Cari confratelli e amici,

eccoci ancora alle “prese” con la festa della conversione del nostro Paolo santo.

Vi proponiamo di “incontrarci” via web lunedì 25 dalle ore 20.30 alle ore 21.30 per ragionare e pregare insieme sull’esperienza di misericordia che ha operato in Paolo. Come ben capite non è possibile trovare un orario uguale per tutti, quindi dobbiamo cercare di fare qualche piccolo sforzo o, se preferiamo, inviarci un piccolo video da trasmettere durante la diretta.

Per collegarci siete invitati ad avvisarmi per tempo via mail e, entro poche ore dalla diretta, clickare il link www.giovanibarnabiti.it/stpaulonair così da ricevere i codici di accesso alla diretta (senza codici potrete vederci ma non intervenire).

 

Per prepararci in modo adeguato alla discussione via web possiamo tenere come punto di riferimento la prima lettera di san Paolo a Timoteo:

[1Tim 1,12]Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al mistero: 13io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; 14così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.

15Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. 16Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.

17Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Quindi quanto leggiamo in papa Francesco, messaggio per la pace 2016:

«La misericordia è il cuore di Dio. Perciò dev’essere anche il cuore di tutti coloro che si riconoscono membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli; un cuore che batte forte dovunque la dignità umana – riflesso del volto di Dio nelle sue creature – sia in gioco. Gesù ci avverte: l’amore per gli altri – gli stranieri, i malati, i prigionieri, i senza fissa dimora, perfino i nemici – è l’unità di misura di Dio per giudicare le nostre azioni. Da ciò dipende il nostro destino eterno. Non c’è da stupirsi che l’apostolo Paolo inviti i cristiani di Roma a gioire con coloro che gioiscono e a piangere con coloro che piangono (cfr Rm 12,15), o che raccomandi a quelli di Corinto di organizzare collette in segno di solidarietà con i membri sofferenti della Chiesa (cfr 1 Cor 16,2-3). E san Giovanni scrive: «Se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui?» (1 Gv 3,17; cfr Gc 2,15-16)».

Invece in Misericordiae Vultus leggiamo:

«Il richiamo che Gesù fa al testo del profeta Osea – « voglio l’amore e non il sacrificio » (6,6) – è molto significativo in proposito. Gesù afferma che d’ora in avanti la regola di vita dei suoi discepoli dovrà essere quella che prevede il primato della misericordia, come Lui stesso testimonia, condividendo il pasto con i peccatori. La misericordia, ancora una volta, viene rivelata come dimensione fondamentale della missione di Gesù. Essa è una vera sfida dinanzi ai suoi interlocutori che si fermavano al rispetto formale della legge. Gesù, invece, va oltre la legge; la sua condivisione con quelli che la legge considerava peccatori fa comprendere fin dove arriva la sua misericordia.

«Anche l’apostolo Paolo ha fatto un percorso simile. Prima di incontrare Cristo sulla via di Damasco, la sua vita era dedicata a perseguire in maniera irreprensibile la giustizia della legge (cfr Fil 3,6). La conversione a Cristo lo portò a ribaltare la sua visione, a tal punto che nella Lettera ai Galati afferma: « Abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge » (2,16). La sua comprensione della giustizia cambia radicalmente. Paolo ora pone al primo posto la fede e non più la legge. Non è l’osservanza della legge che salva, ma la fede in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione porta la salvezza con la misericordia che giustifica. La giustizia di Dio diventa adesso la liberazione per quanti sono oppressi dalla schiavitù del peccato e di tutte le sue conseguenze. La giustizia di Dio è il suo perdono (cfr Sal 51,11-16).

«21. La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere. L’esperienza del profeta Osea ci viene in aiuto per mostrarci il superamento della giustizia nella direzione della misericordia. L’epoca di questo profeta è tra le più drammatiche della storia del popolo ebraico. Il Regno è vicino alla distruzione; il popolo non è rimasto fedele all’alleanza, si è allontanato da Dio e ha perso la fede dei Padri. Secondo una logica umana, è giusto che Dio pensi di rifiutare il popolo infedele: non ha osservato il patto stipulato e quindi merita la dovuta pena, cioè l’esilio. Le parole del profeta lo attestano: « Non ritornerà al paese d’Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi » (Os 11,5). Eppure, dopo questa reazione che si richiama alla giustizia, il profeta modifica radicalmente il suo linguaggio e rivela il vero volto di Dio: « Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira » (11,8-9). Sant’Agostino, quasi a commentare le parole del profeta dice: « È più facile che Dio trattenga l’ira più che la misericordia ».[13] È proprio così. L’ira di Dio dura un istante, mentre la sua misericordia dura in eterno.

«Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge. La giustizia da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo ad essa rischia di distruggerla. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono. Ciò non significa svalutare la giustizia o renderla superflua, al contrario. Chi sbaglia dovrà scontare la pena. Solo che questo non è il fine, ma l’inizio della conversione, perché si sperimenta la tenerezza del perdono. Dio non rifiuta la giustizia. Egli la ingloba e supera in un evento superiore dove si sperimenta l’amore che è a fondamento di una vera giustizia. Dobbiamo prestare molta attenzione a quanto scrive Paolo per non cadere nello stesso errore che l’Apostolo rimproverava ai Giudei suoi contemporanei: «Ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede» (Rm 10,3-4). Questa giustizia di Dio è la misericordia concessa a tutti come grazia in forza della morte e risurrezione di Gesù Cristo. La Croce di Cristo, dunque, è il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perché ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova».

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