La libertà religiosa è ancora un problema: intervista a P. Mtonas Haddad, siriano, della Chiesa Cattolica Greco-Melkita per aiutarci a capire e condividere la tragedia di tanti cristiani in medio-oriente. (altro…)
Author: Giovani Barnabiti
Michele, Gabriele e Raffaele
Chiediamo a Dio il dono profondo
dell’audacia della fede
e di una fede audace,
affinché al pari degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele,
anche noi possiamo difendere l’amore per Cristo
e quanti lo professano e vivono,
i quali oggi, sono sin troppi,
per la vergogna del mondo intero che non sa più indignarsi,
tanto duro è diventato il suo cuore
e tanto sordo il suo orecchio.
Preghiamo DIo per l’intercessione dei condottieri supremi
Michele e Gabriele e delle altre potenze incorporee:
Condottieri supremi di Dio,
liturghi della gloria divina,
guide degli uomini e principi degli incorporei,
chiedete per noi ciò che giova e la grande misericordia:
perché degli incorporei voi siete i condottieri supremi.
Siano essi i capi dei nostri eserciti spirituali
per vincere le tentazioni odierne di
indifferenza, apatia, egoismo,
e tutto quanto ci impedisce di essere autentici cristiani solidali tra noi!
buona preghiera per tutti i nostri fratelli perseguitati e le loro famiglie.
Chi più ne ha, più ne metta
Molto spesso si legge sui giornali e si sente in televisione di valori percentuali in crescita o in diminuzione; di PIL in crescita o di PIL in diminuzione e questi sono i valori in base ai quali si dovrebbe essere in grado di definire la ricchezza o la povertà di un paese. Certo, questo è indubbiamente vero: più un paese produce, più evidentemente guadagna, più la popolazione sta bene. È però necessario stare attenti a rapportare il valore del PIL al numero di abitanti presenti in quel paese: l’India ha certamente un PIL maggiore rispetto a quello del Lussemburgo, eppure siamo tutti d’accordo che sia più ricca la popolazione del Lussemburgo rispetto a quella indiana; è quindi necessario, a questo punto, affidarci a un parametro un po’ più preciso in questo senso: il PIL pro capite. Così capiamo effettivamente tra quante persone va suddiviso questo “guadagno” rappresentato dal PIL.
Ma è davvero così? Davvero riusciamo a capire quanto guadagna una persona in un paese? Be’, riusciamo sicuramente a capire quanto guadagna in media. Secondo questa analisi, infatti, converrebbe andare in massa in Qatar, un paese che negli ultimi anni ha sbaragliato tutti gli altri in quanto a guadagno per persona! Il Qatar, infatti, vanta il PIL pro capite più alto del mondo, ma è anche vero che in Qatar sono presenti delle condizioni lavorative pessime, che chiamano “la schiavitù del ventunesimo secolo” (una collaboratrice domestica guadagna circa 200 dollari al mese, senza avere giorni liberi). In altre parole, se io ho 100 polli e tu zero, in media abbiamo 50 polli a testa: ma ciò non cambia il fatto che io ne ho 100 e tu ne hai 0. Con questa affermazione si apre un discorso molto complicato, delicato ovvero molto importante: si apre il tema dell’“allocazione del reddito”.
In qualsiasi facoltà di economia di qualsiasi università si studia la politica economia, quella materia che, detto in maniera molto riduttiva, modifica l’andamento dell’economia, in modo coercitivo e non, per raggiungere determinati obiettivi, quali la crescita del PIL, la stabilizzazione del livello generale dei prezzi eccetera. Da ciò si può intuire che la parola d’ordine sia “efficienza”: si parla infatti di “allocazione efficiente” del reddito”. Tuttavia, in nessuna facoltà di economia si studia “politica economica morale o sociale” e, quindi, non si parla nemmeno di “allocazione equa” delle risorse”. Si parla solo di efficienza, di ciò che conviene, di ciò che massimizza i risultati, ma mai di ciò che è giusto, etico, morale.
Il caso del Qatar di cui sopra è emblematico: la sua ricchezza deriva infatti dalla presenza di giacimenti di petrolio e gas naturale che, ovviamente, appartengono a grosse società che ne traggono i benefici maggiori; ma perché non appartengono a tutti? Dopotutto, lo stato è dei propri abitanti, a rigor di logica. Ma, a quanto pare, “a rigor di fatti”, lo stato è solo di pochi abitanti.
Per dirla con Hobbes potremmo definire questo fenomeno con la famosa frase “homo homini lupus” (l’uomo è un lupo per l’uomo), secondo la quale l’agire umano sarebbe spinto soltanto dall’istinto di sopravvivenza e da quello di sopraffazione, negando ogni possibilità di avvicinamento tra uomini in virtù di amore reciproco.
Tutto ciò è però riduttivo, triste e non del tutto vero: non si spiegherebbe altrimenti la dimensione affettiva della famiglia, né gesti eroici di personaggi del calibro di Salvo D’Acquisto, ventiduenne vice brigadiere dei Carabinieri che durante la II guerra mondiale si sacrificò per salvare la vita a 22 persone ingiustamente condannate a morte dalle truppe delle SS naziste. Ciò prova il fatto che una società umana improntata sull’attenzione verso il prossimo è senz’altro possibile; non prova tutta via che sia questo l’atteggiamento che muove l’agire dei più.
Questo egoismo che purtroppo domina la maggior parte degli abitanti del nostro mondo (è bello pensare al mondo come un’unica cosa) è il principale oggetto di studio del Nobel per l’economia Amartya Sen, che definisce questo atteggiamento egoistico come “pensiero calcolante”, ossia la massimizzazione del proprio interesse; Sen suggerisce di affiancare al “pensiero calcolante” il “pensiero pensante”, ossia quello capace di cogliere il senso, la direzione complessiva dell’agire umano.
La conclusione di queste mie riflessioni va verso la spiegazione del titolo, che vuole essere la voce di un mondo che subisce ingiustizie e soprusi; un mondo in cui il più debole viene lasciato indietro; un mondo in cui chi più ha, più avrà, ma che dovrebbe essere un mondo in cui chi più ha, più dovrebbe dare.
Tommaso Carretta
Milano
San Carlo Borromeo
Sapete che oggi la Chiesa ricorda san Carlo Borromeo (Arona, 2 ottobre 1538 – Milano, 3 novembre 1584), pastore della chiesa e della diocesi di Milano?
Sapete che san Carlo e patrono dei Barnabiti, proprio in forza della profonda stima, amicizia e collaborazione vicendevoli? Infatti grande fu l’influsso di san Carlo sulla crescita e le attività dei primi Barnabiti.
San Carlo cominciò a frequentare assiduamente i Barnabiti quando, a 34 anni, Alessandro Sauli divenne padre generale dell’Ordine. Da queste frequentazioni nacque una collaborazione pastorale e spirituale di cui ancora oggi sentiamo l’eredità e il profumo e non solo nelle chiese che ci affidò nel 1500 (S. Alessandro M., a Milano, S. Maria al Carrobiolo, Monza, S. Carlo ai Catinari, Roma), ma anche nello stile di vita dei Barnabiti.
Per quale motivo san Carlo amava tanto i Barnabiti? Perché li vedeva santi e sempre dediti alla causa del prossimo attraverso la predicazione e la carità. Basti pensare al suo rapporto amicale con Carlo Bascapé, poi vescovo di Novara, fino al punto che fu questi a chiudere gli occhi di san Carlo Borromeo alle tre del mattino del 4 novembre 1584.
Anche quando la peste (1576) infierì su Milano decimando i Barnabiti san Carlo non mancò di sostenerli e incoraggiarli nel riprendere le attività pastorali, che il Signore li avrebbe ricompensati.
Anche noi non smettiamo di chiedere la sua intercessione per continuare a operare nello spirito della riforma di noi stessi e del Vangelo.
Felici di essere coerenti
Felici di aver scelto di seguire Cristo, preghiamo Lui e tutti i suoi santi di aiutarci a perseverare con costanza, responsabilità e attenzione all’altro, senza paura e senza dimenticare chi paga cara tale coerenza!
La Basilica continua a mantenere, ora più che mai, tra le normali litanie della liturgia due speciali per la Pace in Siria e in Medio Oriente. In questi giorni particolarmente duri per quella Regione, ama aggiungere a chiare lettere anche l’Iraq, vista la sempre tragica e persistente situazione di violenza, barbarie, ingiustizie mostruose e inaccettabili che continua a mietere vittime innocenti sotto il silenzio e l’attenta distrazione e vergognoso silenzio di questo mondo ormai soggiogato da diplomazie servili e giochi d’interessi, incapace ormai di provare dolore e indignazione per quello che è divenuto l’ormai solito sangue degli orientali che viene versato come fosse acqua. Innanzi alle inammissibili esecuzioni in nome e per la fede perpetranti le anacronistiche pulizie etnico-religiose a cui siamo costretti assistere inermi, la Basilica continuerà a pregare così finché non torni a regnare il silenzio delle armi e risuoni invece la bella melodia della giustizia ed una volta per tutte sia chiarito che ogni essere umano ha diritto alla vita e di viverla in piena libertà di coscienza, essendo tutti uguali.
Buona domenica
Tutti i santi 2014
Solennità di tutti i santi, 2014
Cari amici, da un po’ non scrivo direttamente su qs nostro blog, anche perché scrivo altrove e comunque coordino il lavoro di tutti voi: una bella impresa, seppure non facile.
La solennità di Tutti i Santi è l’occasione, anche perché tutti voi battezzati siete santi e dobbiamo festeggiarci gli uni gli altri.
La festa di Tutti i Santi è festa della Speranza; è un’eco della Pentecoste.
Come nel cenacolo terreno di Gerusalemme Gesù donò lo Spirito santo per rendere salda la comunione tra Dio e l’umanità, così con questa festa di Tutti i santi Dio ci fa comprendere che quella comunione è salda e definitiva nel regno dei cieli.
La festa di Tutti i Santi non è una festa per scappare dalla realtà o per una consolazione passiva quando le cose vanno male: è la festa della Speranza che diventa realtà!
Speranza perché la comunione dei santi ci dice che la nostra vita non si perde nella limitatezza del calendario, ma ha un oltre! Perché il Battesimo ci ha inseriti nell’eternità di Dio: siamo per sempre!
Attenzione, però, non “per sempre” al modo di qualche replicante o alla Dorian Gray, bensì “per sempre” perché Cristo è per sempre: ieri, oggi e sempre.
Infatti questa festa è posta al termine della stagione agricola, quando la campagna si addormenta, “muore”, le giornate diventano più buie. Ma anche prima della commemorazione dei fedeli defunti: la vita cristiana non termina con la morte terrena.
Eppure questa festa è anche una festa terrena: non si può essere santi solo nell’al di là o solo per qualche miracolo. Si è santi perché si ama! Si ama qui e ora! Non domani o dopodomani o chissà dove. Per essere santi nel cielo, prima di tutto bisogna essere santi sulla terra.
Le beatitudini del vangelo di oggi (anche di domani 2 novembre) dicono della felicità celeste che si può raggiungere solo essendo santi, beati qui sulla terra.
Sorge spontanea la domanda: quanto siamo santi? Quanto la mia persona è santa? Nella Chiesa, nella società? Quale beatitudine cerco di incarnare a partire da questa festa di Tutti i santi? Faccio tutto ciò che è in mio potere per rendere la terra più santa?
Concludo con un pensiero di Alcide De Gasperi alla figlia poco prima di morire:
«Adesso ho fatto tutto ciò che era in mio potere, la mia coscienza è incapace. Vedi, Il Signore ti fa lavorare, ti permette di fare progetti, ti dà energia e vita. Poi, quando credi di essere necessario e indispensabile, ti toglie tutto improvvisamente, ti fa capire che sei soltanto utile, ti dice: ora basta, puoi andare. E tu non vuoi, vorresti presentarti al di là col tuo compito ben finito e preciso. La nostra piccola mente umana non si rassegna a lasciare ad altri l’oggetto della propria passione incompiuta».
Giannicola M. prete
Muffin per Milot
In occasione della festa di Ognissanti gli studenti del nostro Istituto Denza di Napoli hanno organizzato una vendita di Muffin per raccogliere fondi in favore del Progetto Rilindja (www.barnabitalbania.com) che sostiene con borse di studio studenti liceali della nostra missione di Milot.
L’attività ha fruttato circa € 380,00.
grazie a quanti hanno collaborato.
gruppo volontari Denza
Atto di fede o atto di fisica?
Atto di fede o atto di fisica?
Giunto al quinto anno di fisica, non posso non fare alcune considerazioni, perché dopo cinque anni qualche domanda è normale farsela: oltre a un sacco di formule e di concetti, cosa mi ha insegnato la fisica?
Io credo che appena ci si cimenta nello studio di materie scientifiche, si ha l’idea di studiare qualcosa di sacro e profondamente giusto. Mi spiego: il fatto è che la fisica, come altre materie scientifiche necessita di un linguaggio per potersi esprimere. Quel linguaggio è la matematica.
La matematica, che comprendere algebra, geometria, analisi ecc. negli ultimi 4 secoli ha raggiunto dei livelli di complessità impensabili, e li ha raggiunti “step-by-step”, ovvero da ogni teorema se ne ricava uno ancora più forte, esaustivo e generale. Tuttavia, quasi come l’universo, si può risalire indietro nel tempo e, partendo dai teoremi che usiamo adesso, possiamo giungere ai teoremi fondamentali, quelli più semplici, il BIG BANG della matematica. Stiamo parlando di quelli che studiamo alle elementari, tipo che da due punti passa una e una sola retta.
Il problema è che ora non stiamo più parlando di teoremi, ma di assiomi, cioè affermazioni che non possono essere dimostrate, ma vanno prese per vere. A pensarci bene, la matematica, la scienza considerata vera e giusta da tutti, si basa proprio su concetti dogmatici. Già, proprio come le religioni!
Beh qualcuno potrebbe pensare a qualche modo per aggirare quest’ostacolo, per cercare di rendere la matematica (o in generale un sistema logico) avulso da dogmi di partenza. Ed è proprio un matematico che pone il veto a questo tentativo: Kurt Gödel e i suoi teoremi di incompletezza. Pur essendo alquanto complessi da essi possiamo trarne l’insegnamento che è impossibile per un sistema logico dimostrare la propria coerenza utilizzando gli strumenti stessi del sistema logico, cioè la matematica non può utilizzare se stessa per dimostrarsi coerente. Quindi, per quanto la matematica e la fisica funzionino molto bene, bisogna tenere in testa che non sono la verità. Mi spiego meglio.
Quando si assiste a un fenomeno nuovo, noi fisici costruiamo un modello matematico in grado di spiegare cos’abbiamo visto. Questo modello, per essere accettato, deve essere anche in grado di fare previsioni. Quello che ho imparato è che il modello, in fondo, non dice niente su cosa sia il fenomeno. Se mai cerca di spiegarne il comportamento. In meccanica quantistica le particelle sub atomiche si trattano utilizzando un formalismo matematico che a volte è simile a quello che si usa per descrivere le onde. Da questo formalismo, nella prima metà del novecento nasce l’interpretazione di Copenaghen. Cioè la dualità onda-particella. Eppure credo che sia sbagliato pensare alla materia come un’onda o come a una particella. È giusto dire che essa si comporta come un’onda o una particella.
In queste poche righe volevo far riflettere sul fatto che spesso la realtà va oltre la nostra capacità di astrarla e spiegarla e mi piace pensare che questo discorso si possa applicare anche alla religione. Forse è per questo che non sempre è chiaro quale sia il disegno di Dio per noi e per il mondo che ci circonda. E forse siamo troppo presuntuosi nel volerlo capire fino in fondo. Come la fisica non riesce a spiegare il mondo nella sua totalità, anche la religione non può spiegare Dio nella sua totalità. Perché la religione è comunque fatta dagli uomini.
Come la fisica chiede un’“atto di fede” per poter essere creduta e continuata, così la religione richiede un’“atto di fede”. L’atto di fede non è un’invenzione, una falsa modalità di approccio alla realtà, è la prima basilare azione non teorica dell’uomo.
Roberto Nava, Milano
La Sapienza è arte del vivere
Iniziamo il nostro percorso alla scoperta della vera Sapienza con i primi 7 versetti del libro dei Proverbi.
Questo libro, praticamente sconosciuto, in gran parte ignorato e che a una frettolosa occhiata sembra essere solo una raccolta di massime poco interessanti, contiene invece dei tesori preziosi, specialmente nei primi capitoli e in particolare nei primi 7 versetti. Qui vi sono molte espressioni che rivelano la loro pienezza di significato soprattutto nella lingua originaria e lasciano intendere che non si parla di una sapienza intesa solo come conoscenza teorica. La sapienza è formazione ed educazione, capacità di discernimento e di porre in atto progetti. In poche parole è l’arte del vivere la vita buona.
L’incipit del libro dei Proverbi indica espressamente che i consigli della Sapienza sono rivolti ai giovani, perché sono coloro che non hanno ancora un’esperienza profonda della vita, ancora tutta da vivere. Ma non solo: anche gli anziani, già più esperti, sono invitati a cercare la Sapienza, perché acquisire l’arte di vivere in pienezza è qualcosa che si impara vivendo fino in fondo, non può essere appreso a priori tramite un’esperienza limitata.
Alla luce di ciò, possiamo incominciare a vedere i “perfetti” di Paolo, l’apostolo, come coloro che prendono sul serio la vita, accogliendola e vivendola fino in fondo, comprese le croci e la morte, considerate come parte di essa.
Stefano Maria
Intervista al Parroco della Sagrada Família
Don Lluís Bonet i Armengol è figlio dell’architetto discepolo di Gaudí Lluís Bonet i Garí e fratello dell’architetto direttore dei lavori alla Sagrada Familia fino al 2012 Jordi Bonet i Armengol.
