Sono a sfondo finanziario le prime pagine dei quotidiani 2016, i cui titoli segnalano l’entrata in vigore delle nuove norme europee relative al cosiddetto “bail in”. “Bail in” (letteralmente salvataggio interno) indica quel provvedimento atto a disciplinare criteri e procedure in materia di fallimento bancario: la nuova direttiva impone che la crisi degli istituti di credito non sia più un “affare di Stato” e i primi a pagare siano gli azionisti. Un provvedimento che non coglie il pubblico impreparato, dato il clamore delle vicende che il mese scorso hanno visto sull’orlo del crac quattro istituti di credito italiani: 15mila, perlopiù piccoli risparmiatori, le persone coinvolte nell’azzeramento dei titoli subordinati (è quanto imposto dal decreto “Salva-Banche”, per evitarne il fallimento).
I media, nell’ultimo mese, non hanno parlato d’altro: ma cosa sono le obbligazioni subordinate? Si tratta dei titoli di debito che permettono a chi li possiede di diventare creditore dell’istituto emittente, incassando interessi periodici. E fin qui, tutto chiaro. Il problema sorge in caso di problemi finanziari dell’emittente, per cui il rimborso avviene successivamente a quello di altri soggetti (dipendenti, correntisti e possessori di altri titoli), quindi non è detto che ci sia. Pare che i risparmiatori in protesta, non ne fossero al corrente.
“Il problema principale, spiega Giuseppe D’Orta di Aduc, «è che non è stato mai spiegato cosa fosse la subordinazione». Ovvero, venivano venduti come prodotti “sicuri” quando sicuri non lo erano proprio” (Paolucci, La Stampa). “Delle innumerevoli e meritorie cose che si sono potute leggere sui vari aspetti del crac e del salvataggio, dei controlli mancati, dei conflitti d’interesse e degli insider trading presunti, ce n’è una che non riesco a togliermi dalla testa, l’intervista al funzionario della banca che curava i rapporti con Luigino D’Angelo, il pensionato suicida diventato il simbolo tragico di questa epopea. Nero su bianco e non smentita, lì c’è tutta la morale della favola: ebbene sì, ammette il funzionario, i risparmiatori li abbiamo programmaticamente raggirati, perché a nostra volta eravamo ricattati dai vertici della banca; o accettavamo di farlo o rischiavamo il licenziamento, e viceversa, più riuscivamo a raggirarne e più venivamo premiati. C’è bisogno di altre prove per capire com’è andata e come va?” scrive la giornalista Ida Dominijanni (“Banche, credito e colpa”, Internazionale).
Lacune e dubbi in merito alla trasparenza dei dirigenti bancari sulla vendita dei titoli in questione, sembrano assumere un ruolo determinante nell’indagine ai colpevoli di questo disastro. Dunque, appare scontato, ma forse non lo è, dire che tutti (banche, autorità, e media) debbano impegnarsi per fornire un’informazione limpida e corretta ai risparmiatori, come primo passo per evitare l’insorgere di situazioni simili. A tutto ciò si aggiunga: “Responsabilizzare il risparmiatore! L’imperativo categorico ripetuto dall’alto degli amboni più diversi da economisti ed esperti di varia natura, che sembra assumere il tratto di un mantra destinato ad accompagnarci in questo inizio di anno. Si auspica un’educazione alla finanza da impartire ai ragazzi fin dalla scuola dell’obbligo per poter liberare preventivamente financo il cittadino qualunque dal rischio di finire in qualche trabocchetto finanziario” (Pietro Cafaro, Avvenire).
Nel frattempo, il Governo italiano lavora ai possibili interventi per aiutare i clienti delle quattro banche salvate dal decreto, i quali hanno visto azzerare il proprio capitale nel giro di poche ore: si pensa a un fondo di solidarietà da 100 milioni di euro (finanziato in parte dallo Stato e in parte dalle banche), gestito da un arbitrato ad hoc, con il compito di valutare caso per caso le operazioni di risarcimento da mettere in atto. La speranza è di arrivare a una modifica del decreto che dia una qualche aspettativa di recupero ai risparmiatori coinvolti, poiché siamo di fronte a una crisi di fiducia nel sistema bancario italiano che è ai minimi storici e potrebbe rivelarsi una crepa, nello scenario economico e politico, ben più profonda di quanto non appaia.
Pasqua Peragine