PARALIMPIADI? SI, GRAZIE, MA CON OTB

Le Paralimpiadi sono state praticate per la prima volta a Roma nel 1960 affinché tutti gli atleti potessero aspirare a partecipare ai Giochi Olimpici senza che ci fossero distinzioni con i normo dotati. È soltanto da poco che però che se ne parla, precisamente sono i Giochi Paralimpici del 2012 di Londra che hanno permesso a questo movimento di essere conosciuto e visto in televisione. Tuttavia, esistono delle realtà che si prendono a cuore questi atleti, preparandoli ad affrontare le sfide che i Giochi li riserba. OTB è una delle molteplici realtà che aiutano le persone affette da una disabilità a raggiungere i loro sogni. Nel tempo hanno formato diversi atleti, tra i quali Fabrizio Cornegliani, neovincitore della medaglia d’argento nella cronometro maschile H1.

Ho avuto l’occasione di intervistare proprio l’ideatore di questo progetto, Federico Sannelli, classe 1990, diplomato al nostro Collegio San Francesco in Lodi.

Nel 2016 è diventato direttore tecnico del Team Equa ottenendo la qualificazione alle Paralimpiadi con 4 atleti, vincendo 7 medaglie di cui 5 d’oro, 1 argento e 1 bronzo. Attualmente si occupa della preparazione dei ciclisti, delle squadre e degli atleti che affrontano la disciplina del Triathlon e dei Paratleti che disputano gare di Handbike e Paratriathlon. Lui ha aperto la sua società sportiva e casualmente si è dovuto imbattere in ciclisti con disabilità che gli hanno chiesto un aiuto. Lui ha dovuto studiare i movimenti, le bicilette e tutto quello che comporta la corsa in handbike. Inizialmente era solo un lavoro, pian piano poi anche altri Paratleti lo hanno contattato, lui si è sempre appassionato sempre più fino ad essere contattato dalla Federazione. Sicuramente non è stato un percorso molto facile; anzi, è stato ed è tuttora pieno di insidie, errori e fatica.

Quali sono gli sport paralimpici e come si praticano?

Ad oggi, quasi tutti gli sport hanno una realtà paralimpica, bisogna poi andare a vedere nello specifico come praticarlo perché dipende da disabilità a disabilità. Non esiste un percorso tracciato per tutti. Esistono, infatti, varie categorie che vanno in base alla disabilità e ogni sport ha le proprie regole con le proprie classifiche e tempi per partecipare poi agli eventi internazionali. Non ci sono delle categorie paralimpiche universali ed è per questo che viene inserito un codice alfanumerico dopo il nome dello sport: H sta per handbike, C quando si usano biciclette, T in caso di bici a tre ruote, B in caso di tandem. Generalmente, almeno per il paraciclismo e per il paratriathlon, più il numero è basso e più la disabilità è grave.

Cosa ti aspetti da queste Paralimpiadi? Vedi qualche sorpresa?

Mi aspetto che ogni Olimpiade porti un ritorno mediatico per il paralimpico. Se pensiamo alle prime Paralimpiadi, nessuno le seguiva, non c’erano nemmeno le dirette e gli articoli… possiamo dire che era un mondo sconosciuto. Pensiamo a ora e capiamo quanti passi avanti sono stati compiuti! Nessuno sapeva cosa fossero le Paralimpiadi fino a Londra 2012 e da allora c’è sempre stato un grande ritorno mediatico e una copertura televisiva più elevata. Sicuramente, almeno in Italia, la figura di Zanardi ha contribuito tantissimo perché è un personaggio noto che si è buttato nel paralimpico portando tanto ritorno mediatico alla disciplina, soprattutto della bike, creando canali che dessero origine ad altre star paralimpiche come, ad esempio, Bebe Vio. Di conseguenza, mi aspetto ci siano più investimenti nelle strutture e più realtà che si occupano di formare gli atleti e di stargli vicino perché non è sempre facile e gli strumenti costano molto per via della tecnologia, dei pezzi di ricambio e non tutti possono permettersi di investire 15.000€ in una bicicletta.

Per quanto riguarda le sorprese ti dico di no, più che altro perché ci sarà un bel cambio di rotta dopo Tokyo. Nel paraciclismo molti atleti, compresi i miei, dovrebbero andare in pensione perché sono tutti abbastanza vecchi sportivamente parlando. Sicuramente, per Parigi, ci sarà da andare a trovare e formare dei nuovi atleti.

C’è un sostegno? In che misura vengono seguite?

Dipende. Ci sono molte federazioni che fanno tutto loro, quindi prendono l’atleta, lo formano e lo allenano, altre invece no. C’è poi da considerare anche che non tutte le nazionali possono seguire tutti gli atleti. Bisogna vedere la realtà e fare anche del talent scout. Comunque, in nazionale arrivano atleti molto formati che si sono fatti notare ottenendo diversi risultati. Ti faccio un esempio: i miei atleti hanno una squadra che li supporta in termine di ritiri, costi e via dicendo. La mia figura da allenatore non è una figura federale io sono un consulente esterno privato che li alleno. Quindi, non vengo stipendiato da una Federazione. Capisci che, almeno nel paraciclismo, la Federazione non paga l’allenatore. Tuttavia, nel paratriathlon, gli atleti vengono allenati dai tecnici federali. In conclusione, puoi capire che il discorso è molto variabile e non c’è una regola fissa.

Cosa può fare la gente comune per sostenere queste associazioni come OTB? Chi gestisce tutto il sistema paralimpico?

Sicuramente molte associazioni possono avere la donazione del 5×1000 sulla dichiarazione dei redditi, quindi fanno pubblicità quando c’è quell’iniziativa. Per il resto le squadre vivono con gli sponsor, solitamente investitori privati che si fanno un po’ di pubblicità. La gente comune può seguire perché più ritorno mediatico c’è e più si vende, più sponsorizzazioni ci sono e più gli atleti vengono seguiti… aumentare il ritorno mediatico significa vedere gli atleti come dei veri e propri professionisti reali, sullo stesso piano dei normodotati. Anche perché, raggiungere quel livello, ti assicuro, significa avere chiuso mentalmente “il conto con la vita” altrimenti non riesci a tollerare tutto quell’impegno. Il sistema paralimpico viene gestito dal CIP, il quale è una branca del CONI. Infatti, quando i Paratleti vincono le medaglie, vengono poi premiati a Roma. La premiazione è uguale per tutti.

Il successo avuto dall’Italia nelle Olimpiadi di Tokyo 2020 può aiutare l’Italia nelle Paralimpiadi e le relative associazioni?

Sicuramente sì. Le Olimpiadi per i Paratleti sono ancora più importanti che per i normodotati perché è l’unica possibilità di visione globale che hanno. Solitamente, l’Italia nelle Paralimpiadi ha sempre fatto bene, ma quest’anno, con la straordinaria Olimpiade, avrà sicuramente una spinta in più per far bene e soprattutto far vedere che anche l’Italia paralimpica è allo stesso livello. A me piacerebbe inoltre che non esistessero solo delle realtà che si occupano di paralimpico, ma anzi, di squadre o polisportive (ovviamente di una certa dimensione ed entità) che abbiano sia la parte para sia quella normo. Guarda le squadre di calcio e vedi che nessuna ha una squadra paralimpica. È anche vero che è complicato perché devi andare a prendere tutte le categorie di disabilità; pertanto, non è solo una questione di età. Non è assolutamente una cosa semplice, ma pian piano la speranza è che molte associazioni, oltre all’attività giovanile dei normo, assumano sempre più anche attività per i disabili. Questo però significa avere istruttori adeguati e specializzati, avere gli spazi, avere i fondi eccetera. La cosa importante è che in Italia manca ancora, all’interno delle Università o dei Corsi di formazione, la formazione del personale paralitico. Ad esempio, se fossi un professore universitario metterei l’esame di sport paralimpici, poi ovvio che ti devi specializzare nella tua categoria. Non bisogna ridurlo soltanto a una visita di Fabrizio (Cornegliani) che racconta la sua esperienza personale. Quello va bene nelle scuole inferiori per insegnare l’esperienza di vita e la resilienza. Serve del materiale tecnico e su quello lavorare. Moltissimi tecnici, me compreso, si sono formati in completa autonomia vivendo le situazioni e imparando da quelle. Spesso sbagliando.