La domenica del cristiano non è semplicemente un giorno di pausa necessaria per ricomporre la propria storia, la propria umanità.
La domenica del cristiano è il giorno in cui la parola di Dio, di quel Dio al quale egli dice di credere, bussa con maggiore forza alla porta della sua vita.
Il pane di vita al quale ci accostiamo ogni domenica, trova il suo senso, la sua forza, la terra in cui adagiarsi per porre radice e portare frutto, nella parola di Dio.
La parola di Dio oggi ci parla di gioia (oggi è la cosiddetta domenica gaudete) perché il Signore è ormai vicino a noi, con la nostra storia facile e difficile.
Il profeta Sofonia (1^ lettura) in un momento drammatico della vita del suo popolo, (quando la monarchia ormai è alla fine e) il dramma dell’esilio si profila all’orizzonte, dopo aver richiamato alla conversione e dopo aver proclamato minacce per le nazioni e per Israele, alla fine in nome di Dio pronuncia parole meravigliose di speranza: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio è in mezzo a te: è un salvatore potente. Gioirà per te. Ti rinnoverà con il suo amore. Esulterà per te con grida di gioia”.
La lettera di Paolo ai Filippesi (2^ lettura), pur non nascondendo le difficoltà che l’apostolo sperimenta nel suo cammino, è un continuo richiamo alla gioia, dall’inizio (Fil.1,18.25) alla fine, con il piccolo brano che oggi leggiamo: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù” (Fil.4,4-7).
Sono parole stupende quelle di Sofonia e di Paolo: è l’esperienza personale di Dio, una relazione d’amore che ringiovanisce la vita, l’esperienza di un Dio vicino, dello sposo che con la sposa esulta con grida di gioia. È l’esperienza della fede, che Sofonia preannuncia e che Paolo annuncia come realizzata in Gesù, il figlio che dona la vita per noi: la fede è l’esperienza dell’amore di Dio per noi. Se Dio ci ama, noi siamo liberi da tutte le paure, nei momenti difficili possiamo rivolgere a lui le nostre invocazioni, siamo nella pace, la nostra vita spoglia di ipocrisie, rivendicazioni, desiderio di potere, è bella, gioiosa, felice.
Queste parole sono già una risposta alle richieste etiche, di cambiamento, di azione concreta che Giovanni Battista (vangelo) chiede a quanti si rivolgono a lui, nel vangelo di oggi. Già meditare quanto il profeta Sofonia e san Paolo raccontano è una risposta concreta al bisogno di conversione che la fede, che l’incontro con Cristo chiedono: “Se Dio ci ama ci sentiamo veramente liberi?”; “liberi di essere sereni, cioè nella gioia sempre?”.
 
È cominciato l’anno di giubileo, cioè di gioia, della misericordia. Siamo capaci di credere e celebrare la misericordia di Dio? Di aprire le porte della nostra coscienza non solo alle parole di Dio, ma specialmente alle domande di senso degli uomini di oggi? Di testimoniare la gioia della misericordia?
“La misericordia esercitata non è buonismo, non è timidezza di fronte al male, ma è esercizio di responsabilità”. “La misericordia è necessaria, prima ancora dei trattati politici internazionali, per poter spianare i terreni di pace e le tante vie degli esodi forzati che stanno mutando il mondo”, perché anche a livello economico, politico e giuridico la misericordia e il perdono devono trovare realizzazioni che aprano a una convivenza buona tra i popoli e le genti. “Non si può capire un cristiano che non sia misericordioso, come non si può capire Dio senza misericordia”. È la misericordia di un Dio che ci “rincorre” sempre e proprio per questo sperimentiamo la gioia.
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La parola cadde su un uomo nel deserto
Tempo di Avvento, II domenica
L’Avvento è già cominciato e ci vuole vedere in azione; il giubileo troverà la sua ufficiale iniziazione martedì; la storia di Giovanni B. si staglia in questa liturgia; noi vogliamo entrare un poco di più ancora nel mistero di Cristo e farci penetrare di più dalla forza dello Spirito che ci vuole legare, abbracciare, … di più a Gesù.
Domenica scorsa papa Francesco ha aperto a Bangui in Centroafrica la porta santa dell’anno della Misericordia, forse nessuno se n’è accorto; nessuno sapeva dell’esistenza di questa città, di questo Stato; tutti pensano all’Africa come una immensa foresta ovvero un grande deserto, un luogo comunque indietro rispetto all’Occidente.
Un deserto, come quello di Giovanni Battista, non il luogo de potenti: Tiberio Prisco, Pilato, Erode, Anna e Caifa, un deserto è il luogo dove «la parola di Dio cadde su un uomo»!
Non è la città, l’Occidente – potremmo dire – il luogo scelto da Dio, ma la periferia. Quella periferia del mondo dal quale vediamo sorgere il male che stiamo cercando di combattere, che mette a repentaglio le nostre esistenze, questa periferia è il luogo scelto da Dio per rivelarsi per farsi conoscere, per costruire il nuovo.
IL Vangelo non ci chiede di rinnegare le nostre radici, la nostra storia, ma di riguardarla, di non pensare di essere sempre i migliori, ma di essere parte di un mondo più grande, di avere bisogno degli altri. Questa è conversione!
Giovanni non ha paura di stare nel deserto, di allontanarsi dai grandi poteri, di gridare nel deserto, di vivere secondo i criteri del deserto piuttosto che i criteri dell’opulenza della città. Giovanni Battista di fronte al rumore dell’impero romano, preferisce fare silenzio e stare nel silenzio – anche Gesù, nei primi trent’anni della propria esistenza preferisce stare nel silenzio, nel silenzio della periferia di Nazaret! «E la parola di Dio scese su Giovanni nel deserto». Dopo circa 5 secoli di silenzio la parola di Dio tornò a farsi sentire attraverso Giovanni, chiamato a annunciare non solo l’amore rinnovato di Dio; chiamato a preparare non solo le strade per la conversione dell’uomo; ma destinato a farci conoscere con mano il progetto di Dio: Gesù!
Ecco lo spiraglio della salvezza.
Tutti noi abbiamo bisogno di salvezza, tutti cerchiamo il bene, Giovanni ci fa conoscere il bene: Gesù. E ci dice che per conoscere Gesù dobbiamo lasciarci lavare dalle acque del battesimo così da poter cambiare vita, non da ricco a povero o viceversa. Cambiare vita dentro di sé
In linea con gli antichi profeti Giovanni Battista comincia a gridare al mondo che nulla è impossibile a Dio, che è Padre, grazia, amore: occorre alzare la testa, aprire gli occhi per vedere e il cuore per lasciarsi amare da lui. Questo è cambiare vita.
Giovanni battista non sa come Dio salverà l’uomo, ma sa che l’uomo deve cambiare, deve lasciare irrigare e lavare la propria coscienza dall’acqua viva che è Gesù!
Non voglio darvi ricette, voglio solo invitarvi a chiedere cosa macina il vostro cuore, la vostra coscienza: pensieri cristiani o pensieri umani?
Voglio solo invitarvi a fare un po’ di silenzio in questa settimana per entrare nel mistero di Dio che agisce in Cristo nello Spirito santo.
Per fare ciò la settimana scorsa vi invitavo a ricordare, nella vostra preghiera, il mistero della fede: annunciamo, proclamiamo, attendiamo; oggi, per questa nuova settimana, vi invito a ricordare il Segno della Croce.
La chiave per aprire la porta dell’incontro con Dio e con noi stessi è proprio il segno più elementare del cristiano, questo segno che molti non conoscono più; il segno della croce non è solo una scaramanzia prima di tirare un calcio di rigore; il segno della croce è il segno della presenza di Dio nella mia vita, nel mio modo di pensare, di amare, di agire. Il segno della croce è il segno di un Dio che delicatamente bussa alla porta della mia vita per darmi pace e forza. Il Segno della Croce è il segno che ci protegge dalla paura, dal peccato. Il Segno della Croce è il segno della misericordia di Dio che ci aiuta ad annunciare la sua misericordia!
Pellegrini per il clima
Si sono dati appuntamento ieri sera nella chiesa di Saint-Merry i trecento “pellegrini climatici” giunti a Parigi dopo aver percorso le strade di mezzo mondo. Alcuni hanno fatto migliaia di chilometri a piedi o in bicicletta, altri solo qualche tappa in automobile o in treno, ma l’importante era arrivare in tempo per la ventunesima Conferenza delle parti (Cop21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma dal 30 novembre all’11 dicembre nella capitale francese. Ci sono gruppi provenienti dall’Italia, dalla Germania, da Scozia e Inghilterra, da Paesi Bassi e Scandinavia, dalle Filippine, dal Perú, dal Kenya. Fra essi c’è anche la delegazione della Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario (Focsiv), partita da piazza San Pietro con il motto «Una terra. Una famiglia umana. In cammino verso Parigi».
Oggi a Saint-Denis — riferisce il Sir — insieme ai leader di diverse religioni i “marciatori per il clima” (come sono stati anche chiamati) consegneranno una petizione a rappresentanti dell’Onu e del Governo francese.
Ad accoglierli, ieri, a nome delle Chiese cristiane di Francia, Elena Lasida, docente all’Institut catholique de Paris e chargée de mission presso la Conferenza episcopale francese: «Siete venuti pellegrini climatici a Parigi per dire ai grandi della terra che l’umanità deve fare il possibile per salvare la terra. Noi vi accogliamo e uniamo la nostra voce alla vostra. Arrivate nel giorno in cui la Francia rende omaggio alle vittime degli attentati del 13 novembre. La vostra presenza qui è il segno della solidarietà con chi ha scelto la vita contro le forze della morte e della distruzione». Erano presenti all’incontro il vescovo di Le Havre, Jean-Luc Brunin, presidente del Consiglio famiglia e società, il vescovo di Troyes, Marc Stenger, presidente di Pax Christi France, e François Clavairoly, presidente della Federazione protestante di Francia. Al termine della cerimonia, si è pregato per le gravi conseguenze dei cambiamenti climatici e per le vittime del terrorismo in Mali e in Tunisia, a Beirut e a Parigi. I diversi rappresentanti dei gruppi hanno poi portato al centro della chiesa delle candele accese e si è data lettura del Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi.
«L’incontro organizzato questa sera è per accogliere qui a Parigi i pellegrini provenienti da tutto il mondo. È la parabola dell’umanità in cammino che vuole prendere in mano il futuro», ha detto monsignor Brunin, sottolineando che «la loro presenza vuole essere un segno forte per chi sarà impegnato in questi giorni nelle negoziazioni per la Cop21, per dire loro che c’è un popolo che si è messo in marcia ed è preoccupato per l’avvenire del clima». Si spera che le negoziazioni facciano emergere l’impegno degli Stati per una reale inversione di tendenza. Il vescovo francese ha poi ricordato che da Nairobi «Papa Francesco ha lanciato un appello per dire che bisogna prendere con urgenza delle decisioni perché sono le popolazioni più povere a essere le prime vittime del cambiamento climatico. Una situazione — ha continuato il presule — di cui sono responsabili i Paesi ad alto sviluppo e inquinamento. C’è dunque un’ingiustizia sulla terra. È per questo che i pellegrini che sono qui chiamano alla giustizia climatica. È urgente che i leader politici ascoltino la loro voce e prendano decisioni vincolanti prima che sia troppo tardi».
In vista della riunione di Parigi la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) ha pubblicato un rapporto sulla protezione del clima, redatto da cinque esperti. Alla vigilia della Cop15 di Copenaghen, nel 2009, «tutti speravano in un accordo vincolante, che sostituisse il Protocollo di Kyoto», ma «quella speranza non si è concretizzata» e «poco o di fatto nulla è cambiato da allora», si legge nel dossier. Oggi però c’è una «speranza prudente» per il possibile raggiungimento di un «accordo vincolante che permetta di limitare l’aumento delle temperature medie mondiali a un massimo di 2 gradi rispetto al periodo pre-industriale». L’ostacolo più grande è «l’enorme divario tra Paesi ricchi e poveri e il ruolo particolare delle nazioni emergenti», elementi che richiedono l’adozione di misure specifiche. Riprendendo l’enciclica di Papa Francesco Laudato si, la Comece rilancia l’appello per una «conversione individuale» e una «conversione strutturale, a livello politico, economico e sociale».
Da domani, domenica, si pregherà per il clima in molte chiese nel mondo. Anche in Argentina, dove la Commissione giustizia e pace dell’episcopato ha invitato i fedeli a speciali momenti di raccoglimento durante la messa.
(Osservatore Romano)
Avvento di preoccupazione o di speranza?
Cari amici zaccariani,
 in questo tempo di Avvento e di Natale voglio raggiungervi con piccole riflessioni domenicali senza grosse pretese, semplicemente con il desiderio di condividere il tempo dell’Avvento per non restare soli in questo cammino di speranza.
Il sole, la luna, le stelle che cadono, il mare che si rivolta invadendo l’universo; sono immagini apocalittiche che comunque ci turbano e ancora di più in questi giorni drammatici e terribili.
Sole, luna, stelle sono gli idoli del tempo dei vangeli, gli idoli che cadranno per lasciare spazio all’Eterno. Pur con i segni della morte violenta subita l’Eterno torna tra noi nella sua gloria, per redimere i nostri corpi, per dare compimento alla nostra storia.
Con il cristianesimo la storia non torna più su stessa, o perde un fine indefinito, la storia trova un senso, il senso della comunione con un Dio che ha voluto fare comunione con noi nel Figlio suo Gesù!
Il tempo dell’Avvento è proprio questo riflettere sulla nascita umana di Gesù a Betlemme per tendere, per comprendere alla “rinascita” definitiva nella storia.
Questo tempo dell’Avvento è il tempo in cui “ripassare” il modo in cui vivo e viviamo l’attesa di Gesù. Però per ripassare bisogna fare i compiti!
Quale compito ci offre oggi la liturgia, in questa 1^ domenica di Avvento 2015? Vegliate e pregate!
State svegli, come le sentinelle, state all’erta, entrate di più nel mistero di Gesù!
Ecco, siamo invitati a pregare, bella scoperta, dirà qualcuno!
Come posso pregare con tutto quello che ho da fare?
Come si prega oggi, nel terzo millennio?
C’è la grande preghiera della domenica, nella quale tutto trova il suo senso e da questa preghiera che è l’Eucaristia dobbiamo raccogliere i semi per la nostra preghiera quotidiana; durante i giorni della settimana riprendere la parola di Dio; ricordare alcune parti della messa perché mettano radice nella nostra vita di ogni giorno, p.e. il “mistero della fede”. Come annuncio la morte, proclamo la risurrezione, e attendo la tua venuta Signore?
Questa memoria quotidiana è un grande strumento per entrare nel mistero di Gesù, perché l’Avvento prima che cose da fare, è una persona da incontrare e conoscere!
Ma il pregare è unito al vigilare, vigilare sulla storia, su questa aggrovigliata storia.
Per vigilare dobbiamo compiere uno sforzo culturale, prendere in mano un giornale e leggerlo, oppure un libro, scegliere un tema e affrontarlo.
Cosa significa annunciare la morte, proclamare la risurrezione, attendere la venuta di Gesù se non ci preoccupiamo della storia in cui viviamo?
Viviamo in un mondo globalizzato, ma dobbiamo scegliere se vivere nella globalizzazione dell’indifferenza o nella globalizzazione della responsabilità.
Domanda:
quale responsabilità cristiana
e quale responsabilità civile (posto che le due si possano dividere?) in questo Avvento?
The richness of the infinitely small
The richness of the infinitely small
The man has long acted as if natural resources were inexhaustible. We now know that this is not the case! If we are to ensure the living conditions of future generations, it is necessary to conduct today active preservation policies.
In the plant kingdom, they pass through both the preservation of the biodiversity of species and their environment, and by developing seed banks to conserve genetic resources.
The major challenge of this century will be to feed and ensure decent living conditions for a population growing exponentially: the FAO (United Nations Food and Agriculture) provides as well as the world population could s increase to two billion by 2030! This demographic explosion is accompanied by an intensification and agricultural standardization; urban development is carried out to the detriment of natural or agricultural areas. All these factors have resulted in the regression of plant genetic resources. But each genetic resource is alive, his loss is irreparable.
The richness of the infinitely small makes the richness and strength of our world, let us take conscience and act now!
Nicolas Legrain
Disarmali e disarmaci, Signore
pubblichiamo volentieri la preghiera che i vescovi francesi hanno redatto all’indomani dei gravi attentati di Parigi, secondo lo spirito dei monaci di Thibirine.
“Disarmali, Signore:
sappiamo quanto questa violenza estrema
sia il sinistro pane quotidiano
in Iraq, in Siria, Palestina,
Centrafrica, Sudan, Eritrea, Afghanistan.
Ora si è impossessata di noi”.
“Disarmali Signore:
e fa che sorgano in mezzo a loro
profeti che gridano
la loro indignazione e la loro vergogna
nel vedere come hanno sfigurato
l’immagine dell’Uomo,
l’immagine di Dio”.
“Disarmali, Signore
dandoci, se necessario, poiché è necessario,
di adottare tutti i mezzi utili
per proteggere gli innocenti
con determinazione.
Ma senza odio.
Disarma anche noi, SignoreDacci, Signore,
la capacità di ascoltare
profeti guidati dal tuo
Non farci cadere nella disperazione,
anche se siamo confusi
dall’ampiezza del male in questo mondo”.
“Disarmaci, Signore
e fa’ in modo che non ci irrigidiamo
dietro porte chiuse, memorie sorde e cieche,
dietro privilegi
che non vogliamo condividere.
Disarmaci, Signore
a immagine del tuo Figlio adorato
la cui sola logica
è la sola veramente all’altezza
degli avvenimenti che ci colpiscono:
la logica che dice:
“La vita nessuno me la toglie.
Sono io che la dono”(Gv 10,18)”.
I fatti drammatici di questi giorni
Solennità di Cristo Re 2015 / B
«Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire». Alda Merini
Di fronte ai fatti di questi giorni drammatici e frenetici, a Parigi e nel mondo trovare le parole da dire e non dire non è semplice, ma è necessario.
Mantenere la giusta attenzione, la giusta profondità di analisi, la giusta capacità di pregare è difficile ma necessario.
Come sempre dico che il cristiano deve imparare a non reagire con la pancia, ma deve sapere studiare, usare la ragione come frutto dello Spirito che comunque guida il nostro mondo.
Ci crediamo che lo Spirito santo continua a guidare il mondo?
«Il suo potere è un potere eterno,
che non finirà mai,
e il suo regno non sarà mai distrutto». Così termina la prima lettura e noi crediamo che questo regno è attivo e cresce, nonostante le forze del male cerchino di combatterlo.
Se non ci crediamo, se ci abbandoniamo al pessimismo o all’oltranzismo dei giudizi, forse non è bene che stiamo qui.
Certo, “maledetti” sono coloro che hanno operato abusando il nome di Dio e uccidendo vite umane inerti in ogni parte del mondo, ma noi dobbiamo avere un altro modello di difesa, dobbiamo usare un altro modo per “uccidere” coloro che uccidono con le armi.
E questo modo è lo studio, è il dialogo, è la capacità di tessere comunque il bene.
Qualcuno potrebbe dire che non si può dialogare con nessuno, perché gli altri non vogliono dialogare, ma chi sono questi “altri”? Abbiamo mai cercato questi “altri”?
Oggi celebriamo la festa di Cristo Nostro Signore Re dell’Universo, siamo invitati a riflettere e pregare su questa dimensione di Cristo che – ve ne siete accorti? – non si rifà a una regalità trionfalistica, ma alla regalità della passione e della morte.
E vi siete accorti qual è il metodo di Gesù: il dialogo con Pilato, con lo strumento dei suoi nemici. Gesù non ha paura di intessere un dialogo con Pilato, è Pilato che a un certo punto avrà paura e si lascerà schiacciare da questa paura sino a trascinare Gesù sulla croce!
«”Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù”. 
Allora Pilato gli disse: “Dunque tu sei re?”. Rispose Gesù: “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”».
Ecco, cercare la verità, questo è il messaggio di questa festa che conclude l’anno liturgico e ci prepara al tempo dell’Avvento. E come possiamo cercare la verità?
Nella preghiera quotidiana, nell’uscire dalle case per pregare e ragionare insieme.
Se credete realmente che si possa dare un futuro ai vostri figli, che si possa realmente continuare a far crescere “il regno di Dio” allora dovrete avere il coraggio di uscire dalle vostre case, di chiedere ai vostri pastori: padre, fermiamoci a ragionare, a leggere a capire, a incontrare.
Ma se continuiamo a stare nel chiuso delle nostre case a rimbambire davanti alle tv nell’attesa che tutto passi, io credo che potremo aspettare solo che tutto ci schiacci.
«Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire».
Così abbiamo iniziato e così invece vorrei concludere: «Mi piace chi sceglie con cura le parole da dire e le azioni da fare».
Giannicola M. Simone b.
Il silenzio
Perché fare silenzio?
Perché ritirarsi 5 giorni in un monastero, nel silenzio?
Perché mai fare silenzio? Perché senza silenzio si impazzisce; perché senza silenzio non si può riconoscere se stessi e la vita stessa.
Non si tratta di esaltare il silenzio sino a pensare che tutto debba tacere;
si tratta di liberarsi dalla schiavitù del rumore che ormai è ovunque in qualunque modo.
In un ristorante di Napoli ho trovato questo cartello: “qui non c’è wifi perché vogliamo che i nostri clienti parlino tra loro”; il continuo rumore di parole, di suoni, di traffico, di musica senza anima, di questa società che arriva ovunque scuote e disturba le nostre persone.
Forse non siamo davvero convinti che tutto questo rumore di fondo che ci accompagna ovunque sia eccessivo e ci faccia male, eppure gli avvertimenti non mancano!
Esagerazione?
Per nascere l’uomo necessità di 9 mesi di silenzio, non un silenzio asettico delle incubatrici o di un utero estraneo a pagamento, ma di un silenzio capace di avere cura, gratuitamente.
Per ascoltare o farsi ascoltare è necessario il reciproco silenzio.
Per fare scelte importanti bisogna avere il giusto tempo di silenzio per la riflessione.
Ma non c’è tempo per fare silenzio! Appunto non c’è tempo e non c’è nemmeno il silenzio.
Ma il silenzio fa paura!
Certo, fa paura a chi non lo conosce, a chi non si conosce.
Ma il silenzio fa soffrire!
Certo, fa soffrire chi non sa soffrire, chi non permette al silenzio di purificarci.
Ma il silenzio rende sordi quelli che non sanno o non vogliono ascoltare.
Dio ha creato il mondo nel silenzio e solo per creare l’uomo e la donna lo ruppe, non per creare chiasso, bensì per avere alcuni pari a Lui con i quali dialogare!
E nella silenziosa notte Dio inviò suo figlio, la parola fatta carne per riprendere il dialogo con l’uomo interrotto dal peccato.
Il silenzio senza la parola non avrebbe senso, ma la parola senza silenzio non si potrebbe capire.
Recuperiamo spazi di silenzio ovunque, per recuperare il benessere nostro e dell’altro.
Mancia, dono o dovere?
LA MANCIA AI GIORNI NOSTRI: DONO O DOVERE?
2013 – Accade negli USA. Un misterioso benefattore lascia una mancia da migliaia di dollari al cameriere di un ristorante di New York. La scena si ripete in numerosi ristoranti d’America, da Los Angeles a Chicago, da Phoenix a San Francisco. Sulla ricevuta una firma: “tipsforjesus”, ovvero “mance per Gesù”. Un profilo Instagram per documentare la sua magnanimità; “fare il lavoro del Signore, una mancia alla volta” il suo slogan.
Le gesta del donatore (un certo Jack Selby, ex-presidente Paypal) hanno raggiunto più di 60mila followers sui social, e fatto breccia nel cuore di migliaia di camerieri, che con ardore lo invitano nel locale in cui lavorano, fiduciosi che la voce “tip” possa riportare una somma insperata. Non del tutto chiari i motivi di tale generosità (sembrano seguire un filo conduttore – un “tornaconto con Gesù?”), certo è che si tratta di un evento più unico che raro (pur essendo gli USA la nazione con le mance più alte al mondo). È vero che i tempi sono cambiati, così come i rapporti tra cliente e cameriere, ma cifre così cospicue non si vedevano nemmeno alla corte del Re!
Un tempo infatti, la mancia era il compenso che gli aristocratici lasciavano alla servitù, non tanto per riconoscenza quanto per abitudine e dovere nei confronti del ceto inferiore, ma oggi è un concetto ben più elaborato.
«La mancia è qualcosa di ambiguo e paradossale. La lasciamo a chi ci offre un servizio, ma non a qualcun altro che magari fa un lavoro altrettanto faticoso e prende uno stipendio altrettanto basso. A Tokyo è un insulto dare la mancia, mentre a New York è offensivo non darne una abbondante. Si dice che lo scopo della mancia sia incoraggiare un buon servizio, ma in realtà la lasciamo solo dopo che il servizio ci viene offerto, e spesso a persone che non ci serviranno mai più. La mancia mette in crisi le grandi generalizzazioni degli economisti e degli antropologi. Capire come e perché lasciamo questo extra vuol dire indagare i complicati e affascinanti meandri della natura umana», così leggiamo sulla rivista Internazionale (n.1113, rubrica “Società”)
La complessa funzione della mancia riflette la sfaccettata funzione del ristorante. In parte è una forma di pagamento, una remunerazione per un lavoro ben fatto. Ma è anche una manifestazione di gratitudine, un modo per dare a chi ci ha servito l’occasione di godere almeno in parte del piacere di cui abbiamo goduto noi”, un modo per mostrare apprezzamento e riconoscenza nei confronti di chi ha seguito l’ospite con tanto di impegno e premura. La geografia ci mostra le varie forme che la mancia può assumere: a discrezione del cliente, inclusa nel conto, calcolata in percentuale, o non esistere affatto, tutto questo a seconda dei valori e dalle tradizioni di ciascun Paese. Sono tanti i modi in cui la mancia è gestita nel mondo, ma qual è quello giusto per considerare questo tipo di compenso? Oggi, nelle economie di scambio dei paesi occidentali, dove niente si fa per niente, dove tutto si mercifica, la mancia, come “gesto puramente volontario”, assume i connotati di un dono, fatto liberamente dal cliente al cameriere, e finisce per umanizzare anche quella che sarebbe una semplice uscita al ristorante. Non saremmo tutti dei Jack Selby, ma l’idea stessa della mancia vista come segno di ringraziamento, e non come dovere dettato dal costume o dal regime del locale stesso, la rende più piacevole.
Pasqua Peragine
Salve a tutti, da Fush-Milot
Cari amici di Giovanibarnabiti.it, l’estate non è solo un bel ricordo, ma anche un buon carburante per tutto il nostro anno, ecco perché volentieri pubblichiamo questa intensa riflessione da Fush.Milot, Albania.
Salve a tutti! Sono Suada ho 17 anni e vengo dall’Albania precisamente da Fush-Milot!
Condivido con voi la mia esperienza che vivo durante l’anno ma soprattutto quella dell’estate nei campi estivi che la nostra parrocchia SAMZ organizza grazie all’attenzione e all’animazione delle Suore Angeliche di San Paolo.
Dal momento in cui ho ricevuto il battesimo ho capito che ormai devo essere pronta a dare tutto quello che ho ricevuto: la fede, ma anche altri valori per una vita sana e felice, dando una bella testimonianza cominciando nella mia famiglia, per continuare a scuola con i miei amici e ovunque io vivo.
Sono abbastanza attiva nella Chiesa, per quanto l’impegno della scuola mi permette durante l’anno, ma soprattutto nei tempi estivi.
Il compito come animatrice delle attività con i bambini del nostro villaggio l’ho fatto e lo faccio sempre volentieri da 4 anni. Ogni anno è diverso e mi fa crescere perché, tra le altre cose io e i miei amici impariamo come servire i bambini e noi stessi con amore e senza chiedere nulla in cambio perché così fa il Signore Gesù con noi.
È bellissimo soprattutto durante i campi estivi quando dal mattino presto i bambini corrono verso te e ti guardano perché aspettano un sorriso, una carezza, uno sguardo; attendono che cosa hai da dire loro in quel giorno e come si divertiranno, sapendo che anche quel giorno sarà tra i loro più bei ricordi dell’estate.
L’attività, umanamente parlando, non sempre è facile; però la grazia di Dio che vive in noi ci dà quella forza, quell’entusiasmo necessari pensando che i bambini sono i più preferiti di Gesù.
Un altro grande aiuto per noi, che fa si che il campo sia particolare, è la testimonianza e la collaborazione con gli animatori italiani i quali scelgono di donare e condividere ogni anno un “pezzo” della loro vita con noi e i nostri bambini.
Comunque tutto questo non sarebbe possibile senza l’aiuto della parrocchia e delle nostre sorelle-suore Angeliche di san Paolo che con tanto amore e pazienza ci insegnano a vivere nell’amore di Dio e come aiutare i nostri fratelli più piccoli.
A tutti un grande “GRAZIE” e caricata di tutta questa energia positiva, pronta ad affrontare un altro anno scolastico e pastorale!
Suada Preçi

					
					
					