Il 15 Maggio scorso padre Giannicola mi chiese di scrivere un pensiero sul viaggio che stavamo per intraprendere verso Mérida (Mexico); mancavano 3 mesi e non riuscivo nemmeno a immaginare ciò a cui sarei andato incontro. Nel testo scrissi che avrei sfruttato l’occasione per diventare una persona migliore e altre “frasi fatte” simili, non potendo veramente concepire quanto questa esperienza mi avrebbe cambiato.
“Il Messico non è un paese, ma uno stato mentale”, così uno dei confratelli Barnabiti, padre Miguel, ci ha descritto il paese in cui egli da qualche anno presta servizio. Noi abbiamo avuto la fortuna di poter verificare quanto realistica sia quella affermazione.
Durante l’esperienza, infatti, siamo riusciti ad abbattere ogni barriera culturale e linguistica che si è posta sul nostro cammino; abbiamo iniziato giocando con i bambini, che sono il futuro e il motore del mondo, e proprio per questo sono i primi a cui bisogna prestare attenzione. Poi il legame si è esteso anche alle famiglie che ci hanno invitato nelle loro case, raccontato le loro storie, fatto assaggiare i piatti tipici e aiutato a comprendere quella che a noi si è presentata come una realtà utopistica.
Difatti ogni persona che abbiamo incontrato a Merida, qualsiasi cosa succedesse, era sempre pronta ad aiutarti e a darti tutto ciò che poteva, anche se, di materiale, non possedeva niente. Questo è il motivo per cui ognuno di loro avrà sempre un posto nel mio cuore.
Prima di partire dissi che ero pronto a migliorare come persona, dando per scontato che il processo sarebbe avvenuto per merito mio. Ad oggi, rientrato a casa, con la volontà e l’intenzione di ritornare il prima possibile, sono invece convinto di essere riuscito a raggiungere questo “obiettivo” soltanto grazie all’amore e alla dedizione che tutte le persone che ho incontrato in questo viaggio hanno messo a mia disposizione. In primis padre Giannicola che si è fatto carico di organizzare e unire i ragazzi italiani con cui sono partito; poi padre Stefano che ci ha fatto conoscere la vita del carcere e padre Miguel tramite il quale abbiamo organizzato il “campamento” che ci ha permesso di conoscere dei bambini stupendi; quindi gli animatori messicani, che sempre hanno fatto di tutto per farci sentire a casa, riuscendo pienamente nel loro intento; infine “mamma” Yanely con marito e i loro 5 figli, che hanno accolto 8 persone in casa sua come se fosse la cosa più comune del mondo, mettendosi al nostro servizio per ogni necessità.
Non so se sarà mai possibile tornare e non so se altre esperienze del genere, una volta fatta la prima, mi cambieranno e colpiranno con lo stesso impatto però, quel che è certo, è che dopo queste due settimane sono pronto a rimettermi in gioco ogni qualvolta sarà possibile pur di aiutare chi vive in condizioni meno fortunate delle mie.
Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile e mi hanno accompagnato in questa fantastica esperienza con l’augurio di rivederci ancora per non dimenticare mai quanto passato insieme.
¡Viva Mexico!
Michele L. – Bologna