con uno specifico risultato, sul quale, il consumatore si informa mediante forum, come lo sballo o le allucinazioni dissociative. Questo vale anche per gli anabolizzanti e tutte le altre sostanze che sono migliaia e che sono facilmente acquistabili grazie a internet, ognuna delle quali ha degli effetti che l’abusatore conosce grazie al web (sballo, allucinazione dissociativa, droghe da stupro…).

Tu hai parlato di adolescenti, però anche tra i 40enni e 50enni si usano droghe, specialmente cocaina.

Senz’altro, ma anche sessantenni e settantenni. Difatti abbiamo avuto casi di intossicazione da chetamina di persone che avevano più di sessant’anni e la chetamina è un anestetico dissociativo che può essere anche usata per scopi di violenza sessuale. Ha degli effetti estremamente pericolosi, basti pensare che somministrata una dose in un paziente predisposto può provocare una situazione di schizofrenia che può durare tutta la vita. Queste sostanze purtroppo sono in giro su internet e il mercato è cambiato perché essendo tanta la domanda chi vende non ha alcun interesse a “fidelizzare” il cliente per cui, per guadagno, mischia queste sostanze ad altre più tossiche come veleni di cui il compratore non è a conoscenza. Il rischio è di avere un’intossicazione da più sostanze. Questo succede spesso con tutti i canabioti sintetici che vengono acquistati su internet e nella maggior parte dei casi sono un miscuglio di sostanze che tentano di riprodurre l’effetto del cannabinoide ma in realtà non sai quello che assumi.

Quindi è finita l’era dei pusher…

È finita, o almeno è passata un po’ di moda. È molto più semplice ordinare la sostanza su internet, arriva il pacchetto anonimo a casa nel giro di 24-48h e nessuno saprà mai niente.

A me pare che oggi si parli molto poco di droga e dei suoi effetti: cosa ne pensi?

Se ne parla molto poco e il motivo comincio a pensare che non sia del tutto lecito. Inoltre quando se ne parla se ne parla se ne parla male.

Io ho fatto fare a dei ragazzi, che mi seguono per questi lavori, una ricerca sui siti dove si possa comprare o dove si possano ricavare informazioni su queste sostanze. Sono siti graficamente accattivanti (bei colori, belle immagini…) che attraggono, in particolar modo l’adolescente. Se uno va sui siti ministeriali che trattano di questi temi sono di una pesantezza allucinante che io stesso (che svolgo questo mestiere) dopo 10 minuti mi addormento.

Questi siti accattivanti offrono informazioni fuorvianti che inducono all’abuso di queste sostanze senza controinformazione alcuna. Anzi, il dipartimento delle politiche antidroga che fino a poco tempo fa faceva questo lavoro e aveva creato dei siti adatti, capendo quale fosse il problema, ha avuto delle
vicissitudini per cui è stato prima chiuso poi riaperto ma non con la stessa funzionalità di prima. Ci vorrebbe un ente che si occupi di contrastare una cattiva informazione che viene da questi siti.

Con la tua esperienza in ospedale e università, ritieni che ci siano ancora bravi ragazzi?

Senz’altro sì.

Il bravo ragazzo di oggi ha una mentalità diversa da quella che potremmo pensare noi. Rimane un ragazzo che tende ad avere certi comportamenti che alcune volte possono sembrare un po’ sopra le righe però ha dei valori morali a cui si attiene scrupolosamente indipendente dal fatto che faccia delle cose che oggi fanno tutti i ragazzi (come ubriacarsi il sabato sera) che ai tempi nostri non si facevano in maniera così eccessiva. Però ne ho incontrati tanti, ho un gruppo che mi aiuta in queste ricerche è estremamente motivato, lavora praticamente gratis ma continua solo per passione. E questo è molto bello.

La parola speranza ha un senso oggi?

Sì. Ci sono ragazzi con delle capacità enormi che sono contento di aver conosciuto. Meriterebbero loro di essere nostri successori all’Università ma purtroppo queste strade al momento gli sono precluse. Abbiamo ragazzi che meriterebbero di più di quello che il nostro paese riesce a offrire. Una ragazza che ha lavorato con me è poi andata in Brasile ed è diventata un personaggio importante. Adesso vorrebbe ritornare in Italia, perché quando era lì è stata aggredita da una banda di brasiliani che le hanno provocato una frattura della spalla e dell’omero. Sicuramente con l’esperienza brasiliana è riuscita a mettersi in mostra ma ora vorrebbe tornare.

E tu dove vorresti tornare?

Ora? A fare la mia parte nella nuova commedia che stiamo mettendo in scena con il nostro gruppo teatrale.

Grazie Gianmichele per queste riflessioni. Cercheremo di farne tesoro e condividerle.

Ciao 2017, ciao 2018

Scrivere fa bene alla salute, anche leggere ciò che si scrive, molto più che bere o altro!

La fine di un anno comunque un poco ci tocca, non tanto per sapere se abbiamo avuto fortuna o no o … ma se abbiamo fatto il bene che potevamo fare, anche se forse non sempre abbiamo ricevuto il bene che avremmo voluto ricevere.
Possiamo guardare le cose solo dal punto di vista del nostro ombelico, ma se vogliamo cambiare qualche cosa dobbiamo guardarle dal punto di vista dell’ombelico del mondo: non è semplice ma è molto più intrigante e affascinante.

Lo scorso anno ho potuto girare in pochi mesi, quasi tutto il mondo, attraversare tre volte l’Atlantico, e l’oceano Indiano e un po’ di Europa e molto di Italia: guardare le cose con gli occhi di tutte le persone che ho incontrato non è stato facile (credo nemmeno per loro guardare con i miei occhi e brontolamenti) ma mi ha insegnato tante cose e credo di averle un poco imparate.
Un anno di dolori e angosce, ma anche di gioie e speranze, di piccole e grandi lotte, di invisibili (le migliori) e chiare vittorie. Per tutto ciò voglio salutare chi parte e chi arriva con questa citazione di Teillard de Chardin, non troppo ostica per esprimere il passo giusto per crescere con sapore.

«Noi ci immaginiamo a volte che le cose si ripetano, indefinite e monotone, nella storia della Creazione. Certo, la stagione è troppo lunga rispetto alla breve durata delle nostre vite individuali – e la trasformazione è troppo ampia e troppo interiore nei confronti delle nostre vedute superficiali e limitate –, perché possiamo percepire i progressi di ciò che si sta compiendo, instancabilmente, grazie e attraverso ogni Materia e ogni Spirito. Accettiamo allora la Rivelazione, fedele appoggio (qui ancora) ai nostri presentimenti più umani. Sotto l’involucro banale delle cose, da tutti i nostri sforzi epurati e salvati, si genera gradualmente la Terra Nuova. Un giorno, ci annuncia il Vangelo, la tensione accumulata lentamente tra l’Umanità e Dio raggiungerà i limiti fissati dalle stesse possibilità del Mondo. Allora sarà la fine» perché possa cominciare l’Inizio definitivo.

Ciao 2017 e felice 2018!

pJgiannic

Favola, sogno, gioco o realtà?

Favola, sogno, gioco o realtà?
Questa la domanda del Natale 2017.

Potrebbe essere una favola tra le tante, ben confezionata; abbiamo sempre bisogno di favole che ci portino per un poco fuori dalla realtà per riprendere a vivere bene l’ogni giorno.
Potrebbe essere un sogno che il nostro inconscio produce per denunciare qualche lontano e nascosto bisogno di umanità che la vita di ogni persona porta con sé.
Potrebbe essere un gioco, a basso costo per distrarci un poco, anche se non si vince nulla.

E se invece fosse realtà?

La realtà di un uomo e una donna costretti a cercare un rifugio per ripararsi; piegati dal freddo di una grotta per partorire il proprio figlio; condannati poi a fuggire in Egitto a causa dell’egoismo dei potenti e degli uomini. Ieri come … oggi!
È la realtà di un Dio che sceglie ciò che è fragile e debole per rivelarsi.
È la realtà di un Dio che sceglie il corpo di una donna e la cura di un uomo per rivelarsi nel corpo di un bambino.
È la realtà di un Dio che sceglie un corpo come il mio, come il vostro, come quello di tanti poveri per rivelarsi.

Forse non ci pensiamo abbastanza, perché è più bello evidenziare la favola: le stelle, il freddo, i pastori, il bue e l’asinello; ma Dio sceglie un corpo: «caro cardis salutis»!
La carne è il cardine della salvezza!

Abbiamo ancora un concetto di salvezza troppo spiritualistico. Mentre Dio ha un modo di pensare «più terreno» di quanto noi vorremmo permettergli. Forse perché una carne, un corpo ci interpella troppo su quanto poco apprezziamo noi stessi e la nostra terra.
Certo noi oggi amiamo molto il nostro corpo, ma solo il nostro; il nostro pezzetto di terra, ma solo il nostro; chiusi in noi stessi, nei nostri sogni e nelle nostre favole e proprio per questo ci sentiamo più che mai dolorosamente separati da tutto ciò che è grande e definitivo, dall’esperienza salvifica?

Eppure Dio ha scelto un corpo e un pezzo di terra per rivelarsi proprio per affermare la dignità di ogni corpo, con i suoi piaceri, con i suoi dolori, con le sue angosce e le sue speranze.
Eppure Dio ha scelto un pezzo di terra per rivelarsi, con la sua bellezza, con i suoi drammi, con i suoi deserti e relativi muri, con le sue discariche e i suoi giardini proprio per affermare il valore della terra intera, per dire che è proprietà Sua quindi di tutti e non di questo o di quel potente.

Per me il Natale è realtà che chiede a tutti noi credenti di portarla a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, vicini e lontani.
Per me il Natale è realtà perché – diceva papa Francesco alla Curia – «ricorda che una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci». Anche perché «una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede», che si può realizzare pienamente solo «quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore».

Per me il Natale è realtà perché Dio ha scelto di incarnarsi in un corpo e in un pezzo di terra 2000 anni fa e oggi sceglie la mangiatoia del cuore di ognuno di noi riscaldandola col soffio del suo Spirito perché ognuno di noi possa scaldare il cuore di ogni uomo e donna che Dio ama.
Per me il Natale è realtà perché Dio condivide la sua carne divina con la nostra carne umana affinché condividiamo la nostra carne divinizzata con tutta la terra e tutti gli uomini che Dio ama.

Santo Natale a tutti voi!
pJgiannic

La decima di Alessandro

Il vangelo di oggi seconda domenica di Avvento inizia con l’inizio! «Inizio della bella notizia di Gesù, Cristo, Figlio di Dio».

Potrei scrivervi tante cose copiate di qua o di là, magari qualcuno di mio proprio pugno, ma forse è meglio che vi racconti qualche cosa, così come Marco (l’evangelista) ha raccontato il suo incontro sconvolgente con Gesù (perché tutto il suo vangelo/bella notizia è la storia di come Gesù gli ha sconvolto la vita!).

Qualche cosa che mi ha “sconvolto” la giornata, che ha sollecitato il mio vigilare e fare attenzione (parole chiave dell’Avvento) tra le molte cose di questi giorni un po’ freddi e per molti frenetici.

Pedalando lungo il mare per scaricare un po’ di fatiche di questi giorni e mantenermi tonico pensavo di chiamare Alessandro che mi aveva promesso 10,00 euro per aiutarmi a comprare libri per una sua sconosciuta coetanea indigente. Alle 7.30 di mattino però un ragazzo normale dovrebbe dormire…

Invece alle 8.30 un what’s app mi comunica che Alessandro sarà a pochi passi da casa mia, in piazza del Gesù per la rivendita di giocattoli in favore delle scuole di pace di sant’Egidio. Alle 8.30! Vienimi a salutare! Sbrigo alcuni impegni inderogabili (dopo la bicicletta si intende) e mi fulmino a curiosare.

Trovare Alessandro fuori dalle coperte a curare ragazzini di 4/5 primaria, a giocare con loro e pubblicizzare insieme la vendita di giocattoli è una vera e propria bella notizia! un vero e proprio dono di Dio: è il vangelo!

Forse sono ingenuo o forse fortunato ma avere amici come Alessandro o Lucia, Beppe, Francesco tutti presi con il loro “Albero della Luce” per ridare speranza a S. Felice a Cancello, o Francesca di Napoli che studia a Milano è non ha paura di incontrare i nostri giovani zaccariani di Milano con i quali cercare di fare un po’ più di bene è fonte di speranza.

L’arcivescovo di Milano per sant’Ambrogio chiedeva anche ai giovani di offrire una decima del loro tempo, del loro sport, del loro ozio per fare il bene; papa Francesco per l’Immacolata chiedeva ai cristiani di impegnarsi di più per Roma. Questi miei amici hanno dato più della decima, più di tanti noi adulti.

Questo significa essere attenti a Gesù che viene, aspettare la sua venuta, prepararsi al Natale.

Grazie Alessandro, sono contento e fiero di essere tuo amico e di tutti gli altri.

Santa seconda domenica di Avvento.

pJgiannic

Il vero essere “bravo ragazzo”!

Il vero essere “bravo ragazzo”

Troppo spesso ci troviamo a descrivere persone con l’espressione “bravo ragazzo”, frase che però fatichiamo a interpretare. È soltanto un modo carino per descrivere una persona “normale”, o c’è di più?

Un “bravo ragazzo”, a detta di molti, dovrebbe essere una persona gentile, rispettosa, che riesce a prendere seriamente i propri impegni e a non tradirli, una persona equilibrata, ligia al dovere, che segue la propria via. Anche nella vita cristiana si può definire così, una persona che tutte le domeniche va a Messa, che prega, si confessa quando ha bisogno, svolge attività di aiuto e volontariato ed è sempre attivo e disponibile nella vita di comunità. Ovviamente, leggendo queste prime definizioni, nulla si potrebbe dire contro, anzi si delinea la figura di una persona quasi “perfetta”, da ammirare profondamente.

A nostro parere sarebbe, però, riduttivo spiegare questo concetto solo con queste brevi descrizioni. Essere un “bravo ragazzo” è molto di più; non è una semplice descrizione oggettiva che gli altri ci danno, ma, si tratta di un percorso interiore e personale; non ci si limita a percorrere la strada più giusta con diligenza, solo perché frutto di un’imposizione esterna; essere un “bravo ragazzo” vuol dire conoscersi e conoscere. Non si può pensare di esserlo se prima non si ha una conoscenza profonda di se stessi, di ciò che si vuole e si cerca, di come si è e di dove si vuole arrivare, e soprattutto, se non si conosce l’altro. Non si è “bravi ragazzi” solo perché rispondiamo sempre cortesemente e non ci scomponiamo mai in pubblico, si è “bravi ragazzi” se anche nel momento più buio, più difficile, abbiamo sempre lo sguardo puntato in avanti, non cercando il male e la rabbia ma sperando nella luce, anche se i sentimenti possono sopraffarci. Non si è “bravi ragazzi” se non facciamo mai arrabbiare gli altri, si è “bravi ragazzi” quando, pur rispettando gli altri, abbiamo il coraggio e la volontà di correggerli e sostenerli, con il rischio del conflitto ma sempre con il cuore aperto al confronto e alla crescita. Si è “bravi ragazzi” anche se capita di non rispettare tutte le regole, ma di andarne oltre in favore di un principio e con il fine del crescere. Non si può dire di essere “bravi ragazzi” se non si è sperimentato, non ci siamo “sporcati le mani” di attività e non si è conosciuto l’altro. Perché il rispetto, la generosità, la sensibilità e la determinazione, tutte caratteristiche tipiche del “bravo ragazzo”, non si acquisiscono lungo la “retta via”, equilibrata e razionalmente preparata, ma si ottengono anche “sgarrando” nelle strade dismesse che nessuno avrebbe il coraggio di prendere.

È proprio lì infatti che si nasconde il segreto del “bravo ragazzo” (e forse il segreto di Gesù), si è “bravi ragazzi” quando si ha la forza e la consapevolezza di donarsi all’altro senza voler ricevere niente in cambio, soddisfatti, realizzati e felici solo della felicità dell’altro.

È, quindi, forse nello stesso “comandamento dell’amore” che si esprime al meglio la definizione di “bravo ragazzo”. Non basta programmare tutto nei minimi dettagli, rispettare i propri impegni senza mai uscire dalla propria forma, serve amare con “tutto il cuore, tutta l’anima, la mente e le forze”, amare gli altri come sé stessi.

Abbandoniamo la strada programmata, quella che sembra più logica e intraprendiamo la via che più ci permette di conoscersi e conoscere, per realizzare davvero l’amore. A quel punto, potremo davvero essere chiamati “bravi ragazzi” e quella frase non ci lascerà più indifferenti ma ci riempirà di gioia, perché nel nostro cuore sapremo che lo siamo davvero.

Bianca Contardi e Massimiliano Serino, Firenze

Un sapore di ruggine e ossa

Può il ferro, divenuto ruggine con l’influsso degli agenti atmosferici, ritornare com’era prima? Sebbene ciò sia chimicamente impossibile, umanamente lo è.
Nel Nord della Francia, Alì si ritrova improvvisamente sulle spalle Sam, il figlio di cinque anni che conosce appena. Senza un tetto né un soldo, i due trovano accoglienza a Sud, ad Antibes, in casa della sorella di Alì. Tutto sembra andare subito al meglio. Il giovane padre trova un lavoro come buttafuori in una discoteca e un giorno conosce Stephanie, istruttrice di animali acquatici e preda irraggiungibile, dalla vita apparentemente piena e felice. Una tragedia, però, rovescia presto la loro condizione.
Craig Davidson, Audiard e Thomas Bidegain traggono un racconto cinematografico a tinte forti, temperate però da una scrittura delle scene tutta in levare.
La trama e la regia sono estremamente coerenti nel seguire uno stesso rischiosissimo movimento, che spinge il film verso il melodramma e non solo verso la singola tragica virata del destino ma verso la concatenazione di disgrazie, salvo poi rientrare appena in tempo, addolcire l’impatto della storia con “la ruggine” di un personaggio maschile straordinario, per giunta trovando un appiglio narrativo che tutto giustifica e tutto rilancia. Un equilibrismo che può anche infastidire ma che rende il film teso, malgrado alcune mosse prevedibili…
“Un sapore di ruggine e ossa” è un film misuratamente cupo, che tratta l’esperienza dolorosa di Stephanie con il giusto tono drammatico, senza perdersi nei classici cliché melodrammatici eccessivamente attenti al pathos. La Cotillard e Schoenaerts recitano con naturalezza e fluidità, lasciando trasparire la drammaticità delle vite dei loro personaggi senza pianti o gemiti di disperazione…
Come nella migliore filmografia di Audiard, corpo e spirito si fanno tutt’uno, si ammaccano e si rimarginano insieme, senza bisogno di troppe parole: al contrario, la comunicazione, specie quella femminile, passa attraverso un linguaggio muto ma intimamente comprensivo.
La macchina da presa del regista non è certo invisibile e le tesi dietro il suo modo di filmare sono sempre molto evidenti. Questo film non fa eccezione e anzi spinge più che mai sui contrasti manichei tra bellezza e squallore, forza e debolezza, spirituali e letterali, fin quasi alla maniera. Raggiunge tuttavia un risultato non scontato laddove, pur essendo in realtà un lavoro molto scritto, dove tutto, fin dal primo istante, è pensato per tornare a domandar vendetta, la direzione degli attori e la qualità dei dialoghi ci distraggono magistralmente, facendo sì che non ce ne accorgiamo quasi mai. La capacità del miglior cinema di Audiard di scartarsi da un percorso troppo rigido o incline alla retorica, questa volta non si manifesta né a livello di soggetto né di regia ma si ritrova più sottilmente nelle pieghe della messa in scena, nei gesti e nelle espressioni degli attori.

Fabio Greg Cambielli, Coopenaghen

 

To be christian in Philippines

Last February, Fr. Giannicola has visited our st. Anthony Mary Zaccaria Parish in San Mateo, Rizal (Philippine), where some of the youth gathered, we gave him a very warm welcome.
It’s an honor for us to be visited by a priest from a different side of the world. He shared everything we need to understand as a youth to serve God, and know that we are a blessing for everyone, we are the one who will continue to spread the words and His love to others.
We have been talking about the way to be christian in Philippine.
Everyone says that Philippines is a great christian country. I believe that this is true. We always keep the faith to our Lord, Jesus Christ. We believe that life is nothing without Him, we believe that everything happens according to His plan that sometimes we may not understand and still trust Him. Prayer works, our country has experienced many trials like natural calamities and war, everyone suffers but never lose hope that we can overcome those things.
We tend to smile in hardest times and we always keep the faith to our Lord, Jesus Christ. All things are possible in Him, never doubt in His power.
Being a christian is a privilege and a way to know more of our God.
When I was a little boy, I don’t even know how to pray the rosary.
There’s a lot of questions in my mind, where I don’t know why we should do it, what’s the use of praying, and why we must know our Savior, Jesus Christ. But when I stepped on the church and started to serve God, little by little all my questions has been answered.
Praying is one way to communicate Him even when we don’t see Him, I believe that He is always with us all day and all night. We may not see Him but still feel Him whatever comes around, when we are in pain, fear, sadness, and in our happiness. He always blessed us because He promised to be with us every second of our lives. He sacrificed His life for us to live in peace, love, and joy. That for me, we should never waste our life, and let Him be the one to get us and rest in Him forever.
Christian life has made me realized everything. It made me who I am today and spread God’s love through His word. I found myself as His instrument, with the wisdom and talent He has given me, I know that I can touch one’s life to serve our God and strengthen His faith.

Sandy Fortes, St. Mathew’s parish, Marikina

Ho sete di Provvidenza!

Celebriamo in questo sabato precedente la terza domenica di Novembre la solennità di Maria Madre della Divina Provvidenza, la Madonna – così diciamo affettuosamente – dei figli e delle figlie di sant’Antonio M. Zaccaria.
Attenzione: perché non sia solo una devozione vogliamo celebrare e ragionare quella dimensione femminile della vita di cui non si può fare a meno.

La messa di oggi prevede il vangelo delle nozze di Cana o di Maria ai piedi della Croce.
Certo il primo è più gioioso, più bello per una festa; ma preferisco il secondo anche se più drammatico anche perché credo che la storia di Dio la si capisca meglio quando ci si confronta con il dramma della vita.
E la donna non comprende forse di più la vita perché affronta le doglie del parto? Ovvero quando non riesce ad avere un figlio?

Questi due brani sono però collegati almeno da tre elementi:

  1. il dramma di una assenza: restare senza vino e restare senza il Figlio e… senza madre;
  2. la sete, all’inizio e alla fine della rivelazione di Gesù c’è una sete!;
  3. una donna, non Maria, ma una donna, la Donna.
  4. Quante volte siamo chiamati ad affrontare delle assenze: a chi ci rivogliamo? Noi cristiani a chi ci rivolgiamo?

Penso all’assenza della politica in questi tempi: a chi ci rivolgiamo per colmarla? E come? Dove e come andiamo a cercare il vino non per ubriacarci ma per riempire di senso il nostro vivere insieme?
Ci sono delle assenze di valori, forse anche una assenza di fede: a chi ci rivolgiamo per trovare pienezza?
Siamo consapevoli di cosa manca o forse siamo troppo preoccupati di noi stessi da non accorgerci di ciò che manca.
Anche noi cristiani…

  1. A Cana, il primo segno di Gesù colma una sete! Sulla Croce le ultime parole di Gesù sono: Ho sete! Lui che ha donato da bere a tutti ora ha sete! E non riceve acqua fresca o vino nuovo, ma aceto e fiele.

C’è ancora tanta sete di Dio, tanta sete di bene e spesso siamo distratti, non ce ne accorgiamo come l’organizzatore della festa! Maria invece ci insegna ad avere uno sguardo a 360°. Domani è la giornata per/contro la povertà: penso a Sofia o quanti altri giovani si daranno da fare per non stare con le mani in mano, per riempire questa “sete”!

Quanti SAMZfollower non stanno con le mani in mano e chiedono di pregare per loro: vogliamo pregare insieme per questo #JuZacSinodo2018? Sì o no?

Sapremo rispondere alla sete di cambiamento, di riforma che tutti domandiamo oppure ognuno resterà fermo nel proprio orizzonte? Maria poteva fregarsene del vino, invece è andata oltre il proprio bene individuale, si è messa in gioco!

  1. Donna, ecco tuo Figlio! Giovanni nel vangelo non usa il nome Maria, ma Donna, termine insolito per chiamare la Madre; Donna, la nuova Eva, madre di una nuova umanità. Un’umanità che ascolta la parola di Gesù: dice ai servi, ascoltate quello che vi dirà! Un’umanità che accoglie i giovani, la vita: Donna ecco tuo figlio!

Ecco le due modalità per celebrare la Provvidenza: ascoltare la parola di Gesù, il Vangelo; accogliere chi è solo! Perché la Provvidenza è comunione di Dio con l’umanità attraverso l’intercessione di Maria.

«Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire» scriveva Alda Merini in una sua poesia. Nei Vangeli della Provvidenza, Maria sceglie con cura le parole da dire e non dire, ma ancora più sceglie con cura la storia da costruire insieme al suo Figlio, il nostro Dio e insieme ai suoi figli, la nostra umanità.

Giovane cristiano e giovane non cristiano: differenze?

C’è una grande differenza tra queste due sfere dei giovani e può essere più grande di quanto pensiamo. Tuttavia, a causa della modernità attuale, la nostra generazione di giovani cristiani si è corrotta quotidianamente. Non è da oggi che le persone nascondano le loro credenze religiose e le loro posizioni per paura di essere perseguitati. Tuttavia, la ragione per cui questa omissione si verifica oggi è specialmente la vergogna, non la paura. In questo modo i giovani sono imbarazzati quando hanno bisogno di mostrare il Cristo nei luoghi in cui frequentano – come a scuola, nel tempo libero, al lavoro e anche in casa – perdendo così anche l’opportunità di annunciare la parola di Dio a coloro che ne hanno più bisogno. I pastori delle comunità cristiane, i responsabili dei gruppi devono aiutare, sostenere questi giovani che dicono di seguire Gesù, ma quando lasciano le porte della chiesa ritornano alla vita del mondo; riscattarli e aiutarli nella loro conversione può farli pescatori di anime per il regno di Dio. Questo perché non ci sono persone migliori per catturare i giovani che i giovani stessi.
Attento alla differenza, il giovane che vive la verità di Cristo vive più felice e impara a non lasciarsi influenzare dagli altri. Inoltre, cerca la sua felicità in ciò che viene dall’Alto, sapendo come prendere, da ciò che offre il mondo, le cose buone che aggiungono valore alla sua vita.
Avere discernimento e riconoscere i piani di Dio aiuta a capire che non tutto succede come previsto, evitando molte frustrazioni. Il giovane cristiano non dovrebbe permettere di essere influenzato dalle cose del mondo, ma di influenzare il mondo con le sue parole e atteggiamenti.
Essere giovani e essere cristiani non è sinonimo di mancanza di svago e non significa lasciare la giovinezza, ma cercare divertimento in luoghi e momenti che conducono alla santità. Essere un giovane cristiano non significa essere migliori di altri, perché, agli occhi di nostro Padre, siamo tutti uguali e tutti abbiamo l’opportunità di trasformarci per vivere la verità del Cristo vivo.

Daniel Vieira, Loreto, Rio de Janeiro

Diferença Entre um jovem cristão e um jovem não cristão: Existe ou não?

Sim, existe uma diferença entre o jovem cristão e o jovem não cristão, e a diferença é maior do que pensamos. Porém temos que nos atentar ao jovem cristão tanto quanto ao não cristão, pois a atual geração de jovens cristãos vem se “corrompendo” dia a dia.
Mas como assim se “corrompendo”? Os jovens cristãos dessa geração tem vergonha de anunciar que são cristãos nos lugares que passam, como escola e outros, e mais ainda tem vergonha de levar a palavra de Deus a quem precisa.
Por que nos devemos atentar mais aos jovens cristãos do que aos jovens não cristãos? Se tivermos nas nossas paróquias jovens que se dizem ser de cristo, dizem adorar a Deus, dizem que amam o Senhor, porém apenas dizem isso dentro da igreja, como podemos trazer quem não conhece Jesus para perto desses que tem sua fé fraca e que ficam negando cristo? Além do mais, os jovens que realmente conhecem e adoram Jesus, são as melhores pessoas para levarem o cristo aos jovens que não são da igreja.
Voltando para a diferença, o jovem que é realmente cristão vive mais feliz e não se deixa atingir pelas ofensas alheias, ele não desanima facilmente quando uma pedra aparece em seu caminho, ele não busca a felicidade em drogas, bebidas alcoólicas e outros, ele tem uma visão mais ampla da vida. Como assim mais ampla? Se ele tem dificuldades ele busca enfrentar com diversos caminhos, perseverando e não desanimando, confiando em Cristo, por isso vemos a importância de estar em comunhão com Deus, assim teremos muita fé e seguiremos nessa difícil batalha.
Você sente alguma diferença? E eles?
Para nós jovens cristãos, a maior diferença em relação aos não cristãos é que nós nos sentimos mais felizes e completos, vemos o lado positivo das coisas, e quando algo dá errado ou não sai como planejamos, procuramos enxergar que foi o melhor para nós e que esse era o plano de Deus, pois Deus sabe o que faz em cada minuto de nossas vidas.
Nós procuramos não nos envolver com o mundo, não nos deixamos ser influenciados pelo mundo, mas procuramos influenciar o mundo com nossas palavras e atitudes. Os não cristãos não devem saber que nós rimos e nos divertimos como eles, porém nós nunca esquecemos que temos que obedecer a Deus, e que não precisamos buscar essa diversão em drogas e outros.
Você se acha melhor que eles ou é o aposto?
Como estamos com Cristo não deixamos a cabeça subir, pois, aos olhos de nosso senhor Jesus Cristo, todos somos iguais, não importa altura, peso, etc. Em relação aos não cristãos não seria certo falar que eles se acham melhor em relação ao cristão, mas podemos dizer que a maioria deles quer ser maior que as pessoas, pois sentem necessidade de oprimir o próximo para terem mais atenção ou se sentirem menos mal.

Daniel Vieira, Loreto, Rio de Janeiro