Meccanica fredda e calda passioni di Giovanni

Sono al telefono con Giovanni (essendo un giovane importante non concede immagini di se stesso e della sua “tana”). Ma non è poi così riservato perché chiacchieriamo a lungo sui suoi studi, sui suoi sogni.
23 anni, occhi marroni, 1,87 di Roma, tifoso della Lazio, pratica calcio, sempre calcio e snowboard quanto basta; attualmente single, ascolta musica a secondo dello stato d’animo e ama la birra. Un difetto però ce l’ha: nonostante sia importante (parole sue) legge poco, molto poco! Come molti altri giovani!
È una brava persona: studia molto, vive una vita normale, cerca costruirsi un futuro secondo i propri sogni, come i suoi coinquilini, compagni di studio.
Giovanni vive a Modena dove studia all’Advanced Automotive Engineering, praticamente un corso magistrale sui motori; uno studio che sicuramente non si poteva svolgere a Roma o altrove, lontano da marchi Ferrari e Maserati! Ecco il sogno, lavorare sui e con i motori e così scopro questo nuovo corso universitario che ha richiesto un grande impegno di studio per affrontare la lingua inglese e il selettivo test di ammissione. Ma gli ostacoli fanno parte della vita, mi ricorda con sapienza Giovanni, e si superano quando si vuole raggiungere un obiettivo preciso.
Giovanni studia ingegneria del veicolo e dell’autoveicolo che si distingue in meccanica fredda e meccanica calda, l’una che riguarda la dinamica, la meccanica, il design (inteso come progettazione), l’aspetto esterno dell’auto; l’altra il motore in sé.
Non sa ancora come e dove sarà la sua vita, per ora vuole studiare, capire, imparare, sperimentare, il resto si vedrà!
Chiedo a Giovanni se si sente una eccellenza, in un certo senso sì, dice, ma senza enfasi, senza tirarsela; certo ha delle opportunità non comuni che gli permettono anche di avere uno spirito critico su quanto lo circonda.
Io credo, gli dico, che quando abbiamo delle opportunità dobbiamo poi chiederci se vogliamo usarle solo per noi stessi o anche per il mondo intorno a noi, a servizio di chi ha meno opportunità. Giovanni non vive fuori dal mondo, si accorge che intorno a lui ci sono divari sociali, problemi di distribuzione del denaro e quando si concede un po’ di divano e meno di tv, ci pensa; il mondo avrebbe bisogno di qualche aggiustamento, ma come fare? Ci si scopre piccoli, dice, e forse per questo bisogna partire da piccoli gesti per cambiare le cose, per sostenere chi ha bisogno.
Comunque, oltre le opportunità, il sogno è quello di una vita serena.
Sereno è l’aggettivo che ricorre nel parlare di sé, del domani, di come sono e vivono molti amici, di come dovrebbero essere gli adulti che corrono troppo.
Non è sempre facile essere sereni, gli parlo di alcuni suoi coetanei universitari di Honk Kong che stanno lottando per mantenere la propria vita serena, per conservarla per i propri figli di fronte alla minaccia cinese. La serenità va coltivata, talvolta combattuta e non è sempre legata al proprio divano.
Giovanni credi in Dio? «Vivo la vita con tranquillità, non penso a Dio, Dio esiste, ma la mia vita non ha ancora scoperto la (aggiungo io) “meccanica calda” della fede, preferisco la “meccanica fredda” della vita.» Mmmhhh!
Ma perché, come hai detto prima, se leggere è giusto tu, i tuoi coetanei fai tanta fatica a leggere? Come fai a dare un’anima al lavoro, allo studio, alla vita?
«Non faccio fatica, ho letto nella mia vita e mi è sempre piaciuto tutto ciò che ho letto. Molte volte ci vuole interesse per un determinato argomento, probabilmente non ho ancora trovato il giusto stimolo per ricominciare a leggere in questo periodo. Mi piacerebbe farlo, accetto consigli J.»
Infine, quale materia preferisci?
«Beh ogni materia che studio è interessante e ugualmente importante. Non saprei come rispondere, d’altronde non sono riuscito tutt’ora a capire in quale campo specializzarmi.
Bisogna ogni giorno fare ciò che si deve, piace ed è giusto fare per dare un’anima a quello che si vive quotidianamente.»

Grazie Giovanni, in bocca al lupo!
Ma la prossima volta mandaci una foto frontale: scalda i motori dell’audience!

Le certezze di Paolo (San), Mario, Lucrezia, Giulia e…

Cari GiovaniBarnabiti,
ieri era il 25 gennaio, festa della conversione del nostro Paolo santo! quello della caduta mentre andava a Damasco per perseguitare i cristiani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mario di Bologna non è ha mai sentito dire nulla, forse ho in mente l’immagine di uno che cade da cavallo ma non lo associa a questo personaggio. Il suo compagno Giovanni dice che potrebbe essere una storia interessante, anche se, riprende Mario, molte storie cristiane sono simili, un percorso di incontro, di cambiamento, un cliché che è qualcosa di negativo.
Non è facile però avere esperienze così profonde di Dio, anche se crede in Dio e spera di non perdere mai la fede, dice Andrea da Firenze.
Ma credere è una certezza? Tra le tante incertezze di oggi, la fede è e deve rimanere una certezza evidenziano Giulia, Andrea di Firenze ma anche i giovani di Altamura e Roma, seppure non mancano i dubbi. Samuele (Genova) parla delle diverse certezze della vita, necessarie per stare a galla, anche se alcune nella vita possono cambiare.

Ma a Rio de Janeiro sono più sicuri: Temos a certeza de que quem perseverar amando até o fim será salvo. Que para nós, amar é natural e que devemos fazer JUZ a este empreendimento de Deus.

 

D’altra parte, riprende Mario (Bo) anche Paolo perde le sue certezze e non sa nemmeno chi è colui che lo chiama! Insomma, entra in crisi! E chi non entrerebbe in crisi incontrando il personaggio più importante della storia. La sua vita, il suo mistero, la sua conoscenza ci incuriosiscono, perché affascinanti, perché affascinante è la sua smisurata capacità di amare. Con la sua parola è riuscito a scavare a fondo nell’esistenza umana, nel suo grande mistero: la vita. Parola di Luigi (Roma).
Ma Lucrezia (Altamura) non è entrata in crisi, anzi ha imparato a conoscerlo come un amico che non ti tradisce, sempre al tuo fianco, compagno inseparabile di tutte le avventure, nella gioia e nella difficoltà.
Eppure Tommaso (Bo) con discrezione e timore coglie il centro. Non ha un’immagine, ma un pensiero. Non sa se giusta… Ha in mente la Croce, un uomo in croce, ma forse non è nemmeno quella! Il dibattito si accende!
Quella della Croce è l’immagine più comune, ma non molto reale. Gesù è la luce, Gesù apre la mente (Irene, Bo); con le sue parole riesce a cambiare la gente afferma Viola (Bo). Per Giovanni (Bo) invece Gesù è più un punto di appoggio per l’uomo che dà delle risposte esistenziali (dopo la morte…), è una scappatoia!

pJg, Ma questa immagine, anzi questo Gesù, chiedo, ci interpella come con Paolo?

Per Giulia e Andrea (Firenze)… non così tanto; certo non attraverso la Chiesa, forse con vocine non proprio chiare. Di altro avviso invece Biagia e Lucrezia (Altamura) che con Gesù parlano nei momenti felici e in quelli più difficili. L’ascolto della sua parola è un cammino sempre nuovo, di meravigliosa scoperta. Però è necessaria un po’ di solitudine per parlargli Pasqua (Altamura). Samuele (Genova), preferisce una fede più “militante” che orante, anche se riconosce la preghiera “tradizionale” come pietra angolare della fede, come “abilità” da sviluppare. 

Tommaso (Milano) aggiunge che lasciarsi interpellare significa essere in grado di ascoltare e sognare, solo così si può continuare a crescere.
Ana-Clara (Rio de J), Ouvir e sonhar são atos de coragem e sobrevivência. Apesar de ser difícil, é possível e precisamos ter coragem.
Per Lucrezia (Altamura), se siamo capaci di ascoltare il nostro cuore allora saremo anche più aperti al prossimo seppure Samuele (Genova) ammette che non sempre è facile, è difficilissimo, ma dobbiamo metterci in gioco per diventare delle persone Belle. Forse, chiosa
Giovanni (Bologna), appoggiarsi a Dio significa avere più forza per continuare a sognare.

 

pJg: Paolo era giovane e si trova a vivere tra anziani e giovani che avevano paura del nuovo, perciò viene spontanea la domanda: oggi quale dialogo tra giovani e adulti?
Tommaso (Milano), È estremamente difficile, quasi impossibile dialogare con le nuove generazioni. Però non gettiamo la spugna, cerchiamo la chiave giusta.
Lukas e Carla (Rio dJ), Nós entendemos que precisamos transmitir e dialogar a fé com as novas gerações através da acolhida (especialmente na sociedade dividida e segmentada que vivemos).

pJg, Sognare, dialogare, pregare, ma Gesù quale cristiani sogna, vuole per il 2020, il 2021?
Lapo (Bologna), sicuramente più fedeli di quanto lo siamo oggi, si è persa molta fede oggi, le famiglie prima ci tenevamo di più, ora non più. Boh, dice Giulia (Firenze), Cristiani attivi!
Tommaso (Milano): se cristiano significa tentare di scoprire la fede, anche quando sembra non rivelarsi, e seguire nella sostanza nuda e cruda i vangeli allora sì, sono sicuro che sarò un cristiano.
Per Pasqua (Altamura) il futuro è ignoto, ma sicuramente vuole continuare il bene al prossimo e seguire Gesù spronata dal carisma e passione del nostro fondatore Antonio Maria Zaccaria.
Mario (Bologna) è più pessimista, in chiesa tutte le domeniche troviamo tanti over 50 e bambini e domani? Mentre Irene (Bologna), chiede di cambiare modo di parlare: papa Francesco ha cominciato un linguaggio nuovo anche per noi giovani. Per Alessandro (Bologna) invece la nostra generazione si fa troppe domande, non possiamo avere certezza di Dio e quindi da fedele che fai? Ieri si facevano meno domande, era più facile: domani?
Matteo (Bologna), forse non c’è più bisogno della fede, potrebbe finire. Francesco (SFelice aC) invece invita a essere cristiani capaci non solo di parlare ma di portare in sé l’immagine di Gesù!

 

pJg., abbiamo concluso questa maratona da Saulo a Paolo a tutti voi, grazie per averci aiutato a celebrare questa festa della conversione di san Paolo, forse non lo sapete ma avete permesso a noi di Barnabiti (Chierici regolari di san Paolo) di crescere un poco di più e ….

Dimenticavo una certezza però c’è: san Paolo no, ma padre Giannicola rompe sempre le scatole! Parola di Cosimo (Firenze!)

Grazie a tutti i giovani che hanno risposto!

SHQIPËRIA PAS TËRMETIT

Në mes të dhimbjes, Shqipëria ringrihet më e fortë
Nel mezzo del dolore, l’Albania diventa più forte

26 nëntor 2019, ora 03:54 minuta.
26 novembre 2019, 03:54.

Shqipëria zgjohet e tmerruar nga tërmeti më i fortë që e ka goditur ndonjëherë vendin me një magnitudë 6.4 të shkallës Rihter. Tërmeti shkaktoi dëme të mëdha njerëzore duke lënë pas 51 viktima, rreth 1000 të plagosur dhe dëme të jashtëzakonshme materiale, ku shumë objekte, banesa e pallate u shembën e u dëmtuan rëndë.
L’ Albania viene svegliata dal più forte terremoto che abbia mai colpito il paese con una magnitudo di 6,4 sulla scala Richter. Il terremoto ha causato ingenti danni, causando la morte di 51 persone, circa 1.000 feriti e danni materiali con il crollo e il danneggiamento di molti edifici e abitazioni.

Disa muaj pas tërmetit tragjik është ende duke u bërë bilanci i dëmeve të shkaktuara, ndërsa të prekurit janë akomoduar nëpër hotele, banesa sociale dhe çadra. Shumë ndërtesa u prishën dhe rrënojat e tyre u hoqën në një kohë të shkurtër, por gjurmët e tërmetit vijojnë ende të jenë të gjalla sidomos në Durrës dhe Thumanë, Laç, si zonat më të prekura.
Pochi mesi dopo il tragico terremoto sono ancora visibili i danni causati, mentre molte persone sono state sistemate in hotel, case popolari e tende. Molti edifici sono stati demoliti e le macerie rimosse in breve tempo. Ma le ferite del terremoto rimangono ancora vive soprattutto a Durazzo, Thumanë e Lac: le aree più colpite.

Me hetimet e nisura, deri më tani ka rezultuar se pasojat më fatale u shkaktuan si pasojë e gabimeve njerëzore dhe abuzimit me ndërtimet me strukturë të dobët. Në programin e rindërtimit të zonave të prekura nga tërmeti, qeveria ka deklaruar se do të ndërtojë lagje të reja në Tiranë, Durrës, Thumanë, Kurbin dhe Laç për të strehuar banorët, së bashku me infrastrukturën shoqëruese (shkolla, kopshte, qendra shëndetësore, infrastrukturë tokësore dhe nën-tokësore) në këto lagje të reja.
Solidariteti mbarëkombetar i të gjithë shqiptareve, kudo që jetojnë, si edhe ai ndërkombetar i shumë vendeve të Bashkimit Evropian: Italia, Greqia, Franca, Gjermania, Zvicra, Kroacia, Bullgaria, Serbia e Rumania etj, dhe më gjerë, Izraeli,Amerika e Turqia, u shfaq, për vendin tonë, mbas tragjedisë së tërmetit. Kjo tregon se vendi ynë do të ringrihet dhe rindërtohet përsëri sa më shpejt, duke mbajtur në kujtesen tonë kombetare 51 viktimat e kësaj tragjedie, që duhet të na ndërgjegjësojne, për sigurinë tonë individuale e kombëtare.
Le indagini finora effettuate hanno dimostrato che le conseguenze più fatali sono state causate dall’errore umano e dall’utilizzo di materiale scadente per l’edificazione delle case. Nel suo programma di ricostruzione sismica, il governo ha annunciato che costruirà nuovi quartieri a Tirana, Durazzo, Thumanë, Kurbin e Lac per accogliere gli sfollati, insieme alle infrastrutture associate (scuole, asili nido, centri medici, infrastrutture sotterranee). La solidarietà di tutti gli albanesi, anche di quelli residenti all’estero, nonché la solidarietà internazionale di molti paesi dell’Unione Europea come Italia, Grecia, Francia, Germania, Svizzera, Croazia, Bulgaria, Serbia e Romania, ecc., oltre a quella di Israele, Stati Uniti e Turchia, è stata immediata, ravvivando la speranza che il nostro Paese sarà ricostruito e sarà ricostruito al più presto, mantenendo vive nella nostra memoria nazionale le 51 vittime di questa tragedia, affinché vi sia una piena consapevolezza della importanza della sicurezza individuale e nazionale.

Tërmeti e ka goditur Shqipërinë në të gjitha vatrat e saj, me humbjen e 51 jetë shqiptarësh, të të gjitha moshave dhe me prejardhje nga te gjitha trevat ku jetojnë bashkombasit tanë.
Asnjë tërmet nuk mund të lëkund një popull kur në zemren e tij ka një solidaritet te përmasave të tilla ku përkatësia e vlerave shoqërore dhe etike shfaqet në vëllazerimin dhe në ndihmën ndaj bashkëkombasve, që po përjetojnë tragjedine e 26 nëntorit, që goditi ekzistencen e çdo shqiptari.
Nessun terremoto può scuotere un popolo quando nel suo cuore c’è una solidarietà di tale portata in cui l’appartenenza di valori sociali ed etici si manifesta nella fratellanza e nell’aiuto verso quanti stanno vivendo la tragedia del 26 Novembre, che ha colpito l’esistenza di ogni albanese.
In questi giorni, è stato dimostrato con convinzione e dedizione, il senso di appartenenza nazionale che unisce tutti gli albanesi, ovunque essi vivano: in Albania, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Chameria con tutte le sue diaspore, insieme agli Arbëresh che hanno conservato con amore il cuore albanese. Dal giorno del terremoto, tutti i territori nei quali sono presenti comunità di origine albanese, al di fuori dei confini dell’Albania, si sono uniti ad essa, diventando uno stato unito e un’unica nazione.

Në këto ditë, u tregua me bindje dhe përkushtim, ndjenja e përkatesise kombëtare, që i bashkon të gjithë shqiptarët kudo që jetojne në Shqipëri, Kosovë, Maqedoni, Mal i Zi, Çameri dhe në të gjitha diasporat e saj, së bashku me Arbëreshët kudo që ata kanë ruajtur me dashuri, zemrën shqiptare. Nga tërmeti, të gjitha trevat e tokës shqiptare, jashtë kufijve të Shqipërise, u bashkuan me të, duke u bërë një shtet i bashkuar dhe një komb i vetëm.
In questi giorni, è stato dimostrato con convinzione e dedizione, il senso di appartenenza nazionale che unisce tutti gli albanesi, ovunque essi vivano: in Albania, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Chameria con tutte le sue diaspore, insieme agli Arbëresh che hanno conservato con amore il cuore albanese. Dal giorno del terremoto, tutti i territori nei quali sono presenti comunità di origine albanese, al di fuori dei confini dell’Albania, si sono uniti ad essa, diventando uno stato unito e un’unica nazione.

Në çdo kohë e epokë, përmes kalvarit të pafundmë të sakrificave, me kokën lart dhe plot dashuri, kombi shqiptar ka ditur të ngrihet dhe ringrihet sa herë historia e ka gjunjëzuar.
Rimëkëmbja nuk do të jetë e lehtë, por së bashku do ia dalim. Këtë fatkeqësi natyrore mund ta shndërrojmë në një mundësi, në një shans për të rregulluar atë çfarë është bërë gabim, për të menduar zhvillimin aty ku duam të jemi, jo aty ku ishim. Tërmeti i 26 nëntorit do të mbetet gjatë në memorien tonë shoqërore si një ngjarje që na goditi, na lëkundi, na dëmtoi, por nuk na vrau forcën, dëshirën dhe besimin se bashkë mund të ringrihemi. Bashkë mund t’ia dalim!
In ogni tempo ed epoca, attraverso un calvario infinito e con dei sacrifici, con la testa alta e piena di amore, la nazione albanese ha saputo risorgere e rianimarsi ogni volta che la storia l’ha messa in ginocchio.
Il recupero non sarà facile, ma insieme potremo farcela. Possiamo trasformare questo disastro naturale in un’opportunità, un’opportunità per correggere ciò che è stato fatto di sbagliato, per pensare allo sviluppo la dove vogliamo essere, non dove eravamo. Il terremoto del 26 novembre rimarrà a lungo nella nostra memoria sociale come un evento che ci ha colpito, scosso, ferito, ma non ha ucciso la nostra forza, il desiderio e la convinzione che possiamo crescere insieme. Possiamo farlo insieme!

Redjon Lleshaj, Fushë-Milot

Una tranquilla domenica

Una domenica tranquilla di inizio anno in cui ancora si sentono gli echi delle feste natalizie più o meno vissute, delle discussioni sul valore del Natale nella nostra società, sui regali fatti perché giusto, non fatti perché il Natale non è consumismo.
Una domenica in cui, forse oltre qualche studente universitario o di fine quadrimestre, le attività non sono ancora molte e il sole permette una certa dose di prendersi con calma le cose. Complice forse anche un possibile recupero della diplomazia internazionale sui venti di guerra in giro per il mondo.
In questa domenica un po’ strana anche per il calendario delle messe magari c’è un po’ più di tempo per pensare a noi stessi e caricare quelle batterie con le quali riprendere a percorre le strade del mondo.
In questa domenica anche quell’uomo di nome Gesù vive un momento particolare della propria vita, alcuni lo chiamano del secondo Natale. Tra le tante voci cerca Giovanni (quello dei peli di cammello e delle locuste) per essere battezzato. Non è facile per Giovanni capire quello che deve fare, ma lascia fare e anche il suo amico Gesù lo lascia fare. In questo tranquillo scambio di batture e punti di vista si aprono i cieli, si allargano le acque e si spacca la terra per ritrovare quella armonia perduta nel giardino del’Eden.
Poche azioni percepite da poche semplici persone ma incise su delle pergamene dei vangeli per sempre!
Nella semplicità di questi avvenimenti quindi anche noi giochiamoci la nostra tranquilla domenica perché il tempo che ci dedichiamo possa ricomporre l’armonia e la giustizia che tutti speriamo.
In questa tranquilla domenica possiamo comportarci bene per il cosmo, ponendoci le domande giuste e stupendoci per ciò che siamo, per il cielo, l’acqua, la terra e per ciò che possiamo costruire.

Rinia shqiptare, La gioventù albanese

Rinia shqiptare, e ardhmja pa të ardhme
La gioventù albanese, il futuro senza futuro

Di Redjon Lleshaj – Milot

Shqipëria vazhdon të mbetet një ndër vendet e para në Europë për papunësinë e të rinjve, emigrimin dhe varfërinë studentore.
L’Albania continua a rimanere uno dei primi paesi in Europa per la disoccupazione dei giovani, l’emigrazione e la povertà studentesca.

Krahas impenjimit me përkushtim në thellimin e reformave në vend, për të dalë nga tranzicioni, vendi ynë ka nevojë për një frymë të re, për një mentalitet të ri qeverisës të personifikuar me demokracinë moderne perëndimore. Frymën e re dhe mentalitetin e ri askush nuk e përfaqëson më mirë se rinia, që po shkollohet duke marrë eksperienca të drejtpërdrejta akademike dhe jetësore në demokracitë perëndimore.
A parte il grande impegno per mandare avanti le nuove riforme nel paese, per uscire dalla transizione, l’Albania ha bisogno di una nuova aria, per una nuova mentalità nel governare come le “moderne democrazie dell’Occidente”. La nuova aria e la nuova mentalità nessuno le può rappresentare meglio dei giovani, che stanno studiando e facendo esperienze accademiche e di vita nelle democrazie dell’Ovest.

Ne jemi ndër vendet e pakta të demokracive perëndimore, ku rinia nuk ka asnjë lloj roli në vendimmarrje, si dhe nuk përbën forcën rinovuese të vendit, po tenton të largohet nga atdheu. Të rinjtë që kanë studiuar duke investuar mundin e tyre familjet shqiptare, me sakrifica dhe vështirësi të shumta financiare, ku janë vlerësuar vlera të larta intelektuale, me nivele të lakmueshme edhe në fushën e formimit akademik, si dhe me aftësi të jashtëzakonshme integruese në jetën e shoqërisë së vendit, nuk vlerësohen dhe përkrahen as nga shoqëria as nga organizmat shtetërore.
Noi siamo uno dei pochi paesi democratici dove la gioventù non ha nessun ruolo nelle decisioni, ma anche non funge da forza innovatrice del paese, solo tenta la fuga dalla patria. I giovani che hanno studiato investendo il sacrificio umano e finanziario delle loro famiglie, pur avendo sviluppato grandi valori intellettuali e abilità nell’integrarsi nella vita sociale del paese, non sono apprezzati e tantomeno aiutati dalla società e dalle istituzioni albanesi.

Prandaj, kjo rini që mbart vlera përparuese, zhvillimi dhe demokratizuese, duhet jo vetëm të vlerësohet, ashtu siç e meriton nga politika dhe shteti shqiptar, por edhe të përkrahet dhe të mbështetet për t’i dhënë hapësirat e domosdoshme, ku mund të japë ndihmën e saj në mënyrë të veçantë për të shtyrë vendin drejt integrimt europian.
Per questo questa gioventù con i suoi valori progressisti e democratici, non solo va valorizzata con merito dalla politica e dallo stato albanese, ma anche aiutata per avere gli spazi necessari in cui offrire il suo contributo specialmente per favorire l’integrazione europea.

Një shoqëri e zhvilluar, mirëfilli, “merr frymë” nga të rinjtë. Të rinjtë janë mundësia për të ecur përpara. Ato janë zhvillimi, përparimi, progresi i një kombi të zhvilluar, me një histori të lavdishme.
Una società sviluppata come si deve, “respira” grazie ai giovani. I giovani sono la possibilità per andare avanti. Loro sono lo sviluppo, il futuro, il progresso in una nazione sviluppata, con una storia gloriosa.

Shpresat për një të ardhme më të mirë, përpara se t’i mbysim ne, po i shkel vetë koha! Ne nuk kërkojmë idealen, as që e synojmë të mirën absolute. Duhet thjesht të rrëzojmë murin që kemi ngritur rreth vetes, sepse jeta e secilit nga ne është betonizuar , ndërkaq egoizmi është i përhapur edhe jashtë kufijve të tij. Është e rëndë të thuhet se numri i studentëve që largohen nga ky vend rritet çdo ditë e më shumë, sepse dëshirat e tyre nuk përputhen me atë se çfarë ky vend ofron.
Non i giovani, ma il tempo, sta cancellando le speranze per un futuro migliore. I giovani albanesi non cercano l’ideale o il bene assoluto, ma soltanto vogliono abbattere quel muro creato intorno a loro che ha cementificato il vivere quotidiano, che ha aumentato l’egoismo. È difficile ammetterlo, ma il numero degli studenti che si allontana da questo paese aumenta quotidianamente, perché il loro desiderio non combacia con ciò che gli viene offerto dall’Albania.

Largohen sepse këtu mungon kultura e mirëfilltë politike, parimet intelektuale e moralizuese, shoqëria e mirëfilltë demokratike dhe rruga civilizuese me parime të sigurta. Dita-ditës kuptojmë se jeta nuk është plot dritë, egozimi ka mbyllur gjithkënd në vetvete dhe nuk dimë më se çfarë kërkojmë, nuk dimë të dallojmë çfarë është e bukur dhe nuk bëjmë asgjë me ideal e pasion.
Si allontanano perché mancano la vera cultura politica, i principi intellettuali e morali, la vera democrazia necessari per una strada verso la civiltà. Giorno dopo giorno i giovani capiscono che la vita non è piena di luce, che l’egoismo rinchiude e non si riconosce cosa cercare, cosa è bello, come fare le cose con ideali e passione.

Për të dalë prej “botës së errësuar” drejt një bote më të civilizuar, drejt botës së artit, drejt asaj bote ku kultivohet dija, duhet rikthyer vullneti dhe dinjiteti i rinisë universitare: ajo paraqet fortifikatën bazë të dijes dhe zhvillimit, ndaj duhet vënë në ballë të proceseve të një kombi.
Per uscire da questo “mondo oscuro” verso uno più civilizzato, verso il mondo dell’arte, della sapienza, bisogna riconoscere la volontà e la dignità ai giovani universitari: questo processo di attenzione va posto ai primi posti nella crescita di una nazione.

Ne si studentë do të duhej të bartim mbi supe pjesë të peshës së rëndë të një kombi, ndaj duhet shfrytëzuar energjia dinamike që kemi, për të krijuar vlera kulturore dhe shkencore, të cilat do jenë shtysë e përparmit dhe barazimit me kombet e zhvilluara të botës.
Noi, in qualità di studenti, dovremmo reggere sulle spalle gran parte del peso di una nazione, per questo bisogna sfruttare la nostra energia dinamica per creare quei valori culturali e scientifici che saranno la spinta dello sviluppo e dell’uguaglianza in sintonia con le altre nazioni sviluppate nel mondo.

Duhet të jemi të vendosur dhe të bindur se vendi ynë meriton të jetë si vendet e tjera në Europë. Të rinjtë intelektualë, me ndryshim nga paraardhësit e tyre, janë ata që do ta drejtojnë Shqipërinë, atdheun e tyre, një politikë ndryshe, në këtë mijëvjeçar të ri, por sigurisht duke u përkrahur nga shoqëria dhe opinioni publik mbarëpopullor.
Dobbiamo essere decisi e convinti che il nostro paese merita di essere come gli altri paesi dell’Europa. I giovani intellettuali, a differenza dei loro predecessori, sono quelli che devono guidare l’Albania, la loro patria, una diversa politica, in questo nuovo millennio, ma ovviamente con l’appoggio della società e dell’opinione pubblica a livello nazionale.

Nascere ancora?

Il nostro autobus dell’Avvento ci ha portato a destinazione!
Forse qualche volta l’abbiamo perso o abbiamo sbagliato fermata, ma ce l’abbiamo fatta e domani alle 10.30 l’autobus 1P, come Provvidenza, sarà qui davanti a portarci il bambino Gesù.
Sì, un bambino, una nascita.
Oggi non va molto di moda parlare di nascite in Occidente!
Anche i vangeli, tra questi solo Luca e Matteo, racconteranno tardi della nascita; anzi i vangeli raccontano di miracoli, malattie, morti e risurrezioni ma di nascite mai!
Anzi, prima i vangeli raccontano il modo in cui il Dio della vita ha donato la vita, poi racconteranno della nascita del Dio della vita.
Come è raccontato il Natale?
Voi cosa ricordate, pensate, sapete di questa nascita?
La dimensione artistica, favolistica, forse mitologica? Ma la dimensione reale?
Se noi cristiani abbiamo dimenticato l’aspetto reale del Natale a maggior ragione il mondo lo ha accantonato e non per colpa sua, ma spesso per colpa dei cristiani!
Il profeta Isaia annuncia agli esuli di Babilonia che ormai “Dio regna”, ma san Luca di quale re racconta, scrive?
Cesare Augusto, Quirino, Erode… loro sono i re, non il bambino!
Del bambino non si racconta il nascere, ma che: preso in braccio, avvolto in fasce, fu deposto in una mangiatoia.
La nascita vera e propria di Gesù è lasciata nel segreto, …di Maria e Giuseppe, come la nascita dell’universo, come la risurrezione accaduta nel silenzio del sepolcro a Gerusalemme.
Maria, la madre, prese il suo corpo, lo avvolse di lino e lo depose in un sepolcro nuovo. E la risurrezione accadde nel silenzio del sepolcro di Gerusalemme come nel silenzio della mangiatoia di Betlemme.
Nel frastuono di oggi, tra blaterare della politica, verità urlate contro la fede, e peccato della Chiesa Dio continua a nascere nel nascondimento, nel silenzio.
In questo silenzio Dio incontra tutta l’umanità, anche quella che ha dimenticato Dio.
Perché gli angeli e le stelle dall’alto e i pastori dal basso riescono a scoprire la nascita di Gesù? Perché vivono nel silenzio parlante dell’universo, del silenzio parlante della povertà.
E noi quanto silenzio facciamo per incontrare Gesù, per recuperare la conoscenza di Gesù?
Perché noi siamo ignoranti di Gesù!
Ci lamentiamo perché il mondo, i nostri figli, non conoscono più Gesù, ma noi quanto lo conosciamo?
Qualche giorno fa ero nel carcere di Milano, ho incontrato tre persone che hanno ucciso, non sono dei paladini, ma nel loro cammino di recupero di se stessi hanno conosciuto Gesù e hanno cominciato a impastare ostie per le messe; le loro mani che hanno versato sangue ora impastano il sangue della salvezza per ognuno di noi, nel silenzio di un carcere!
E noi nel silenzio di questa notte mangeremo queste ostie.
Dio in Gesù si è fatto simile a noi perché noi diventiamo sempre più simili a Lui. «Il Natale, dunque – esorta il santo Cardinale Newman –, ci trovi sempre più simili a Colui che, in questo tempo è divenuto bambino per amor nostro; che ogni nuovo Natale ci trovi più semplici, più umili, più santi, più caritatevoli, più rassegnati, più lieti, più pieni di Dio».
Ringraziamo l’autista del nostro autobus 1P, lo Spirito santo, che ci ha permesso di arrivare là dove nasce Gesù, a Betlemme, in carcere, a “Le Cure” viaggiando in questo mondo ancora assetato di «innocenza, purezza, dolcezza, gioia, pace».
Santo Natale a tutti voi!

Marriage Story

Il film di Noah Baumbach racconta di una storia di matrimonio ormai volta al termine, infatti tutto il film si basa sul divorzio tra Charlie (Adam Drive) e Nicole (Scarlett Johansson). Charlie è un registra teatrale di New York e Nicole è un’attrice cinematografica di Los Angeles, i due si innamorano da giovani e subito decidono di sposarsi. Nicole lascia così il cinema e si trasferisce a New York con Charlie per lavorare con lui nella sua compagnia teatrale.
Del loro passato non viene detto molto nel film, tranne la loro passione artistica che li legherà molto e il desiderio di voler scappare dalle proprie famiglie per potersene creare una loro con un figlio quanto prima: Harry.
Ma questo loro sogno, questa loro storia finirà presto arrivando al divorzio. E così inizia il film, dove ci viene mostrato: un amore, dei desideri e dei sogni distruggersi nonostante la fatica fatta nel costruire ciò.
All’inizio del film ci viene mostrato un comportamento stabile tra i due personaggi, come a voler ancora provare a riparare, salvare il matrimonio, soprattutto per Harry. Ma, mano mano le cose peggiorano arrivando agli avvocati che pure nessuno voleva perché l’idea era fare le cose tra loro e con calma.
Ciò che più colpisce più del film è che alla fine nonostante si amino ancora, e così ci viene mostrato all’inizio, al primo posto emergono le esigenze di ognuno piuttosto che il matrimonio.
Quindi la domanda da porsi è: Noah Baumbarch vuole mostrarci una storia d’amore finita o vuole mostrarci il ruolo del matrimonio nella società moderna (soprattutto nella società americana dove è ambientato il film)?
Punto forte del film è sicuramente la sceneggiatura, che tiene in piedi il film insieme a una interpretazione attoriale di Adam Drive e Scarlett Johansson molto riuscita, soprattutto per il feeling tra i due. Ma ciò purtroppo si va a scapito della regia che porta a un film piatto incapace di coinvolgere lo spettatore. Quindi un film un po’ deludente da certi punti di vista, nonostante fosse stato molto acclamato dalle critiche.
In poche parole, se non fosse per la sceneggiatura e gli attori il film non varrebbe nulla: una maggiore cura nella regia avrebbe fatto del film quel capolavoro che le critiche hanno detto.
L’argomento del film è un tema delicato, se così si può dire, al giorno d’oggi; forse per questo il registra non ha voluto dare una propria visione del matrimonio moderno, dicendo se certe scelte siano giuste o sbagliate; ha mostrato una semplice storia di una famiglia comune, che viene divisa dalle proprie ambizioni e dai problemi economici, scegliendo così di mettere da parte il matrimonio che come in questo caso diventa solo un problema più che una scelta di vita basata sull’amore.

Voto: 6,5/10

Myriam Gabriella Truzzi, Treviglio

Un campanile in tasca

C’è un fatto su cui molti fedeli e giovani fedeli non riflettono abbastanza: la fortuna di avere avuto un sacerdote che ha animato il proprio oratorio, la propria scuola o il proprio gruppo, non sarà la stessa fortuna dei loro figli e di molti giovani di oggi.
Questo accade perché è calato il numero dei sacerdoti e non pare possa aumentare in futuro.
Sono diverse le cause di questa crisi, ma c’è un’attenzione che si può fare nostra, che deve sollecitare i nostri giovani: pregare per le vocazioni.
Infatti, c’è un comando particolare, uno dei pochi comandi diretti che Gesù chiede: «pregate il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe», perché la messe è molta ma gli operai sono pochi.
Alcuni giovani sollecitati da questa proposta hanno risposto che prima bisogna pensare alla propria vocazione umana, certo è vero. Ma è necessario pensare alla propria vocazione battesimale tenendo alto lo sguardo verso il comando del Signore, perché un gregge senza pastore è un gregge che si disperde.
Le strategie vocazionali sono anche altre e di diverso tipo, ma recuperare la preghiera credo sia la prima e più efficiente scelta. Questa e non altre particolari attività chiede Gesù.
Nei tempi correnti in cui tanti, forse tutti i nostri giovani corrono per non restare schiacciati dalla vita, una proposta di preghiera può essere rivoluzionaria e risolutiva.
Sulla nostra tradizione zaccariana la preghiera deve essere breve ed essenziale perché la mente spesso si deve elevare a Dio, quindi bastano poche parole incisive, capaci di far capire il perché, e un segno affinché la preghiera non sia campata per aria.
Il segno non può che essere la Croce e il ricordo del venerdì alle 15.00 quando la nostra tradizione faceva risuonare 33 colpi di campana a memoria della morte di Gesù. E perché non fare degli smartphone i nuovi campanili? Perché non far suonare il proprio smartphone campanile ogni venerdì alle 15.00?
È guardando alla Croce che possiamo rispondere al comando di Gesù, chiedendo che essa possa irrigare i cuori di tanti giovani con il dono della vocazione.
Questa la sfida che noi Barnabiti dobbiamo chiedere ai nostri giovani.
Sono molti i giovani che dal Chile, alla Nigeria a Honk Kong stanno rischiando la propria vita per la verità e la giustizia.
Riusciremo a sollecitare i nostri giovani a “protestare con Dio” per ottenere ciò che lui ci chiede? Riusciremo a creare una catena di giovani nel nostro mondo barnabitico alle 3 del venerdì?
Se non abbiamo paura di osare, sono certo che sì, ce la faremo!
Alcuni di loro sono già pronti! E noi?

L’onda, il film: alcune riflessioni

Il film “L’onda” risale al 2008, è diretto da Dennis Gansel, tratto dal tratto dall’omonimo romanzo di Todd Strasser, a sua volta basato sull’esperimento sociale chiamato La terza Onda (The Third Wave), avvenuto nel 1967 in California. Sulla base di questo esperimento, Todd Strasser scrisse il romanzo Die Welle (L’onda), che in Germania è diventato un classico della lettura scolastica.
È dunque ambientato in Germania, in una scuola superiore, durante una settimana ‘a tema’, in cui ogni docente è chiamato a trattare un argomento monografico con gli studenti.
Al professore Rainer Wenger viene assegnato il tema dell’autocrazia, anche se avrebbe voluto trattare dell’anarchia perché più vicina a ciò che sostiene personalmente. Inizialmente parecchi ragazzi si trovano di fronte ad una lezione noiosa, che non rispecchia i loro ideali, e subito alla domanda del professore: “sarebbe possibile ristabilire una dittatura in Germania” tutti gli alunni negano fermamente, soprattutto perché il passato del loro paese è ben noto a tutti e di conseguenza anche solo il pensiero sembra molto lontano.
Il professore allora comincia a dare loro degli ordini molto semplici, come alzarsi in piedi per parlare e scandire le parole, ma con un’intonazione brusca e dura. La maggioranza dei ragazzi obbedisce e non comprende il significato più profondo di un’azione così piccola. Col trascorrere della settimana il professore ordina ai ragazzi di vestire con una camicia bianca, di inventare un saluto e un logo, però tutto in ambito scolastico. I ragazzi che hanno comprato le camicie bianche, di loro spontanea volontà, cominciano a escludere chi si rifiuta di metterla e chi non pratica le azioni che vengono assegnate dal professore. Nella classe dopo pochi giorni si è creata un’unità e un’uguaglianza mai vista prima! I ragazzi più deboli all’interno dell’onda diventano tali e quali agli altri, se non più protetti e più protettivi nei confronti del gruppo, mentre chi era più forte caratterialmente al di fuori dell’onda, dentro questa comincia a proteggere i compagni e cercare un’unità, una famiglia.
Nonostante la formazione di un gruppo ben consolidato sembri un sogno agli occhi di molti studenti, due ragazze si opporranno. La prima, che inizialmente cercava l’unità come gli altri, si ribella dopo aver visto il fidanzato e i fratelli cambiati. Il fidanzato infatti diventa più aggressivo e meno rispettoso dato che la ragazza non vuole fare parte di una ‘famiglia’ come l’onda, mentre i fratelli più piccoli sviluppano comportamenti ancor più rozzi e aggressivi di quanto già avessero; praticano atti di bullismo su ragazzini più piccoli e non li fanno entrare a scuole se non sanno l’esistenza del saluto dell’onda. La ragazza si rende conto dei problemi che questa unità così esclusiva sta creando e assieme a un’amica, contraria al progetto fin da subito, decide di fermare lo scempio pieno di aggressività ed esclusività che si sta creando. Le due cominciano a spargere volantini per fare una sorta di propaganda contro l’onda mostrandone i lati negativi, ma l’onda ormai è troppo potente e nessuno, se non il professore, potrà fermarla.
La ragazza in seguito a diverse azioni dell’onda, come il vandalismo in città e il bullismo, parla con il professore per mettere in evidenza i problemi principali che ha riscontrato e che stanno danneggiando gli studenti, ma solo dopo che anche il fidanzato di quest’ultima, in seguito al suo comportamento aggressivo, si ricrede sull’onda e ne parla con il creatore vero e proprio, egli si deciderà a mettere un punto alla faccenda.
Il professore aveva visto anche con i suoi occhi diversi comportamenti da parte di uno studente molto convinto, che lo avevano lasciato esterrefatto, come il desiderio di costui di proteggerlo a tutti i costi e quindi di seguirlo, ma aveva deciso di ignorarli.
La storia si conclude con una riunione del gruppo, che si rende conto, solo dopo le parole del professore, che oramai tutti acclamano come una figura quasi divina, che la scuola è ricaduta in una dittatura. Proprio il contrario di ciò che gli studenti stessi avevano affermato solo una settimana prima.
Purtroppo il film vede come conclusione il suicidio del ragazzo particolarmente accecato dallo spirito del gruppo durante l’assemblea, incapace di accettare che tutto ciò che avevano costruito sarebbe finito in un istante. Il ragazzo, possessore di una pistola, colpirà un altro studente, che fortunatamente riesce a sopravvivere, ma il professore verrà portato in carcere per istigazione all’omicidio e al suicidio, lasciando sola a casa sua moglie incinta.

Riflettiamo
Il film cerca di far riflettere il pubblico sull’importanza dell’individualismo e soprattutto sui risultati che può portare una cattiva influenza, o anche solo un concetto espresso a dei giovani ma con azioni ed espressioni fraintendibili.
Nella maggior parte delle famiglie dei ragazzi protagonisti, gli adulti sono rappresentati in malo modo e poco presenti. I ragazzi con una carente unità familiare alle spalle tendono quindi a cercare un gruppo primario in un altro contesto, in questo caso la scuola. Essi sono alla ricerca continua di approvazione, di uguaglianza e hanno bisogno di sentirsi parte integrante di un gruppo su cui poter contare, vista la mancanza di attenzione dei genitori. Approfondendo la storia di alcuni studenti infatti si nota come i genitori di alcuni abbiano degli ideali diversi dai figli, ma comunque cerchino di trasmetterglieli non curanti dell’identità del ragazzo, oppure ancora come una madre possa divertirsi con i compagni di squadra di suo figlio, o come all’interno delle famiglie ci sia poca fiducia e diversi tradimenti dei genitori.
La ragazza che inizialmente ha aderito al progetto dell’onda viveva con una famiglia dai valori come la libertà e la poca disciplina, con due fratelli che già a 12 e 13 anni erano rozzi, bulli e poco educati. La ragazza smetterà di frequentare il gruppo che si era creato e inizia a selezionare le persone; chi la apprezzava nella sua individualità e chi invece la disprezzava solamente perché non facente parte della nuova ‘dittatura’.
È apprezzabile come, per l’amore dei suoi fratelli e amici, ha cercato di parlare con il professore e distribuire volantini per interrompere lo tsunami di aggressività e esclusività che si era creato.
Un ulteriore personaggio interessante è lo studente che aveva dedicato anima e corpo al progetto, fino a entrare in un tunnel senza via d’uscita.
Fin da subito egli ha dimostrato un forte bisogno di appartenenza causato dalla solitudine che lo aveva caratterizzato fin da piccolo, facendolo considerare uno ‘sfigato’. All’interno dell’onda ha visto le sue debolezze volatilizzarsi e si è sentito utile per il sociale e importante, pur essendo semplicemente trattato come una persona al pari delle altre presenti. I genitori del ragazzo anche in questo caso non hanno dato segni di preoccupazione, anzi, hanno riferito alla scuola quanto loro figlio fosse entusiasta dell’idea del professore. Senza accorgersi che stava sostituendo la loro figura genitoriale.
Il professore invece è una figura che non viene descritta in pieno, è un uomo innamorato del suo mestiere e del contatto con i giovani, ma a quanto pare bisognoso di attenzioni e di potere dal suo superiore (preside). All’inizio viene messo in evidenza come egli venga surclassato da un altro professore che si appropria dell’argomento da lui prediletto ed essendo così costretto a fare lezione su un altro tema. A casa però la sua situazione sembrerebbe normale e felice, considerando il fatto che egli alloggia in una graziosa casa sul lago, con una moglie che lo ama e un figlio in arrivo.
Tutto ciò lascia lo spettatore con una domanda: il professore ha strumentalizzato gli alunni per puro piacere personale, facendo sì che essi lo idolatrassero (come in una dittatura) e per sentirsi realizzato sul piano lavorativo, oppure la sua idea iniziale non prevedeva l’influenzare così malamente i giovani?

Caterina Ferioli, 3 LES S. Luigi, PP. Barnabiti – Bologna

Voci e occhi dal Chile

In quel novembre del 1989 a Berlino, assistemmo a una svolta storica quando un muro, che divideva ideologie, menti e cuori umani è crollato davanti agli occhi di tutto il mondo. In tanti aspettavamo che fosse davvero un cambiamento in tutti i sensi… sono trascorsi 30 anni e ci sembra che nulla si sia trasformato, anzi che le divisioni siano aumentate. Tanto che sono apparsi movimenti sociali per rivendicare più giustizia e libertà in parecchie parti del mondo.
Mi trovo a Santiago del Cile, che fino a poco tempo fa si pensava fosse un’isola di pace e stabilità in un’America latina accesa di proteste e lotte sociali: era solo un’apparenza
Un gruppo di studenti, hanno deciso di saltare i tornelli della metropolitana come segno di protesta contro il rincaro del biglietto. A loro si sono uniti tante altre persone e infine il fuoco dello scontento si è dilagato a tutte le città. Per la prima volta (tranne un breve periodo dopo il terremoto de 2010) il governo ha indetto il coprifuoco e abbiamo vissuto un periodo di grande violenza: per quanti abbiamo vissuto la dittatura di Pinochet é stato un deja vú terribile, coi militari per strada, con il divieto di uscire dopo le ore 20. IL coprifuoco ha provocato l’ira della maggior parte della popolazione e la violenza non si è fermata, anzi, sono già trascorsi trenta giorni di manifestazioni.
La convocazione che ha portato milioni per la strada, specialmente nella centrale piazza Italia (oggi piazza della Dignità!) fu lo slogan “¡Hasta que la dignidad no se haga costumbre!” (Finché la dignità diventi una consuetudine!) e i muri, proprio quando i media non dicono la verità, i muri parlano, sono scoppiati in frasi e disegni richiamando a un’altra società più giusta. Così fu in quel Maggio di Parigi.
Il Capitalismo più feroce è stato uno degli aspetti più sinistri legati alla dittatura cilena, che si è perfezionando in questi trent’anni, provocando la miseria di milioni e la ricchezza assoluta di pochi.
A questo punto i giovani cileni hanno cominciato nel 2006 una rivoluzione urbana (la rivoluzione dei pinguini) con l’esigenza di un’educazione libera e gratuita, contro le leggi scolastiche che l’avevano convertita in un affare economico. Prontamente gli si sono uniti altri organi sociali e colletivi politici e sono riusciti a trasformare il tutto in un’educazione per tutti. Trascorsi 13 anni di nuovo i giovani hanno superato la paura di rianimare le strade con bandiere e slogans contro un capitalismo assassino.
Purtroppo la violenza, soprattutto provocata per la repressione dei militari e della polizia militarizzata (i carabineros) è apparsa: saccheggi, incendi e altro, non hanno  fermato la rabbia della maggior parte dei cileni; molti, quasi tutti giovani, sono stati aceccati dagli spari della polizia, provocando una crisi sanitaria e umanitaria senza precedenti nella storia; fino a oggi piú di duecento occhi si son perduti o sono diventati cechi.
Ma i giovani continuano a marciare, a fare arte nelle piazze, a colorare un’epoca scura. Millennials e centennials poveri e ricchi, istruiti o non, senza differenze politiche, anche gli ultrà delle squadre di calcio scrivono sui muri i motivi della lotta: educazione, pensioni, rispetto per le minoranze etniche e sessuali, e tutto il mondo s’incontra per la strada, senza preoccuparsi del terribile grado di repressione delle forze d’ordine: bastano un paio di occhiali protettivi!
Pentole, tamburi e applicazioni web servono per moltiplicare lo scontento. Ogni sera le città sono una polifonia di suoni e canzoni di protesta contro un governo neoliberale, contro un presidente miliardario, che non vuole sentire niente e nessuno, rinchiuso nel suo labirinto.
Ma sempre i giovani… a noi vecchi ci hanno dato il buon esempio e continuano a darcelo… Uniti, sorridenti in mezzo ai gas e gli idranti, giovani sono pure quelli che saccheggiano e quando domandi perché? Ti dicono perché oggi si sentono parte di un tutto che prima li escludeva e vogliono colpire con la loro rabbia sopratutto quei negozi che rappresentano il potere economico di pochi.
Non sappiamo come andrà a finire tutto, in questi giorni la maggior parte dei cileni chiede un’assemblea costituente  che possa elaborare una nuova costituzione, i detenuti, i feriti, e purtroppo, i morti aumentano ogni giorno… ma pensiamo a Hong Kong che sono già cinque mesi che resiste, a una Bolivia che ha visto il presidente eletto fuggire all’esilio e i poveri a difenderlo, un Brasile accerchiato per il fascismo totalitarista del potere, a una Catalonia che resiste per decenni, Siria, Francia, ecc … ma sono i giovani quelli che maggiormente riempono le strade del mondo, quelli che non avevano incorporato nella loro esperienza la violenza politica, ma che, indubbiamente, sentono più paura per il loro futuro e quello dell’umanità…  a loro dobbiamo il coraggio, l’esempio; noi che li abbiamo legati in un mondo senza speranza.

Finché la dignità sia una consuetudine.

 p. Miguel Panes Villalobos