Muffin per Milot

In occasione della festa di Ognissanti gli studenti del nostro Istituto Denza di Napoli hanno organizzato una vendita di Muffin per raccogliere fondi in favore del Progetto Rilindja (www.barnabitalbania.com) che sostiene con borse di studio studenti liceali della nostra missione di Milot.
L’attività ha fruttato circa € 380,00.
grazie a quanti hanno collaborato.
gruppo volontari Denza

La bicicletta verde

Tra le strade polverose di Riyad, in mezzo a donne col burqa ed ecomostri incompleti, cresce una ragazzina di nome Wajda. Indossa Converse nere, ascolta musica inglese, ha un migliore amico maschio e vuole una bicicletta.
Questo è il soggetto dal quale il film parte. Un film forte, forte della sceneggiatura e dell’idea di base.
Un film che non si dimentica. Un film che ha la caratura della testimonianza documentaristica e di una narrazione quasi neorealista per l’uso di attori non protagonisti, acerbi ma comunque capaci di comunicare la forza di un vissuto condiviso.
La storia è di una semplicità disarmante ma non per questo banale.
Wajda desidera una bicicletta e per averla partecipa a un concorso sulla recitazione del Corano indetto a scuola. La bambina è già fuori dalle righe rispetto a quanto l’educazione oppressiva dell’Arabia Saudita preveda, si ribella alle costrizioni sul vestiario, ascolta musica in lingua inglese, sviluppa un desiderio ancora più rivoluzionario e lotta per esaudirlo sfruttando ciò che la società le porge, ma mai si piega veramente. Seguendo questa traccia il film cristallizza la condizione femminile partendo dall’ambito scolastico che plasma i comportamenti futuri delle giovani menti femminili.
“La bicicletta verde” è un racconto di donne, per donne, audacemente controcorrente, che descrive una cultura a noi sconosciuta, troppo distante. Raggelante per l’insieme di costrizioni e regole così prodigiosamente introietatte da tutti attraverso un sistema di indottrinamento e di conseguente esclusione sociale alla prima presunta violazione che si fonda sul testo religioso e sulla struttura sociale maschilista che ne deriva. E nel farlo si sceglie un mondo di donne in cui le donne sono attori in pieno, vittime e carnefici di se stesse, in cui gli uomini sono sorridenti e mai impositivi, placidi amici anch’essi intrappolati in un gioco che spesso non condividono nei fatti.
Un film soffocante che palesa pochissime vie di fuga, in cui tutto ruota nel mettersi in gioco e approfittare di quei margini di tolleranza che sono un po’ ovunque e che, fomentati dall’esempio di alcune coraggiose, nel tempo può comportare anche il minimo cambiamento.
In 100 minuti si respira tutta la violenza delle religioni volte a piegare il femminile fino a cancellarlo dallo spazio pubblico, con un obbligatorio happy ending di circostanza, perché nel futuro più che sperare non si può.
Forse quello che manca di più è un’elaborazione registica, ma il sopravvento di quanto si racconta è imperioso.

Mi domando solo se sia stato distribuito in patria.

Fabio Cambielli

Madeleine Delbrel una donna, una credente

Cari amici,
la maggior parte di voi non conosce la persona di cui sotto: vale la pena almeno ricordarla nell’anniversario della sua scomparsa 50 anni fa.

Nel 1964 muore improvvisamente, negli anni della sua piena maturità umana e cristiana, Madeleine Delbrél, testimone dell’Evangelo. Nata nel 1904 a Mussidan in Dordogna, Madeleine aveva subìto da ragazza l’influsso dei liberi pensatori frequentati da suo padre, finendo così per unirsi al coro di coloro che proclamavano in quegli anni: «Dio è morto». Ma proprio a partire da quell’affermazione, dalla scoperta della non necessità di Dio per la sua vita, Madeleine si aprì a una straordinaria ricerca degli altri, che la porterà a ritrovare anche l’Altro, Dio stesso, dapprima nella preghiera, e poi in un rapporto vitale e quotidiano con l’Evangelo. Operata la sua conversione, al tempo stesso minima eppure radicale, Madeleine studiò da assistente sociale, giungendo nel 1933 a Ivry, nella periferia scristianizzata e comunista di Parigi. E a Ivry visse l’altra metà della sua vita da semplice laica, condividendo con una piccola comunità di donne la sua sobria dimora, una casa aperta a tutti. Madeleine seppe testimoniare l’Evangelo nella compagnia degli uomini anzitutto con la vita. Aveva infatti compreso che dietro all’ateismo si celano non poche colpe dei cristiani, pronti spesso ad annunciare un Dio da contrapporre agli altri, anziché una verità che non può mai darsi senza l’altro, dal momento che coincide, in ultima istanza, con la carità. Madeleine visse tenendo insieme, con audacia e perseveranza, fino all’ultimo dei suoi giorni, ascolto delle ragioni di Dio e ascolto delle ragioni degli uomini, irradiando pace e gioia a tutti coloro che la incontravano.

TRACCE DI LETTURA

Vi è una grazia dell’ospitalità. Vorremmo ritrovarne la genuinità, quale fu conosciuta e vissuta dalle prime comunità cristiane. Ospitalità significa che gli altri si trovino da noi come in casa loro. Ai pasti sono attesi anche se non sono invitati. Il nostro tetto è il loro. Il loro ingresso nella nostra vita comporta il loro ingresso nella nostra casa. L’ospite non è trattato con il metro della giustizia, ma dell’amore. Non può essere giudicato, ma considerato nella misericordia. Fra lui e noi i debitori siamo noi, perché pochi misteri evangelici sono più ricchi di quello dell’ospitalità. In lui noi riceviamo Gesù in una sorta di comunione collettiva, con lui riviviamo l’esperienza di Gesù che nella sua vita ha portato a compimento la legge ebraica e orientale dell’ospitalità: per mezzo di lui abbiamo l’opportunità di obbedire a precetti carichi di promesse. «Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sarò con loro»: vivere in comunità è un esprimere per il mondo una sorta di sacramento. E un garantire la presenza di Gesù. La testimonianza di uno solo, che lo voglia o meno, porta soltanto la sua firma. La testimonianza di una comunità porta, se questa è fedele, la firma del Cristo.

(Madeleine Delbrél,da Comunità secondo il Vangelo)

Alessandro Sauli, santo. 11 ottobre

I Barnabiti in tutto il mondo, con la Chiesa intera, ricordano oggi, 11 ottobre, Alessandro Sauli, santo.

Milanese di nascita, ma genovese di cittadinanza e formazione, è il primo santo dei Barnabiti, ma specialmente il primo giovane che chiese di entrare nel nostro Ordine nel 1554.

Alessandro, infatti, di nobile famiglia italiana, imparentato con gli Sforza e altre famiglie nobili di Milano, terminati gli studi e aperto a una brillante carriera decise, a 17 anni, di entrare nel gruppo dei primi Barnabiti a Milano.

Più volte bussò alla porta della nuova comunità religiosa, più volte gli venne rifiutato l’ingresso, perché si pensava la sua vocazione fosse il capriccio di un giovane nobile e viziato.

Ma la fede e la volontà di Alessandro Sauli costrinsero i primi Barnabiti a metterlo alla prova. Se Alessandro fosse stato capace di portare una grande croce in processione nelle vie centrali di Milano (l’attuale piazza dei Mercanti) e tenere una buona predica sulla virtù della Croce all’ingresso del Duomo sarebbe stato accolto nell’Ordine.

Alessandro non si fece intimorire, prese una croce che si caricò sulle proprie spalle e cominciò a camminare e predicare nel centro di Milano, incurante delle battute e degli sfottò di molti nobili amici, era una persona molto conosciuta (è come se uno di voi andasse in giro a predicare la Croce, in c. Buenos Aires a Milano o in via dei Condotti a Roma o…).

Il suo ingresso nella neonata Congregazione dei Padri Barnabiti fu una benedizione che ancora oggi fiorisce tra i Padri Barnabiti.

Di sant’Alessandro Sauli ricordiamo la sua dedizione allo studio e al lavoro tra i poveri, specialmente in Corsica e in Piemonte.

Docente di filosofia, padre generale dei Barnabiti e vescovo di Aleria prima e di Pavia poi, morirà giovane ma sazio di saggezza, santità e capacità di annunciare il Vangelo. Era l’11 ottobre 1592.

Molti sono i modi per vivere bene, per essere felici, di vivere il vangelo in pienezza. Sant’Alessandro da principe dell’Italia del 1500 divenne principe del Vangelo, portatore di gioia, carità, fede e speranza.

Anche voi, cari giovani, potete diventare principi di gioia, di quella allegria che nasce dall’incontro con Gesù, quella gioia e allegria che molti di voi e dei vostri amici hanno bisogno anche oggi; quella gioia e quell’allegria che Gesù continua a donarci in abbondanza.

Preghiamo

O Dio, che nel servizio del vescovo sant’Alessandro Sauli hai dato alla tua Chiesa un’immagine viva del Cristo, buon pastore, per la sua preghiera concedi a tutti i Barnabiti e ai giovani che a lui si affidano di vivere ogni giorno la gioia del Vangelo nello studio e nella vita dei poveri. Per Cristo nostro Signore.

Presentazione del programma pastorale 2014-2015 della Caritas di Roma

Venerdì 24 ottobre 2014, alle ore 17.30, presso la Sala “Tiberiade” del Seminario Romano Maggiore, il cardinale Agostino Vallini presenterà il programma pastorale della Caritas diocesana di Roma. All’incontro sono invitati i parroci, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, gli animatori pastorali, gli operatori della carità e i volontari dei centri Caritas, sia diocesani che parrocchiali. Ai partecipanti verrà distribuito l’opuscolo del programma che contiene anche il nuovo Annuario dei servizi Caritas. L’incontro si aprirà con un momento di preghiera a cui seguiranno la relazione del cardinale Agostino Vallini, la riflessione di don Luciano Meddi e l’intervento del direttore Caritas, monsignor Enrico Feroci. Alcuni animatori Caritas, infine, illustreranno i singoli aspetti del nuovo programma.

Informazioni
Domenica 12 ottobre la Caritas ricorda don Luigi Di Liegro insieme ai vescovi ausiliari di Roma
Domenica 12 ottobre, nel diciassettesimo anniversario della scomparsa, la Caritas di Roma ricorda don Luigi Di Liegro, suo primo direttore. Gli operatori Caritas, i volontari e gli ospiti dei centri di accoglienza, si ritroveranno alle 10.30 presso la Chiesa di Santa Giacinta alla Cittadella della Carità, insieme al direttore monsignor Enrico Feroci e ai vescovi ausiliari di Roma, per la celebrazione eucaristica a suffragio. Al termine, coloro che lo desiderano, potranno pranzare insieme agli ospiti della Mensa Caritas intitolata a Don Luigi.

Formazione giuridico-legale per i Centri di Ascolto: il 14 ottobre “Il minore migrante”
“Il minore migrante” è il tema dell’approfondimento giuridico-legale promosso dall’Area Minori della Caritas di Roma che si terrà il 14 ottobre alle ore 16.30 presso la sede di Via Venafro, 26 (Metro “Santa Maria del Soccorso”). L’incontro, aperto a tutti gli operatori dei centri di ascolto parrocchiali e diocesani, sarà tenuto dall’avvocato Caterina Boca, operatrice dello Sportello legale del Centro Ascolto Stranieri della Caritas di Roma.

Raccolta Alimentare: 46 tonnellate di merci, più di 600 volontari impegnati
Più di 600 volontari coinvolti, 3.601 scatoloni di merci raccolte per un peso superiore alle 46 tonnellate. È questo lo straordinario risultato della Grande Raccolta Alimentare che la Caritas di Roma ha promosso sabato 4 ottobre in collaborazione con il Gruppo Simply. In 52 supermercati di Roma sono stati donanti soprattutto pasta, riso, latte, alimenti per bambini, olio e passata di pomodoro. Un ringraziamento particolare ai gruppi di volontari, la maggior parte provenienti dalle parrocchie, che hanno garantito la sensibilizzazione e l’organizzazione dell’iniziativa

Spesa solidale

Per la terza volta in pochi mesi, il gruppo giovani dell’Oratorio Sacro Cuore di Roma dei Padri Barnabiti, in collaborazione con Caritas Roma ha prestato servizio per la spesa solidale in favore dell’emporio Caritas di Roma che serve molte famiglie bisognose.
i giovani hanno prestato servizio dalle 14.00 alle 20.30 e hanno raccolto 28 scatoloni (80x40x70) di alimenti vari.
grazie e . . . alla prossima.

La Sapienza che porta alla perfezione

La sapienza che porta alla perfezione
Uno dei testi che certamente SAMZ ha meditato sono i capitoli iniziali della 1 lettera ai corinzi. Anche in questo caso gli spunti sono tanti, ma partiamo da un solo versetto: «Tra coloro che sono perfetti parliamo sì di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo […]» (1Cor 2,6).
Paolo lega la sapienza con l’essere perfetti, che, come già visto con il giovane ricco, indica l’essere discepoli maturi, capaci di progettare la propria vita in un rapporto autentico con Cristo. La sapienza è, dunque, ciò che permette al discepolo di entrare in questa buona relazione, vedere il mondo con gli occhi di Dio e compiere le giuste scelte.
Nel capitolo precedente l’apostolo parla di due sapienze: una si rivela in realtà vana, ed è la sapienza intesa esclusivamente come dotto ragionamento (1Cor 1,20); l’altra, sebbene si manifesti agli occhi del mondo come stoltezza della croce, è sapienza di Dio (1Cor 1,18-30).
Conoscendo Paolo e SAMZ, certo non si può pensare che qui si voglia denigrare il sapere a favore dell’ignoranza, ma si sta dicendo che il solo ragionamento non garantisce la conoscenza dei piani di Dio, che sono invece svelati dallo Spirito (1Cor 2,10).
Per capire meglio cosa intende Paolo, occorre fare un viaggio nell’Antico Testamento per risalire alle radici del concetto di “sapienza” biblica, chiaro al tempo di Paolo, ma forse oggi tutto da riscoprire.
… ma questo sarà l’oggetto delle prossime puntate.
SR

Preghiera per la famiglia – Sinodo dei vescovi 2014

PREGHIERA ALLA SANTA FAMIGLIA
di Papa Francesco

Gesù, Maria e Giuseppe
in voi contempliamo
lo splendore dell’amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.

Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione
e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole di Vangelo
e piccole Chiese domestiche.

Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.

Santa Famiglia di Nazareth,
il prossimo Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.

Gesù, Maria e Giuseppe
Ascoltate, esaudite la nostra supplica.

Economia e “genio femminile”: strano binomio o soluzione alla crisi?

È ormai noto che l’attuale crisi economico-finanziaria si sta rivelando innanzitutto una profonda crisi etica, culturale e antropologica, figlia di un consumismo sfrenato che ha alimentato l’illusione della felicità esclusivamente legata alla ricchezza materiale: una quantità di tempo sconsiderata è destinata al conseguimento di obiettivi cui è fissato un prezzo, a scapito – e qui non parlo in termini monetari – delle relazioni sociali, propriamente dette in economia beni relazionali. Non a caso, uno dei grandi problemi che gli economisti stanno affrontando negli ultimi anni, è il cosiddetto “paradosso della felicità”: al contrario di quanto la società dei consumi esorti a credere, risulta che ad un aumento del reddito pro-capite corrisponde un calo della felicità soggettiva delle persone, la cui maniacale inclinazione all’uso dei beni di comfort, spedisce nel dimenticatoio la sfera affettivo-relazionale. In un momento storico come questo, in cui la domanda di beni relazionali stenta a crescere, il mondo ha bisogno di proposte nuove per tentare un via di fuga dal baratro della crisi… La mia? La donna. “Sono profondamente convinta che il ‘nuovo’ da molti invocato abbia molto a che fare con il ruolo della donna nella dimensione economica” sostiene Suor Alessandra Smerilli, docente di Economia all’Università Cattolica; bisogna ripartire dalle origini, ovvero dall’oikos nomos (che nelle società antiche rappresentava la gestione della casa, quindi un’esclusiva femminile) “inteso come ambiente, come sviluppo sostenibile”. Nell’economia moderna la figura della donna si è eclissata a causa del potere maschile che ha confinato il suo “genio” nel livello morale della società. Tuttavia, “le esperienze in atto, come il microcredito, ci fanno intravedere quali potenzialità si nascondono dietro l’empowerment delle donne, proprio nelle culture dove esse sono meno libere di esprimersi” sottolinea la Smerilli; il “sistema Yunus” (premio Nobel per la pace 2006) si occupa, o meglio, preoccupa di concedere piccoli prestiti a imprenditori troppo poveri per riuscire a ottenere credito dalle banche e più del 90% dei prestiti viene destinato alle donne. È emerso che i profitti realizzati dalle donne sono più frequentemente indirizzati al sostentamento delle famiglie e delle comunità, e non al soddisfacimento di interessi personali; la logica del successo non appartiene alla donna: “nell’azione femminile il mondo è concepito come un intreccio di rapporti”, “la realtà come ragnatela e non come gerarchia” – sono le parole di Giuliana Martirani, docente universitaria nonché promotrice di numerose attività pacifiste, ecologiste, nonviolente. L’economia attuale ha un disperato bisogno di guardare ai mezzi, non solo ai fini, al processo non solo al risultato, alle motivazioni intrinseche, non solo al profitto; profitto che andrebbe senz’altro diviso tra sviluppo dell’impresa, sostegno ai poveri e formazione di persone nuove, secondo il modello dell’“economia di comunione” ideato da Chiara Lubich, frutto di una prospettiva altruista e caritatevole, tipica della natura femminile. Evidenze internazionali mostrano i possibili benefici di una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, nelle amministrazioni pubbliche e private: si denotano livelli di corruzione più bassi e un’attenzione mirata a quei beni e servizi, bersaglio principale dei tagli dei governi quando i conti nel bilancio non tornano: sanità e istruzione. Ma da quanti anni sentiamo parlare di riduzione dei costi in questi settori dell’economia? Possiamo ancora credere alla buona fede, e alla competenza, di chi li propone? Il sistema ha bisogno di un motore nuovo che possa alimentare questa economia “miope”, e la donna, in quanto bandiera di creatività e carisma, sembra essere l’arma vincente per abbattere la logica strumentale, causa della crisi e malattia della nostra epoca, per una società più a misura di persona.
“Normalmente il progresso è valutato secondo categorie scientifiche e tecniche, e anche da questo punto di vista non manca il contributo della donna. Tuttavia, non è questa l’unica dimensione del progresso, anzi non ne è neppure la principale. Più importante appare la dimensione socio-etica, che investe le relazioni umane e i valori dello spirito: in tale dimensione, spesso sviluppata senza clamore, a partire dai rapporti quotidiani tra le persone, specie dentro la famiglia, è proprio al « genio della donna » che la società è in larga parte debitrice” (“Lettera alle donne”, Papa Giovanni Paolo II).
Pasqua Peragine, Altamura