Buon compleanno blog

Buon compleanno Giovanibarnabiti.it

Come i medici, quando cercano di dare ai fanciulli il ripugnante assenzio, prima gli orli, tutt’attorno al bicchiere, cospargono col dolce e biondo liquore del miele, perché nell’imprevidenza della loro età i fanciulli siano ingannati, non oltre le labbra, e intanto bevano interamente l’amara bevanda dell’assenzio e dall’inganno non ricevano danno, ma al contrario in tal modo risanati riacquistino vigore; così io ora, poiché questa dottrina per lo più pare troppo ostica a coloro che non l’hanno coltivata, e il volgo rifugge lontano da essa, ho voluto esporti la nostra dottrina col canto delle Pieridi che suona soave, e quasi cospargerla col dolce miele delle Muse, per provare se per caso potessi in tal modo tenere avvinto il tuo animo ai miei versi, finché comprendi tutta la natura e senti a fondo il vantaggio.

Andrea Bianchini


Buon Compleanno Blog!

Eh si, uno non fa in tempo ad accorgersene e sono già passati due anni dalla nascita del blog.
Una piccola riflessione: perché vale la pena scrivere su questo spazio? Dal mio punto di vista ho notato che più si cresce più la vita lascia poco tempo per fermarsi a riflettere. Gli impegni, il lavoro, l’università e le scadenze occupano tutto il nostro tempo. Più si va avanti più si perde quello spirito adolescenziale di critica verso il sistema. Proprio perché si diventa il sistema. Personalmente quindi, scrivere i miei piccoli articoli mi serve proprio per poter prendere una pausa dall’asfissiante vita che la società ci impone. E in questa fase mi fermo a riflettere su ciò che faccio, perché lo faccio e cerco di esprimere e di ricordarmi cosa c’è di bello nell’essere un uomo di scienza. Sperando che le mie piccole riflessioni servano ai lettori per poter anche loro prendersi una pausa e fermarsi a riflettere per il gusto proprio del “fermarsi” e del “riflettere”.
Un caro saluto ai lettori!

Roberto Nava


 

Buon compleanno Giovanibarnabiti.it

Due anni fa ci eravamo promessi che saremmo stati originali e che non sarebbe stato un blog come tanti altri. La sfida era e resta quella di provare a riflettere insieme, di donarci i pensieri e le esperienze più profonde, di arricchirci a vicenda in nome di un amico comune, Gesù. Col carisma zaccariano e animati dal fervore paolino, esattamente due anni fa, ci siamo lanciati in questa nuova avventura. Abbiamo deciso che sarebbero stati i giovani a parlare ai giovani della fede, della carità, del mondo che cambia e dei punti fermi che cerchiamo, della felicità e della tristezza; abbiamo deciso di raccontarvi e di provare a comprendere insieme a voi, attraverso i racconti e le riflessioni, la vita e i sentimenti. Ci abbiamo provato e, affidandoci, stiamo continuando un percorso che ci auguriamo di proseguire insieme. Perché in fondo, a due anni si è piccoli, e la strada da fare insieme è ancora lunga!

Raffaelle Della Morte


 

Un ponte per la cultura, buon compleanno GiovaniBarnabiti.it

In un mondo in cui i mezzi di comunicazione sono tanti, ma ciò che manca sono i contenuti della comunicazione stessa, siamo chiamati, noi giovani, a raccogliere questa sfida: dimostrare che non siamo solo la “generazione dei social network”; pensieri, parole e inventiva non ci mancano e questo blog è l’occasione giusta per far vedere quanto abbiamo da offrire. Un ponte di idee per raccontare quelle che sono le esperienze e gli interessi dei Giovani Barnabiti attraverso un’unica rete e condividerle con un pubblico più ampio, è l’impegno che portiamo avanti da ormai 2 anni. Scrivere per il blog è stata per me una grande opportunità: fornire un punto di vista su ciò che accade nel piccolo delle nostre realtà barnabitiche e non solo, su temi di attualità e degni di interesse, costituisce importante motivo di riflessione, per me, ma anche per i lettori. Riflettere per il blog infatti, vuol dire riflettere per una realtà più grande del semplice io, ma soprattutto adoperare il web quale importante strumento di diffusione della cultura, non solo di intrattenimento. La cultura ha bisogno di nuova linfa vitale e se smettiamo di alimentarla finiremo col distruggere il pensiero, annegando in quella che è la futilità del “like”. Occorre tornare a leggere e guardare il mondo attraverso gli occhi curiosi di un bambino, per riscoprire l’informazione quale paradigma morale della vita sociale… in breve, leggete in nostro blog!

Pasqua Peragine


 

«Se s’insegnasse la bellezza alla gente, la si doterebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà, facendo sempre rimanere vivi la curiosità e lo stupore». Così scriveva Peppino Impastato nel combattere il male intorno a lui. Credo che le parole che con passione abbiamo cercato di scrivere e pubblicare in questi due anni, non ultime questi graditi auguri da alcuni nostri collaboratori, siano il migliore augurio di buon compleanno GiovaniBarnabiti.it.

Grazie a tutti, collaboratori e lettori

Preghiere o sanzioni?

In questa domenica (per le chiese latine di rito orientale) di Tutti i Santi,
e ciascun battezzato è santo,
vogliamo ricordare i santi martiri antichi e odierni,
viventi e defunti, del Medio Oriente
e ovunque siano perseguitati a causa del nome di Cristo!

Preghiamo con forte fede per costoro e affinché la petizione
presentata per chiedere la cessazione delle sanzioni in Siria, venga
accolta e sortisca l’effetto sperato: un sospiro, un sollievo al già
martoriato popolo siriano.

Preghiamo poi, ancora più fortemente per tutti i cristiani la cui
sofferenza e persecuzione è dimenticata dall’opinione pubblica e per
cui mai si redigerà e firmerà una petizione!

Diveniamo santi e da santi rechiamoci ad aiutare
ogni cristiano che soffre da solo
e non può immergersi nella piscina di Siloe,
aiutiamoli noi, da buoni cristiani
e coscienziosi cittadini del mondo!

Preghiamo per tutti costoro che ci precedono nella santità così dicendo:

Quali primizie della natura all’autore del creato,
la terra ti offre,
Signore, 
i martiri teofori.
Per le loro suppliche,
custodisci in pace la tua Chiesa,
il tuo popolo,
grazie alla Madre-di-Dio,
o ricco di misericordia.

Espiral de autodestruição

Folha 7

Algumas linhas de orientaç ão e acção. I

Após a análise da situação, mesmo dramática, o documento tenta “agora a delinear alguns grandes percursos de diálogo que nos ajuda a sair da espiral de autodestruição em que estamos afundando” (163).Mas esta perspectiva, que é parte da ampla discussão global deste século passado, pede a “nós os crentes de rezar a Deus pela evolução positiva das discussões atuais, para que as gerações futuras não sofram as consequências do atraso imprudente” (169). Esta oração já detém bons frutos: “Desde a metade do século passado, de fato, superarndo muitas dificuldades, se foi afirmando a tendência a conceber o planeta como pátria e a humanidade como um povo que habita em uma casa comum” (164). Como se pode ver, mesmo entre muitas dificuldades, o valor do bem comum, ou seja, “o conjunto daquelas condições da vida social que permitem seja aos grupos, como aos indivíduos singolarmente, de alcançar sua perfeição mais plena e facilmente” (GS 26 ), juntamente com uma maior atenção á pessoa, estão germinando.

Este capítulo aborda muitas questões, muito grandes, que não podemos, ter em mente: o acesso à água potável, a reorganização das fontes de energia, a governação dos oceanos, a utilização de fontes renováveis, a questão dos resíduos, a atenção ao peso sobre os países mais pobres, o peso das não-escolhas dos países mais ricos e poderosos. Mas a lógica que torna menos fáceis as decisões difíceis sobre o aquecimento global é a mesma que não permite de realizar a desenraizamento da pobreza (cf. 175). Na frente de tudo, é necessária “uma reação global mais responsável, que envolve lidar simultaneamente a redução da poluição e o desenvolvimento dos países mais pobres.” Perante esta necessidade, tem de ser revisto o papel das finanças e se entende como se torne a urgente uma nova política internacional, para evitar os problemas mais graves que acabam de bater todos (cf. 175. Vd. G XXIII, Pacem in Terris).

A este respeito, “a empresa, através de organizações não governamentais e associações intermediárias, deve exigir os governos a desenvolver regulamentos, procedimentos e controlos mais rigorosos. Se os cidadãos não controlam o poder político – nacional, regional, municipal – nem sequer é possivel um contraste dos danos ambientais. Por outro lado, as leis municipais podem ser mais eficazes se houver acordos entre populações vizinhas … “(179).

Esta meta requer uma jurisprudência renovada, mas também uma nova forma de fazer política. “Que um político assuma estas responsabilidades com os custos que implicam, não responde à lógica eficiêntistica e” imediatista “ da economia e da política atual, mas se tiver a coragem de fazê-lo, novamente vai reconhecer a dignidade que Deus lhe deu como pessoa e deixara’, depois da sua passagem nesta história, um testemunho de generosa responsabilidade … no entanto, é necessario reconhecer que os melhores dispositivos acabam sucumbindo quando faltam os grandes objetivos,os valores, uma compreensão humanística e significativa, capazes de dar a cada empresa uma abordagem nobre e generoso “(182) 1.

O problema da corrupção (182) e os “critérios para uma boa decisão de negócios: com que finalidade? Por quê? Onde? Quando? De que maneira? Quem é dirigido? Quais são os riscos? A que custo? Quem paga o custo? “(185) (vd. Rio dJ 1992) Convenção.

Claro, existem questões difíceis de resolver, “a Igreja não tem a pretensão de definir as questões científicas, nem de substituir-se à política, mas [eu] convido para fazer um debate honesto e transparente, porque as necessidades especiais ou as ideologias não afectem negativamente o bem comum “(188).

Depois de recuperar algumas questões financeiras que afetam o bem-estar dos mais pequenos, o Papa Francisco diz que “temos de nos convencer de que um certo abrandamento da produção e taxa de consumo pode resultar em um outro modo de progresso e desenvolvimento” (191). “É por isso que chegou a hora de uma certa diminuição em algumas partes do mundo” (193). “É simplesmente redefinir o progresso” (194)

 

Perguntas:

Acredita que o diálogo pode ajudar a encontrar boas soluções?

Alguma vez você já teve a experiência de diálogo com …?

Em sua atuação como um cidadão, assim como cristão, o bem comum é um valor inevitável? (E com esse o princípio da subsidiariedade?)

Como a oração ajuda-o a suportar as suas boas obras e uma boa vida?

Em seu plano de estudo há espaço para visões alternativas

Uscire dall’autodistruzione

Scheda 7,

Alcune linee di orientamento e di azione. I

Dopo l’analisi della situazione, anche drammatica, il documento prova «ora a delineare dei grandi percorsi di dialogo che ci aiutino a uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando» (163). Ma questa prospettiva, che si inserisce nelle ampie discussioni globali di questo ultimo secolo, chiede a «noi credenti di pregare Dio per gli sviluppi positivi delle attuali discussioni, in modo che le generazioni future non soffrano le conseguenze di imprudenti indugi»(169). Questa preghiera già porge buoni frutti: «Dalla metà del secolo scorso, infatti, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita in una casa comune» (164). Come si può notare, seppure tra molte fatiche, il valore del bene comune, cioè «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente» (GS 26), unitamente a una maggiore attenzione alla persona, stanno germinando.

Questo capitolo tocca molti temi, molto grandi, che non possiamo almeno tenere presente: l’accesso all’acqua potabile, la riorganizzazione delle fonti energetiche, la governance degli oceani, l’utilizzo di fonti rinnovabili, la questione dei rifiuti, l’attenzione al peso sui paesi più poveri il peso delle non scelte dei paesi più ricchi e potenti. Ma la logica che rende difficili decisioni drastiche riguardo il riscaldamento globale è la stessa che non permette di realizzare lo sradicamento della povertà (cf. 175).

Di fronte a tutto ciò è necessaria «una reazione globale più responsabile, che implica affrontare contemporaneamente la riduzione dell’inquinamento e lo sviluppo dei Paesi più poveri». Di fronte a tale esigenza va rivisto il ruolo della finanza e si comprende come diventi urgente una nuova politica internazionale, per prevenire i problemi più gravi che finiscono per colpire tutti (cf. 175. Vd. G XXIII, Pacem in Terris).

A questo proposito «la società, attraverso organismi non governativi e associazioni intermedie, deve obbligare i governi a sviluppare normative, procedure e controlli più rigorosi. Se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale, municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali. D’altra parte, le legislazioni municipali possono essere più efficaci se ci sono accordi tra popolazioni vicine…» (179).

Tale meta richiede una rinnovata giurisprudenza, ma anche un modo nuovo di fare politica. «Che un politico assuma queste responsabilità con i costi che implicano, non risponde alla logica efficientista e “immediatista” dell’economia e della politica attuale, ma se avrà il coraggio di farlo, potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e lascerà, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa responsabilità… Tuttavia bisogna riconoscere che i migliori dispositivi finiscono per soccombere quando mancano le grandi mete, i valori, una comprensione umanistica e ricca di significato, capaci di conferire a ogni società un orientamento nobile e generoso» (182)[1].

Il problema della corruzione (182) e i «criteri per una buona scelta imprenditoriale: per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali i rischi? A quale costo? Chi paga le spese?» (185) (vd. Convenzione di Rio dJ 1992).

Certo, ci sono questioni di difficile soluzione, «la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma [Io] invito a un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune» (188).

Dopo avere ripreso alcune questioni finanziare che ledono il bene dei più piccoli, papa Francesco afferma che «dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo» (191). «Per questo è arrivata l’ora di una certa decrescita in alcune parti del mondo» (193). «Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso» (194)

 

Domande:

Ritieni che il dialogo possa aiutare a trovare soluzioni buone?

Hai mai fatto esperienza di dialogo con…?

Nel tuo agire da cittadino, oltre che da cristiano, il bene comune è un valore ineludibile? (e con esso il principio della sussidiarietà?)

Quanto la preghiera ti aiuta a sostenere le azioni buone e una tua vita buona?

Nel tuo piano di studio c’è spazio per approfondimenti alternativi?

[1] Sulla politica e il principio di sussidiarietà, vedi anche 196.197.198.228ss.

Victoria. Di cinema si scrive e si impara.

Un paio di settimane fa, per un esame universitario, mi sono trovato a dover girare un cortometraggio. Tralascio i dettagli sulla storia e sulle location in quanto non credo siano utili ai fini di questa recensione. Quello su cui però vorrei dare un hint è lo stile della regia: io e il mio compagno di classe abbiamo deciso di creare un prodotto in one-shot. Cos’è?
Nel gergo cinematografico, un one-shot movie è un film girato esclusivamente con una sola macchina da presa senza tagli di montaggio dall’inizio alla fine. Questo per dire che tutta la storia si svolge continuamente, senza interruzioni, e che per qualsiasi piccolo errore si deve ricominciare da capo.
Il nostro corto durava quattro minuti. Sapete quanto ci abbiamo messo per girarlo? Nove ore.
Ora, a fronte di questa piccola introduzione – tenendo anche conto che Nicklas e io non siamo professionisti e che l’abbiamo fatto in pieno giorno in una zona nemmeno troppo centrale di Copenhagen – provate a immaginare cosa possa aver significato per Schipper, Grøvlen e compagnia bella, dirigere un one-shot crime drama di 2 ore e 18 minuti all’alba in un quartiere di Berlino incentrato su una ragazza spagnola di nome Victoria che si trova semi-involontariamente coinvolta in un progetto portato avanti da quattro ragazzi del posto. (Non vi anticiperò altro).
Fatto?

Sono di parte, in quanto sfide fotografiche del genere mi fanno venire la pelle d’oca solo a sentirne parlare, lo ammetto.
Se dovessi essere anche un po’ critico direi che la storia non mi ha entusiasmato più di tanto, che ci sono un po’ di buchi narrativi qua e là, che a tratti non regge e alcuni personaggi sono poco credibili – certo, se Pirandello o Brecht fossero ancora vivi loro sì che saprebbero cosa fare!
Posso anche buttare giù un «Che finale improbabile».
Ma se penso alla fotografia… mi viene da rabbrividire.
Se penso alla musica, composta da nientemeno che Nils Frahm, musica che qui svolge una funzione archetipale di deus ex machina, quasi ritorno afono dall’emozione (Nils Frahm, un dio tedesco dell’elettronica che quando il sottoscritto ha visto/sentito live non è più riuscito a proferire parola dallo stupore per il paio d’ore successive).
Se penso alla recitazione (e qui salvo quasi solo Frederick Lau) mi ritornano i brividi.

Victoria è un film fatto e finito, con un potenziale immenso e l’unica sfortuna di aver avuto tre scrittori – lo stesso Schipper, Neergaard-Holm e Schulz, al loro primo copione – colpevoli di scarsa concentrazione nel riempire quelle lacune sceneggiatoriali che hanno degradato un prodotto potenzialmente ottimo a “must-see”. Purtroppo.
In ogni caso, lacune o non lacune, io consiglio di reperirlo e di vederlo.
Non sarà un’esperienza così intensa come quella che avreste potuto avere al cinema, perché Victoria è un film che va visto su grande schermo con Nils Frahm in Dolby Surround e Lau in 1080p. Su questo non si discute.
Tuttavia, Pirandello e Brecht non ci sono più.

Fabio Greg Cambielli

Dio a modo mio

Pubblichiamo volentieri un intervento di Roberto Lagi, Laico di san Paolo, sui giovani con l’augurio possa suscitare qualche discussione.

GIOVANI A MODO MIO. La transizione difficile

In questi giorni ho letto un libro pubblicato da Vita e Pensiero che contiene i risultati di una ricerca dell’Università Cattolica di Milano: Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia (P. Bignardi, R. Bichi e altri a.c., 2015). Vorrei sintetizzare alcuni argomenti emersi e riassunti dall’autrice nelle conclusioni (pp. 173).

  1. L’attuale generazione dei giovani di oggi dal punto di vista religioso, è al confine tra due generazioni: quella di un passato che non c’è più e di un futuro che non c’è ancora… Sono una “generazione di mezzo”, potremmo anche definirla “interstiziale”, collocati storicamente tra un modello culturale tipico del passato, tradizionale-istituzionale, a cui sono stati, dolenti o nolenti, socializzati nella maggioranza dei casi, e un modello culturale presente, emergente e de-istituzionalizzato, che si sta diffondendo proprio in questi anni. Quest’ultimo, concedendo maggiore libertà all’individuo e rifiutando di esercitare la normatività tipica del modello tradizionale, apre la strada tra i giovani a nuove modalità di vivere la fede, più personali, meno “convenzionali”, seppur “autentiche e consapevoli”. Il loro è il travaglio di chi soffre il venir meno di un modello percepito come inadeguato e insoddisfacente e per questo respinto, e vorrebbe trovare un modo nuovo di vivere il rapporto con Dio, la ricerca di un’autenticità di vita, la strada verso la speranza e la felicità. Conoscono le forme della religiosità del passato, istituzionali, tradizionali, definite: le hanno ricevute dal catechismo, dall’oratorio, in famiglia, dai nonni. Ma non sanno come quelle possano rispondere alle domande che essi portano dentro di sé, esigenti e inedite; le tracce di un modo diverso di vivere la fede si fanno strada dentro di loro a fatica. Percorso difficile e rischioso, anche perché spesso vissuto in solitudine, talvolta in compagnia di adulti che vorrebbero continuare ad essere i maestri per un tempo che non c’è più.
  2. Da queste premesse una serie di ulteriori considerazioni. Intanto la confusione fra la fede e l’etica: spesso essere cristiani coincide con un’etica identificata con i dieci comandamenti o, per alcuni, con il detto “ama il prossimo tuo come te stesso”.
  3. I giovani vedono la Chiesa cattolica come Istituzione, raramente hanno un ricordo gioioso della loro iniziazione cristiana: La formazione ricevuta da bambini ha generato in loro un’idea di vita cristiana piena di obblighi e divieti, di impegni che hanno poco a vedere con la voglia di vivere e con le domande tipiche della loro età.
  4. Inoltre: Questi giovani hanno acquisito un’idea piuttosto esteriore di vita cristiana, con poca anima e soprattutto priva della percezione che l’essere cristiani ha a che fare con Gesù Cristo e con il Vangelo.
  5. Da ciò deriva che i giovani hanno una visione della vita cristiana rigida, definitiva e senza tempo, dentro la quale non trovano posto le domande personali o la sensibilità che soggettivamente vorrebbe reinterpretare il senso della fede. Da questo modo di credere essi prendono le distanze, abitando lo spazio dell’esperienza cristiana in modo soggettivo e individualistico, quello che il titolo della ricerca definisce “Dio a modo mio”.
  6. Non che ai giovani manchi un anelito di infinito, un’apertura al divino, il problema è che: a un modello pastorale tutto orientato a comunicare una visione della vita o a proporre una serie di impegni andrebbe oggi sostituito un modello impostato sul dialogo: un dialogo vero, che è scambio, ascolto profondo, personalizzazione dell’annuncio e accompagnamento a collocare le ragioni della fede dentro percorsi personali, originali e irripetibili, cosa che purtroppo difficilmente si realizza.

Concluderei riportando ancora una frase della Bignardi: Educare i giovani alla fede significa consegnare loro la fede così come noi adulti l’abbiamo vissuta? O piuttosto mettere nel loro cuore l’essenziale, insieme ad una passione che dia il desiderio e la volontà di reinterpretarlo per il loro tempo, nel loro tempo? …. Vi è un intreccio molto stretto tra le generazioni: i più giovani imparano dalla testimonianza degli adulti che cosa significhi credere; ma il loro apprendimento non è passivo. Mai come oggi esso è critico, attento a discernere, ad accogliere ma anche a rifiutare. In questo i giovani, mostrandoci le inautenticità dei nostri percorsi, ci costringono ad aprirci alla novità e al futuro. Resistere a questa esigenza avrà come esito non solo lo smarrimento delle nuove generazioni, ma l’inaridimento della generazione adulta. Che resterà pateticamente superata, gente di altri tempi, testimoni di un cristianesimo che non sa cercare e intuire i segni del tempo e pertanto non riesce a stare dentro la vita.

In Atti 1,8 il Risorto invia i discepoli dicendo: avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra. Testimone non è, in questo contesto, colui che si limita a parlare di ciò che è accaduto, ma chi testimonia con la propria vita l’autenticità di ciò che dice e questo in ogni tempo e luogo.

Sapremo essere anche oggi dei veri testimoni del Risorto soprattutto per i giovani?

Roberto Lagi, Fiesole

Un perfetto sconosciuto non per i nostri giovani

Un perfetto sconosciuto se non addirittura «un prigioniero di lusso»: ecco cos’è lo Spirito Santo per i molti cristiani ignari che è lui a «muovere la Chiesa», portandoci a Gesù, e a renderci «reali» e «non virtuali». Queste le parole di papa Francesco in questi giorni che ci preparano alla festa di Pentecoste.

Non così però per i tanti Giovani Barnabiti sparsi per le nostre comunità in Italia. Infatti, proseguono gli incontri di preghiera e riflessione in preparazione alla festa di Pentecoste 2016. Dopo Milano, Roma, San Felice oggi tocca ai giovani volontari del Denza di Napoli.

Pur restando nelle proprie diverse città tutti i nostri giovani stanno meditando sull’ “impresa” che lo Spirito santo ha cominciato in loro grazie al carisma di S. Antonio M. Zaccaria (L VI). C’è un’impresa della vita che ogni uomo è chiamato a scoprire e vivere da solo o in compagnia dello Spirito santo.

Lo Spirito santo non ci lascia soli, evidenza il nostro SAMZ; lo Spirito santo stimola la nostra memoria perché possiamo continuare a costruire la storia in cui siamo stati posti; lo Spirito santo invita ognuno di noi a creare il domani con la nostra creatività e libertà.

Illuminati da queste indicazioni i nostri Giovani Barnabiti stanno “affocando” le proprie città anche con l’impegno di invocare ogni giorno «Vieni Spirito santo e soffia su di noi!», per una rinnovata effusione che sarà capace di riformare l’impresa cominciata dal nostro SAMZ.

Grazie cari giovani

Giannicola M.

Il cielo nella coscienza

Viviamo oggi una delle feste cristiane più particolari e delicate da comprendere perché riassume tutto il movimento della proposta di Dio per la nostra salvezza: la festa dell’Ascensione di Gesù.

Infatti, la crocefissione ha ancora un che di umano e comprensibile; la resurrezione ci costa un po’ più di fatica, ma in un certo senso ci fa anche “piacere” credere in un Dio che fa qualche cosa di differente. Ma l’Ascensione va completamente al di là del bisogno di concretezza che sempre abbiamo, che contrasta con la nostra idea dell’al di là, del dopo la morte. Dobbiamo invece convincerci che questo è il mistero riassuntivo di tutta la vita di Gesù.

Volere capire tutto è una pretesa di onnipotenza che toglie a Dio la possibilità di essere Dio: sapere che non possiamo comprendere tutto ci aiuta a voler camminare ancora, ci aiuta a voler cercare ancora, ci aiuta a scoprire che Dio ci vuole bene proprio è più grande di noi.

Ma come riconosciamo e verifichiamo questa grandezza?

Forse perché egli sale al cielo? Perché si allontana da noi in un luogo irraggiungibile? Perché state a guardare il cielo? Questo Gesù ritornerà come vi ha promesso (leggiamo nel Vangelo). Il cielo.

Il cielo non è tanto ciò che c’è sopra di noi; il cielo è il segno della grandezza di Dio, del suo amore. E dove è il luogo, lo spazio dell’amore di Dio se non la coscienza dell’uomo?

Contemplare che Gesù sale al cielo significa riconoscere che egli ama abitare nel vero tempio di Dio che è la coscienza di ogni uomo; il cristiano è colui che per rivelazione dello Spirito santo riconosce e comprende che Gesù abita in Dio nella sua coscienza e nella coscienza parla all’uomo come a un amico!

Perché Gesù ascende al Padre, nella coscienza dell’uomo? Per insegnarci ad andare verso il Padre, per portarci verso il Padre suo e Padre nostro.

Quel Dio che Mosè non poteva vedere nel volto, questo Dio ora si è fatto amico dell’uomo nel volto di Gesù che chiede di abitare in noi e così ci prepara al suo ritorno. Il mistero dell’Ascensione infatti non è il mistero di Gesù che scappa, ma l’opportunità per imparare a vivere con fervore nell’attesa del suo ritorno definitivo.

La domanda che emerge è perciò: come attendo questo ritorno di Gesù, della gloria di Dio?

Non guardando il cielo, ma vivendo una vita “affocata” dell’amicizia con Gesù, nella testimonianza tra gli uomini. Stavano nel tempio lodando Dio. Nell’attesa della potenza di Dio, lo Spirito santo.

Qui è un’attesa di preghiera, ma non una preghiera passiva, bensì una preghiera che introduce alla conoscenza e alla testimonianza.

La conoscenza.

Nell’Ascensione noi entriamo in contatto con tutti i misteri della vita di Gesù, riconosciamo la sua preesistenza. Dobbiamo ricordarci della sua eternità se vogliamo entrare nell’eternità. L’Ascensione è la porta da aprire per fare entrare Dio in noi: quanto apriamo questa porta?

La testimonianza.

Si è amici di Dio perché fissiamo Gesù nel volto di tutte le povertà del mondo, povertà che chiedono di essere redente, superate, eliminate.

Il mistero dell’Ascensione è necessario non solo per poter ricevere il dono dello Spirito santo, ma perché impariamo a essere portatori dello Spirito santo nel mondo.

Il mistero dell’Ascensione non è il mistero dei tiepidi, ma dei credenti infuocati dallo Spirito santo per annunciare a tutti che Gesù è vivo per noi, che Gesù agisce in noi, che Gesù tornerà per raccoglierci in un’unica famiglia.

Si crea una catena di comunione e di amore tra Dio e noi, tra noi e l’umanità.

Dobbiamo rinnovare la celebrazione di questa festa, è una festa per tutta la Chiesa, per tutti gli uomini; è la festa della consolazione per la Chiesa, per noi, per gli uomini tutti; è una festa non solo per oggi, ma per tutto l’anno.

Preghiera per Aleppo

In questa speciale domenica dedicata alla preghiera
per la pace urgente in Aleppo, Siria,
ed ovviamente ovunque essa sia necessaria,
facciamo nostre le parole della Chiesa
per chiedere a Cristo di salvare i suoi perseguitati
in Aleppo e in tutto il mondo
e lo facciamo rivolgendoci
al suo diletto amico del cuore,
San Giovanni Evangelista
di cui oggi facciamo la memoria:

Apostolo amato dal Cristo Cristo Dio,
affrettati a liberare
il popolo senza difesa:
ti accoglie prostrato ai suoi piedi,
colui che ti ha accolto
quando ti appoggiavi al suo petto,
supplicalo,
o teologo,
e disperdi l’insistente turba delle  nazioni, chiedendo per noi la pace
e la grande misericordia.

Preghiamo con fede,
certi che il Signore ci ascolterà!