The Neon Demon

Beautiy isn’t everything. It’s the only thing.

Non è una coincidenza che abbia diviso Cannes.
Non è nemmeno un caso che la maggior parte dei fan storici si sia schierata contro.
Non li biasimo. È possibile che si siano sentiti traditi, perché abituati a tutt’altro
Refn. E un po’, lo ammetto, mi sono sentito tradito anche io.
The Neon Demon, l’ultimo lungometraggio franco-danese-americano di Nicolas
Winding Refn, presentato in concorso a Cannes, convince fino a un certo punto.
L’ho visto con un amico il giovedì di prima in un cinema della Capitale e sono uscito
dalla sala due ore dopo non senza qualche riflessione.
Jesse è un’aspirante modella senza genitori e – apparentemente – senza passato, che dalla Georgia si trasferisce in un motel nei sobborghi di Los Angeles per seguire il suo sogno. Farà alcune amicizie, giuste o sbagliate che siano, che la guideranno in quel mondo fino alla fine.
Si parte quindi da un’idea in sé parecchio debole, che ha del “già visto” e “già raccontato”. E le recensioni così poco entusiaste ne danno adito.
Refn è colui che si era costruito una fama come narratore di storie dure e violente con protagonisti uomini la cui esistenza veniva portata a confrontarsi con un mondo in cui la redenzione totale era impossibile; basti pensare a Pusher (1996) o Bronson (2008). The Neon Demon non vorrebbe prendere le distanze da questi titoli, ma in realtà la lontananza è abnorme, misurabile in chilometri.

L’intro convince da subito, e i primi dieci minuti sono oro per ogni studente di cinema e non. Dall’undicesimo minuto, però, inizia un costante calo che cresce e rovina tutto. Fino alla fine.
La fotografia rimane buona, dove praticamente la totalità delle riprese si palesa con una cura e un’attenzione al dettaglio sopra la media. Ciò che però maggiormente infastidisce non è tanto la ricerca di un estetismo e di simbolismi spesso fini a sé stessi, quanto piuttosto la misoginia che sottende l’intero evolversi della vicenda che (va sottolineato) Refn ha girato in ordine cronologico, concedendosi quindi la possibilità di apportare variazioni giornaliere alla sceneggiatura.
Stupisce l’innervata negatività di sguardo che disamina il sesso femminile come profondamente cinico, dove l’amore e l’amicizia sono concetti che non hanno ragione di sussistere. Una negatività che non ha complessità, e quindi superficiale.
Refn, Mary Laws e Polly Stenham – che quella sceneggiatura l’hanno composta con lui giorno per giorno – scrivono un film sulla bellezza, un “horror senza horror”, alla ricerca di quel quid che non troveranno.

Andate a vedere The Neon Demon se e solo se:

  1. Siete dei fan sfegatati di Refn
  2. Non c’è nient’altro da andare a vedere al cinema

Se non incontrate questi due parametri, allora risparmiate i soldi del biglietto e aspettatelo in chiaro. E per sentirvelo “dire” da me…

GreggFC

La crisi dell’Europa e san Benedetto

Crisi è la parola che più ricorre pensando all’Europa oggi.

Crisi significa anche opportunità, opportunità di guardare oltre le macerie e le fatiche.

Oggi 11 luglio 2016 la Chiesa celebra San Benedetto da Norcia, patriarca del monachesimo occidentale ma anche Patrono principale dell’Europa.

Ricordare san Benedetto significa accendergli una candela perché il suo percorso religioso possa continuare a illuminare la nostra storia. La vera devozione infatti è quella di saper discernere quegli insegnamenti dettati da un’epoca perché la trascendano e possano guidare l’oggi.

Benedetto ha vissuto il travaglio della caduta dell’impero romano, della sua politica, della sua cultura e, con il suo ora et labora ha aiutato quell’epoca a traghettare verso il domani in molti dei suoi ambiti: politico, culturale, religioso, sociale.

Con Spirito illuminato papa Paolo VI scelse quest’uomo come patrono principale del nostro continente quando i traumi delle grandi guerre del secolo scorso cominciavano ad allontanarsi, ma non ancora a spegnersi come dimostrerà la storia successiva.

I momenti di crisi, causata dal corso della Storia ovvero dalla miopia egoistica dei popoli, come nella situazione attuale, accadono e distruggono. In queste crisi può accadere anche la possibilità di affrontare con sapienza e speranza il futuro.

Benedetto ci indica la possibilità di ridare un’anima e un valore alle cose che viene loro dall’azione dello s(S)pirito che aleggia continuamente sull’universo desideroso sempre di piste sulle quali “atterrare”!

Una di queste piste è sicuramente quella di ritornare ai Padri dell’Europa e al loro progetto non solo ideale o meramente economico di Unione Europea.

C’è bisogno di recuperare una paternità se vogliamo capire la strada da percorre per affrontare le molte inadempienze dei politici, le preoccupazioni spesso egoistiche di molti cittadini, le sfide della globalizzazione i sogni e la vita delle nuove generazioni.

Alla base dell’attuale Unione Europea prima ancora di questioni economiche nella mens dei Padri Fondatori, K. Adenauer, R. Schumann e A. De Gasperi c’è stata una idea di persona e di persone chiamate a vivere insieme. Una vita comune animata dalle anime greco-latina, giudeo-cristiana e germanica. Un incontro di popoli con identità diverse quindi con necessari cammini diversificati nei tempi, nelle possibilità di nuove tappe, ma anche di passi indietro. Di queste persone che hanno combattuto per un’Europa di popoli bisogna essere fieri ancora oggi. Come affermava il cardinale di Westminster, deciso sostenitore del “remain”: «We need to grasp again our basic sense of purpose» (Dobbiamo di nuovo cogliere il senso di fondo del nostro scopo).

Accendendo una candela a san Benedetto dobbiamo imparare – come scrive nella sua regola – a cingere i nostri fianchi con la fede e le buone opere per poter un domani abitare nei padiglioni del suo regno.

Ma la prima opera è proprio quella di studiare il passato, capire il presente e costruire il futuro se vogliamo cogliere l’opportunità di questa crisi.

 

Giannicola M. Simone

Obiettivo raggiunto, pedofilia e preti

A proposito di pedofilia e chiesa mi pare corretto pubblicare questa riflessione del nostro p. Giovanni M. Scalese, dal suo blog http://querculanus.blogspot.it/2016/07/obiettivo-raggiunto.html

È dei giorni scorsi la notizia che nella diocesi di Montreal in Canada, da settembre, i sacerdoti non potranno più avvicinarsi da soli ai bambini: potranno farlo solo alla presenza di un testimone (qui). Si tratta di una decisione ecclesiastica, non civile: la diocesi, evidentemente stremata per i risarcimenti milionari pagati per le cause di abusi, cerca ora di coprirsi le spalle. Si può quindi anche comprendere il provvedimento; ma ciò non toglie che esso provochi ugualmente una grande tristezza. Praticamente, la grande campagna mediatica contro i preti pedofili — che ebbe il suo culmine nel 2010, proprio durante l’Anno sacerdotale, e che sembrava essersi attenuata con l’avvento del nuovo pontificato — ha conseguito il risultato che si proponeva, quello di screditare in maniera generalizzata e definitiva il clero cattolico. Ormai, diciamocelo chiaramente, tutti — e sottolineo tutti, anche i cattolici più tradizionalisti — sono convinti che i preti — tutti, senza eccezione — sono dei pedofili. Per carità, si può anche nutrire stima e rispetto per alcuni preti, specialmente per quelli che si conoscono personalmente; ma nel fondo rimane la convinzione, o perlomeno il sospetto, che anche quei preti, che tu conosci e stimi, sotto sotto siano dei pedofili come gli altri. Ora, finché si tratta del giudizio, per quanto ingiusto, che la gente nutre sul nostro conto, può dispiacere; ma possiamo anche accettarlo, in spirito di penitenza, come la croce che ci tocca portare in questo tempo in cui viviamo. Il vero problema è un altro. Il problema è che in questo modo nessun prete oserà più avvicinarsi ai bambini e ai giovani in generale; si limiterà a fare un lavoro d’ufficio, molto meno rischioso. Lo accuseranno forse di essersi ridotto a fare il burocrate; ma almeno non potranno più accusarlo di essere un pedofilo. Voi capite però che questa sarà (o meglio, in molti luoghi, è già stata) la fine di tutte le attività giovanili della Chiesa. Il problema non è tanto il sacramento delle Penitenza: per questo, basta tornare all’uso dei vecchi confessionali, con tanto di grata (se li avevano inventati, ci sarà pure stato un motivo…) in chiesa, sotto gli occhi di tutti; e il problema è risolto. Il problema sono tutte le attività pastorali che vedevano il prete in mezzo ai giovani. Magari potevano essere anche considerate attività poco qualificate, una perdita di tempo; ma avevano comunque un profondo valore educativo e costituivano pur sempre una presenza capillare della Chiesa nella società. E chi si sognerà più di avere il gruppo dei chierichetti o degli scout, o di fare l’oratorio, o di organizzare una gita, una vacanza o un campo-scuola? D’ora in poi, il prete si limiterà a celebrare la Messa; il catechismo per la prima Comunione lo farà fare alle mamme; i giovani, una volta terminato il catechismo, non metteranno più piede in parrocchia e non avranno più alcuna occasione di incontrare un prete nella loro vita. E poi ci si lamenterà (sta già avvenendo) che i giovani sono abbandonati, che non hanno più punti di riferimento, che crescono senza valori, ecc. ecc. È esattamente quel che volevano quanti hanno promosso la martellante campagna contro gli abusi del clero. Credete che avessero a cuore le vittime? Se così fosse stato, si sarebbero interessati anche alla pedofilia diffusa in altre confessioni religiose, nella famiglia, nella scuola, nello sport e, soprattutto, alla pedofilia d’alto bordo (rock star, registi, musicisti, parlamentari, ministri, capi di stato e di governo…); e invece no, di quella pedofilia non interessava niente a nessuno. In quei casi non c’erano vittime da difendere; in quei casi si poteva tranquillamente coprire, occultare, insabbiare (basti pensare alla BBC…). Al massimo, quando la notizia veniva a galla e non poteva più essere ignorata, si trattava del caso singolo (come è giusto che sia); nessuno si sognava di criminalizzare la categoria. Quel che fa riflettere poi è che, contemporaneamente alla campagna contro gli abusi del clero, è stata portata avanti un’altra campagna, quella per i “diritti civili”, tra i quali prima o poi si arriverà a comprendere anche la pedofilia. Ha già iniziato a farsi sentire qualche voce sommessa per rivendicare il diritto dei minori ad avere una propria sessualità… In alcuni paesi sono stati addirittura fondati dei partiti politici che si propongono la legalizzazione della pedofilia. C’è qualcosa che non torna: si va verso lo sdoganamento della pedofilia e, allo stesso tempo, essa costituisce un motivo di criminalizzazione per il clero. C’è una sola spiegazione: evidentemente la pedofilia era solo una scusa: l’obiettivo vero era colpire la Chiesa, impedirle di svolgere liberamente la sua missione e così scristianizzare la società. Obiettivo raggiunto.

Giovanni Scalese, CRSP, Kabul

SAMZDAY2016

SAMZday 2016

Cari amici giovani e meno giovani,

 

L’imminenza della festa del nostro padre e fondatore Antonio Maria vedrà ognuno di voi prepararsi in modo proprio. Questa piccola data del calendario ci ricorda la storia di un uomo tra i tanti che ebbe il coraggio di non lasciarsi trascinare dalle consuetudini negative e ripetute di una Chiesa affaticata nel vivere coerentemente il Vangelo.

In questa preparazione ci sarà un attimo di preghiera e magari voglia di riflettere su una o su altra vicenda del nostro SAMZ?

Una vicenda, quella di SAMZ che ci insegna a non demordere nel riformare la realtà in cui viviamo. Se nel 1500 questa riforma riguardava particolarmente la Chiesa, oggi ha a che fare con una società sull’orlo di una, forse molte crisi che rischiano di non trovare soluzione. Lo spirito zaccariano anche oggi vuole attingere allo Spirito santo per dare una risposta ai fatti che stanno devastando il nostro vivere insieme (non ultimo gli attentati in Bangla Desh).

Nel Sermone V SAMZ leggiamo: «Oh, meraviglia della stupenda arte delle cose fatte da Dio! L’uomo è tale, che con libertà del suo animo può fare che il male gli sia bene».

Noi siamo questa meraviglia, noi il risultato dell’arte creativa di Dio, noi la forza della libertà che Dio ha posto in noi per costruire il bene, anche dal male che ci circonda.

Prima di parlare di leggi e doveri morali da osservare, SAMZ ci aiuta a riconoscere il dono delle nostre passioni, delle nostre virtù, ma anche la presenza dei nostri vizi. Riconoscere ciò che siamo realmente, anche dei nostri limiti è la forza per costruire un futuro rinnovato e migliore. Il termine arte richiama da sé il rapporto con il fare, con il bello. Noi siamo la più bella arte di Dio non per noi stessi, ma per rendere più bello il mondo. Questa è la libertà cui siamo chiamati specialmente in questo 5 luglio: libertà di fare il mondo più bello di quanto lo abbiamo trovato perché il male non è una barriera insormontabile. L’opera d’arte più bella di Dio è stata, anzi è la Croce per insegnarci a non rinunciare nel trarre anche dal male il bello, il bene.

L’arte è anche una passione e la passione più bella di Dio è proprio quella di insegnarci a utilizzare le nostre passioni per far emergere il bene che è celato anche dove non penseremmo. In questo sermone SAMZ riflette sul bene delle passioni; le passioni sono strumenti per il bene ovvero per il male: sta all’uomo praticare l’arte del discernimento e dell’investimento delle passioni.

«Concludi, adunque, Carissimo:
– se tanta è la potestà dell’uomo, che cava utilità etiam dal male;
– e se le passioni sono tali, che alcuni le hanno esercitate in bene, ed alcuni in male;
– ed inoltre se sono da Dio;

chi è quello così pazzo, che non voglia tenere per certo che [le passioni] sono nell’uomo per sua grande utilità, e che il combattere e vincere quelle gli sia una gran corona, e non sian date da Dio per il amale che porta all’uomo, anzi per il suo grande bene?» (p. 186s)

Buon SAMZday a tutti voi, pJgiannic

PS.: avremo di approfondire queste riflessioni a Krakow

 

Buon compleanno blog

Buon compleanno Giovanibarnabiti.it

Come i medici, quando cercano di dare ai fanciulli il ripugnante assenzio, prima gli orli, tutt’attorno al bicchiere, cospargono col dolce e biondo liquore del miele, perché nell’imprevidenza della loro età i fanciulli siano ingannati, non oltre le labbra, e intanto bevano interamente l’amara bevanda dell’assenzio e dall’inganno non ricevano danno, ma al contrario in tal modo risanati riacquistino vigore; così io ora, poiché questa dottrina per lo più pare troppo ostica a coloro che non l’hanno coltivata, e il volgo rifugge lontano da essa, ho voluto esporti la nostra dottrina col canto delle Pieridi che suona soave, e quasi cospargerla col dolce miele delle Muse, per provare se per caso potessi in tal modo tenere avvinto il tuo animo ai miei versi, finché comprendi tutta la natura e senti a fondo il vantaggio.

Andrea Bianchini


Buon Compleanno Blog!

Eh si, uno non fa in tempo ad accorgersene e sono già passati due anni dalla nascita del blog.
Una piccola riflessione: perché vale la pena scrivere su questo spazio? Dal mio punto di vista ho notato che più si cresce più la vita lascia poco tempo per fermarsi a riflettere. Gli impegni, il lavoro, l’università e le scadenze occupano tutto il nostro tempo. Più si va avanti più si perde quello spirito adolescenziale di critica verso il sistema. Proprio perché si diventa il sistema. Personalmente quindi, scrivere i miei piccoli articoli mi serve proprio per poter prendere una pausa dall’asfissiante vita che la società ci impone. E in questa fase mi fermo a riflettere su ciò che faccio, perché lo faccio e cerco di esprimere e di ricordarmi cosa c’è di bello nell’essere un uomo di scienza. Sperando che le mie piccole riflessioni servano ai lettori per poter anche loro prendersi una pausa e fermarsi a riflettere per il gusto proprio del “fermarsi” e del “riflettere”.
Un caro saluto ai lettori!

Roberto Nava


 

Buon compleanno Giovanibarnabiti.it

Due anni fa ci eravamo promessi che saremmo stati originali e che non sarebbe stato un blog come tanti altri. La sfida era e resta quella di provare a riflettere insieme, di donarci i pensieri e le esperienze più profonde, di arricchirci a vicenda in nome di un amico comune, Gesù. Col carisma zaccariano e animati dal fervore paolino, esattamente due anni fa, ci siamo lanciati in questa nuova avventura. Abbiamo deciso che sarebbero stati i giovani a parlare ai giovani della fede, della carità, del mondo che cambia e dei punti fermi che cerchiamo, della felicità e della tristezza; abbiamo deciso di raccontarvi e di provare a comprendere insieme a voi, attraverso i racconti e le riflessioni, la vita e i sentimenti. Ci abbiamo provato e, affidandoci, stiamo continuando un percorso che ci auguriamo di proseguire insieme. Perché in fondo, a due anni si è piccoli, e la strada da fare insieme è ancora lunga!

Raffaelle Della Morte


 

Un ponte per la cultura, buon compleanno GiovaniBarnabiti.it

In un mondo in cui i mezzi di comunicazione sono tanti, ma ciò che manca sono i contenuti della comunicazione stessa, siamo chiamati, noi giovani, a raccogliere questa sfida: dimostrare che non siamo solo la “generazione dei social network”; pensieri, parole e inventiva non ci mancano e questo blog è l’occasione giusta per far vedere quanto abbiamo da offrire. Un ponte di idee per raccontare quelle che sono le esperienze e gli interessi dei Giovani Barnabiti attraverso un’unica rete e condividerle con un pubblico più ampio, è l’impegno che portiamo avanti da ormai 2 anni. Scrivere per il blog è stata per me una grande opportunità: fornire un punto di vista su ciò che accade nel piccolo delle nostre realtà barnabitiche e non solo, su temi di attualità e degni di interesse, costituisce importante motivo di riflessione, per me, ma anche per i lettori. Riflettere per il blog infatti, vuol dire riflettere per una realtà più grande del semplice io, ma soprattutto adoperare il web quale importante strumento di diffusione della cultura, non solo di intrattenimento. La cultura ha bisogno di nuova linfa vitale e se smettiamo di alimentarla finiremo col distruggere il pensiero, annegando in quella che è la futilità del “like”. Occorre tornare a leggere e guardare il mondo attraverso gli occhi curiosi di un bambino, per riscoprire l’informazione quale paradigma morale della vita sociale… in breve, leggete in nostro blog!

Pasqua Peragine


 

«Se s’insegnasse la bellezza alla gente, la si doterebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà, facendo sempre rimanere vivi la curiosità e lo stupore». Così scriveva Peppino Impastato nel combattere il male intorno a lui. Credo che le parole che con passione abbiamo cercato di scrivere e pubblicare in questi due anni, non ultime questi graditi auguri da alcuni nostri collaboratori, siano il migliore augurio di buon compleanno GiovaniBarnabiti.it.

Grazie a tutti, collaboratori e lettori

Preghiere o sanzioni?

In questa domenica (per le chiese latine di rito orientale) di Tutti i Santi,
e ciascun battezzato è santo,
vogliamo ricordare i santi martiri antichi e odierni,
viventi e defunti, del Medio Oriente
e ovunque siano perseguitati a causa del nome di Cristo!

Preghiamo con forte fede per costoro e affinché la petizione
presentata per chiedere la cessazione delle sanzioni in Siria, venga
accolta e sortisca l’effetto sperato: un sospiro, un sollievo al già
martoriato popolo siriano.

Preghiamo poi, ancora più fortemente per tutti i cristiani la cui
sofferenza e persecuzione è dimenticata dall’opinione pubblica e per
cui mai si redigerà e firmerà una petizione!

Diveniamo santi e da santi rechiamoci ad aiutare
ogni cristiano che soffre da solo
e non può immergersi nella piscina di Siloe,
aiutiamoli noi, da buoni cristiani
e coscienziosi cittadini del mondo!

Preghiamo per tutti costoro che ci precedono nella santità così dicendo:

Quali primizie della natura all’autore del creato,
la terra ti offre,
Signore, 
i martiri teofori.
Per le loro suppliche,
custodisci in pace la tua Chiesa,
il tuo popolo,
grazie alla Madre-di-Dio,
o ricco di misericordia.

Espiral de autodestruição

Folha 7

Algumas linhas de orientaç ão e acção. I

Após a análise da situação, mesmo dramática, o documento tenta “agora a delinear alguns grandes percursos de diálogo que nos ajuda a sair da espiral de autodestruição em que estamos afundando” (163).Mas esta perspectiva, que é parte da ampla discussão global deste século passado, pede a “nós os crentes de rezar a Deus pela evolução positiva das discussões atuais, para que as gerações futuras não sofram as consequências do atraso imprudente” (169). Esta oração já detém bons frutos: “Desde a metade do século passado, de fato, superarndo muitas dificuldades, se foi afirmando a tendência a conceber o planeta como pátria e a humanidade como um povo que habita em uma casa comum” (164). Como se pode ver, mesmo entre muitas dificuldades, o valor do bem comum, ou seja, “o conjunto daquelas condições da vida social que permitem seja aos grupos, como aos indivíduos singolarmente, de alcançar sua perfeição mais plena e facilmente” (GS 26 ), juntamente com uma maior atenção á pessoa, estão germinando.

Este capítulo aborda muitas questões, muito grandes, que não podemos, ter em mente: o acesso à água potável, a reorganização das fontes de energia, a governação dos oceanos, a utilização de fontes renováveis, a questão dos resíduos, a atenção ao peso sobre os países mais pobres, o peso das não-escolhas dos países mais ricos e poderosos. Mas a lógica que torna menos fáceis as decisões difíceis sobre o aquecimento global é a mesma que não permite de realizar a desenraizamento da pobreza (cf. 175). Na frente de tudo, é necessária “uma reação global mais responsável, que envolve lidar simultaneamente a redução da poluição e o desenvolvimento dos países mais pobres.” Perante esta necessidade, tem de ser revisto o papel das finanças e se entende como se torne a urgente uma nova política internacional, para evitar os problemas mais graves que acabam de bater todos (cf. 175. Vd. G XXIII, Pacem in Terris).

A este respeito, “a empresa, através de organizações não governamentais e associações intermediárias, deve exigir os governos a desenvolver regulamentos, procedimentos e controlos mais rigorosos. Se os cidadãos não controlam o poder político – nacional, regional, municipal – nem sequer é possivel um contraste dos danos ambientais. Por outro lado, as leis municipais podem ser mais eficazes se houver acordos entre populações vizinhas … “(179).

Esta meta requer uma jurisprudência renovada, mas também uma nova forma de fazer política. “Que um político assuma estas responsabilidades com os custos que implicam, não responde à lógica eficiêntistica e” imediatista “ da economia e da política atual, mas se tiver a coragem de fazê-lo, novamente vai reconhecer a dignidade que Deus lhe deu como pessoa e deixara’, depois da sua passagem nesta história, um testemunho de generosa responsabilidade … no entanto, é necessario reconhecer que os melhores dispositivos acabam sucumbindo quando faltam os grandes objetivos,os valores, uma compreensão humanística e significativa, capazes de dar a cada empresa uma abordagem nobre e generoso “(182) 1.

O problema da corrupção (182) e os “critérios para uma boa decisão de negócios: com que finalidade? Por quê? Onde? Quando? De que maneira? Quem é dirigido? Quais são os riscos? A que custo? Quem paga o custo? “(185) (vd. Rio dJ 1992) Convenção.

Claro, existem questões difíceis de resolver, “a Igreja não tem a pretensão de definir as questões científicas, nem de substituir-se à política, mas [eu] convido para fazer um debate honesto e transparente, porque as necessidades especiais ou as ideologias não afectem negativamente o bem comum “(188).

Depois de recuperar algumas questões financeiras que afetam o bem-estar dos mais pequenos, o Papa Francisco diz que “temos de nos convencer de que um certo abrandamento da produção e taxa de consumo pode resultar em um outro modo de progresso e desenvolvimento” (191). “É por isso que chegou a hora de uma certa diminuição em algumas partes do mundo” (193). “É simplesmente redefinir o progresso” (194)

 

Perguntas:

Acredita que o diálogo pode ajudar a encontrar boas soluções?

Alguma vez você já teve a experiência de diálogo com …?

Em sua atuação como um cidadão, assim como cristão, o bem comum é um valor inevitável? (E com esse o princípio da subsidiariedade?)

Como a oração ajuda-o a suportar as suas boas obras e uma boa vida?

Em seu plano de estudo há espaço para visões alternativas

Uscire dall’autodistruzione

Scheda 7,

Alcune linee di orientamento e di azione. I

Dopo l’analisi della situazione, anche drammatica, il documento prova «ora a delineare dei grandi percorsi di dialogo che ci aiutino a uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando» (163). Ma questa prospettiva, che si inserisce nelle ampie discussioni globali di questo ultimo secolo, chiede a «noi credenti di pregare Dio per gli sviluppi positivi delle attuali discussioni, in modo che le generazioni future non soffrano le conseguenze di imprudenti indugi»(169). Questa preghiera già porge buoni frutti: «Dalla metà del secolo scorso, infatti, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita in una casa comune» (164). Come si può notare, seppure tra molte fatiche, il valore del bene comune, cioè «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente» (GS 26), unitamente a una maggiore attenzione alla persona, stanno germinando.

Questo capitolo tocca molti temi, molto grandi, che non possiamo almeno tenere presente: l’accesso all’acqua potabile, la riorganizzazione delle fonti energetiche, la governance degli oceani, l’utilizzo di fonti rinnovabili, la questione dei rifiuti, l’attenzione al peso sui paesi più poveri il peso delle non scelte dei paesi più ricchi e potenti. Ma la logica che rende difficili decisioni drastiche riguardo il riscaldamento globale è la stessa che non permette di realizzare lo sradicamento della povertà (cf. 175).

Di fronte a tutto ciò è necessaria «una reazione globale più responsabile, che implica affrontare contemporaneamente la riduzione dell’inquinamento e lo sviluppo dei Paesi più poveri». Di fronte a tale esigenza va rivisto il ruolo della finanza e si comprende come diventi urgente una nuova politica internazionale, per prevenire i problemi più gravi che finiscono per colpire tutti (cf. 175. Vd. G XXIII, Pacem in Terris).

A questo proposito «la società, attraverso organismi non governativi e associazioni intermedie, deve obbligare i governi a sviluppare normative, procedure e controlli più rigorosi. Se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale, municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali. D’altra parte, le legislazioni municipali possono essere più efficaci se ci sono accordi tra popolazioni vicine…» (179).

Tale meta richiede una rinnovata giurisprudenza, ma anche un modo nuovo di fare politica. «Che un politico assuma queste responsabilità con i costi che implicano, non risponde alla logica efficientista e “immediatista” dell’economia e della politica attuale, ma se avrà il coraggio di farlo, potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e lascerà, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa responsabilità… Tuttavia bisogna riconoscere che i migliori dispositivi finiscono per soccombere quando mancano le grandi mete, i valori, una comprensione umanistica e ricca di significato, capaci di conferire a ogni società un orientamento nobile e generoso» (182)[1].

Il problema della corruzione (182) e i «criteri per una buona scelta imprenditoriale: per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali i rischi? A quale costo? Chi paga le spese?» (185) (vd. Convenzione di Rio dJ 1992).

Certo, ci sono questioni di difficile soluzione, «la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma [Io] invito a un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune» (188).

Dopo avere ripreso alcune questioni finanziare che ledono il bene dei più piccoli, papa Francesco afferma che «dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo» (191). «Per questo è arrivata l’ora di una certa decrescita in alcune parti del mondo» (193). «Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso» (194)

 

Domande:

Ritieni che il dialogo possa aiutare a trovare soluzioni buone?

Hai mai fatto esperienza di dialogo con…?

Nel tuo agire da cittadino, oltre che da cristiano, il bene comune è un valore ineludibile? (e con esso il principio della sussidiarietà?)

Quanto la preghiera ti aiuta a sostenere le azioni buone e una tua vita buona?

Nel tuo piano di studio c’è spazio per approfondimenti alternativi?

[1] Sulla politica e il principio di sussidiarietà, vedi anche 196.197.198.228ss.

Victoria. Di cinema si scrive e si impara.

Un paio di settimane fa, per un esame universitario, mi sono trovato a dover girare un cortometraggio. Tralascio i dettagli sulla storia e sulle location in quanto non credo siano utili ai fini di questa recensione. Quello su cui però vorrei dare un hint è lo stile della regia: io e il mio compagno di classe abbiamo deciso di creare un prodotto in one-shot. Cos’è?
Nel gergo cinematografico, un one-shot movie è un film girato esclusivamente con una sola macchina da presa senza tagli di montaggio dall’inizio alla fine. Questo per dire che tutta la storia si svolge continuamente, senza interruzioni, e che per qualsiasi piccolo errore si deve ricominciare da capo.
Il nostro corto durava quattro minuti. Sapete quanto ci abbiamo messo per girarlo? Nove ore.
Ora, a fronte di questa piccola introduzione – tenendo anche conto che Nicklas e io non siamo professionisti e che l’abbiamo fatto in pieno giorno in una zona nemmeno troppo centrale di Copenhagen – provate a immaginare cosa possa aver significato per Schipper, Grøvlen e compagnia bella, dirigere un one-shot crime drama di 2 ore e 18 minuti all’alba in un quartiere di Berlino incentrato su una ragazza spagnola di nome Victoria che si trova semi-involontariamente coinvolta in un progetto portato avanti da quattro ragazzi del posto. (Non vi anticiperò altro).
Fatto?

Sono di parte, in quanto sfide fotografiche del genere mi fanno venire la pelle d’oca solo a sentirne parlare, lo ammetto.
Se dovessi essere anche un po’ critico direi che la storia non mi ha entusiasmato più di tanto, che ci sono un po’ di buchi narrativi qua e là, che a tratti non regge e alcuni personaggi sono poco credibili – certo, se Pirandello o Brecht fossero ancora vivi loro sì che saprebbero cosa fare!
Posso anche buttare giù un «Che finale improbabile».
Ma se penso alla fotografia… mi viene da rabbrividire.
Se penso alla musica, composta da nientemeno che Nils Frahm, musica che qui svolge una funzione archetipale di deus ex machina, quasi ritorno afono dall’emozione (Nils Frahm, un dio tedesco dell’elettronica che quando il sottoscritto ha visto/sentito live non è più riuscito a proferire parola dallo stupore per il paio d’ore successive).
Se penso alla recitazione (e qui salvo quasi solo Frederick Lau) mi ritornano i brividi.

Victoria è un film fatto e finito, con un potenziale immenso e l’unica sfortuna di aver avuto tre scrittori – lo stesso Schipper, Neergaard-Holm e Schulz, al loro primo copione – colpevoli di scarsa concentrazione nel riempire quelle lacune sceneggiatoriali che hanno degradato un prodotto potenzialmente ottimo a “must-see”. Purtroppo.
In ogni caso, lacune o non lacune, io consiglio di reperirlo e di vederlo.
Non sarà un’esperienza così intensa come quella che avreste potuto avere al cinema, perché Victoria è un film che va visto su grande schermo con Nils Frahm in Dolby Surround e Lau in 1080p. Su questo non si discute.
Tuttavia, Pirandello e Brecht non ci sono più.

Fabio Greg Cambielli