Le chiese sono vuote, di giovani (ma non solo).
La colpa è della Chiesa che non parla più di Cristo bensì di sole cose mondane.
I giovani hanno bisogno di Cristo non di cose mondane.
Lasciamo le necessarie cose del mondo al mondo.
I giovani scansano le chiese perché la Chiesa vuole fare da maestra in tutto non sapendo più parlare di Cristo.
Queste sono alcune delle riflessioni che molti credenti fanno alla realtà ecclesiale attuale. In particolare provo a rispondere a Matteo Matzuzi che sabato 18 novembre scriveva su IlFoglio un testo dal titolo Ite Missa Est proprio su questo tema.
Certo, ognuno ha le sue competenze, i propri ambiti di azione, ma i vari ambiti oggi più di ieri sono così interconnessi tra loro e sollecitano delle risposte anche morali.
Già Paolo VI, che non è l’ultimo arrivato, diceva che il credente deve avere su una mano il Vangelo e sull’altra il giornale, perché il vangelo è fatto per il mondo e il cristiano deve conoscere il mondo. Il Vangelo è la lampada da porre in cima al monte perché illumini le città degli uomini. Per illuminare il mondo è necessario conoscerlo.
E poi Dio si è fatto uomo in Gesù non per hobby, bensì “per conoscere” la storia degli uomini, perché gli uomini conoscessero la sua storia.
Non si può dare una fede senza il mondo e viceversa. Forse per troppo tempo si è voluto lasciare il mondo fuori dalle porte delle chiese, come fosse qualcosa di solamente cattivo, maligno e si è persa la capacità di comunicare.
Il problema non è parlare di Cristo, bensì scalfire l’indifferenza all’incontro con la persona Cristo. Questo perché l’apatia, l’indifferenza e l’individualismo della nostra società ormai sono all’apice del ben vivere: se già chiedere di incontrare l’uomo è una sfida, chiedere di incontrare l’uomo Cristo lo è ancora di più.
Non si può non parlare del mondo, perché il mondo tutto è stato ricapitolato in Cristo, perché ogni più piccolo granellino di sabbia o filo d’erba trovano il loro senso in Cristo! Certo il rischio di confondere l’ecologia con l’escatologia è alto, ma sempre è stato così. La sfida è far capire che l’ecologia senza escatologia diventa ideologia.
Forse non tutti sanno che l’escatologia è la conoscenza e l’esperienza del Paradiso; è lasciarsi guidare dalla luce e della realtà del Paradiso per dare direzione, significato e sapore all’ecologia non solo dell’ambiente, ma di ognuno di noi. Si può vivere la storia con tutte le ottime intenzioni ma solo nel presente. Si può vivere la storia con la prospettiva futura che dona continuamente speranza e forza nel presente.
Le chiese sono vuote non perché la Chiesa parla troppo del mondo e poco Cristo, bensì perché non ha ancora ritrovato quella capacità di parlare del mondo come segno della rivelazione di Cristo aperto alla luce di Cristo.
D’altra parte non è proprio il Concilio Vaticano II a scrivere: le gioie e le speranze, i dolori e le angosce degli uomini di oggi sono anche le gioie, le speranze, i dolori e le angosce dei discepoli di Cristo?
«Non so, mi scrive F., se dire le cose del mondo porti a oscurare Gesù, anche perché la religione insegna valori umani assolutamente condivisibili: fratellanza, rispetto… Quindi per forza bisogna trattare le interazioni umane che, diciamo, sono una manifestazione più diretta e visibile della Rivelazione».
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