Raciocinar e pensar

Se quiser que eu me desprenda a refletir por muito tempo por algo, faça como o padre Giannicola e me peça para refletir e escrever sobre raciocinar e pensar. Com certeza foi uma das questões que mais me deixou “encucada”, como se diz em algumas partes do Brasil.
Depois de muito pensar e raciocinar cheguei a (minha) conclusão de que as pessoas estão comumente menos dispostas a raciocinar algo ou por algo quando são solicitadas a isso. Eu mesma tenho mais resistência a isso. Mas, pensando bem, percebi que por mais que isso de alguma forma me traga estranheza algumas vezes, estou sempre pensando em algo. Talvez seja uma característica particular, talvez culpa do défict de atenção, não sei a razão, mas estou sempre pensando sobre alguma coisa, mesmo que sem querer.
A pandemia da covid-19 e todo o caos mundial que o isolamento nos trouxe me deixou ainda mais reflexiva. Eu, que sempre falei muito, acabei passando mais tempo em silêncio e pude enxergar que estou sempre ouvindo.
Não acredito que isso seja um padrão. Na verdade, especialmente o meu país, está mais disposto a reproduzir o que outros pensaram do que refletir e pensar por si mesmo. Talvez seja a tendência da sociedade na qual estamos inseridos. E talvez por isso eu me sinta tão esquisita.
Ao mesmo tempo, paro para pensar se não temos culpa nisso. Quantas vezes promovemos ou ensinamos o outro a pensar? Como temos incentivado o outro para que pense por si? Essas questões me tomaram muito tempo. Como eu posso agir para mudar essa realidade?
Eu entendo o privilégio que tive por crescer numa família que sempre me incentivou a isso (talvez até tenha exagerado nisso porque fiquei muito crítica), mas então: qual o meu papel?
Me peguei pensando sobre um livro que li (“O doador de memórias”) e acab eu entendendo que tenho muito trabalho a fazer porque preciso promover, na minha vivência político/social/espiritual a reflexão (minha, como autocrítica, e do próximo).
Do italiano para o português, especialmente o português do Brasil, “ragionare” vai ter várias formas de colocação e tradução. De “pensar” e “raciocinar” até “racionalizar” e “argumentar”. Porém, acho que nesse caso, todas elas requerem que você tenha por princípio ruminar e maturar uma ideia, voltar a ela, revê-la, revivê-la… ANA-CLARA F., Rio de J.

Ragionare e pensare (libera traduzione)
Se vuoi che io pensi a lungo sul qualcosa, fai come padre Giannicola e chiedimi di riflettere e scrivere sul ragionare e pensare. Questa è stata sicuramente una delle domande più “penetranti”, come si dice in alcune parti in Brasile.
Dopo molte riflessioni, ragionando, sono arrivata a una (mia) conclusione secondo cui le persone sono comunemente meno disposte a ragionare su qualcosa o per qualcosa quando sono sollecitate a farlo. Io stessa faccio più resistenza a questo. Ma, pensandoci bene, più che resistere a rispondere alla domanda su cosa ragiono, mi accorgo che penso sempre a qualcosa. Può darsi che sia una mia caratteristica particolare, forse è colpa del deficit di attenzione, non conosco la ragione, ma penso sempre a qualcosa, anche senza voglia.
La pandemia da covid-19 e tutto il caos globale che l’isolamento ci ha portato, mi hanno resa ancora più riflessiva. Io, che sempre parlavo molto, ho finito per passare più tempo in silenzio e così ho potuto vedere quello che sto sempre udendo.
Non credo che questo sia un modello. In verità, specialmente il mio paese, è più disposto a riprodurre quello che altri pensano, invece che riflettere e pensare per se stessi. Forse è una tendenza della società nella quale siamo inseriti. Per questo, a volte mi sento proprio molto strana.
Allo stesso tempo, mi fermo a pensare se non è colpa nostra. Quante volte promuoviamo o insegniamo ad altri a pensare? In che modo abbiamo incoraggiato gli altri a pensare da soli? Queste domande mi hanno preso molto tempo. Come posso agire per cambiare questa realtà?
Capisco il privilegio che ho avuto crescendo in una famiglia che mi ha sempre incoraggiato a ragionare (forse in questo ho anche esagerato perché sono stata molto critica), ma allora: qual è il mio ruolo?
Mi sono ritrovata a pensare a un libro che avevo letto (“Il donatore di memorie”) da cui ho capito molto del lavoro che ancora dovevo svolgere perché ho bisogno di promuovere una riflessione, nel mio vivere politico / sociale / spirituale.
Dall’italiano al portoghese, in particolare il portoghese brasiliano, “ragionare” presenta diverse forme di definizione e traduzione. Dal “pensare” e “ragionare” fino al “razionalizzare” e “argomentare”. Tuttavia, una idea va sempre meditata e maturata, a essa si deve ritornare sempre per rivederla, per riviverla.

Poesia linguaggio della riconciliazione

Ci piace riprendere quest’intervista dell’Osservatore Romano alla giovane Amanda Gorman di di Alessandro Gisotti

Con la sua poesia, hanno affermato i media americani, ha rubato la scena al presidente Joe Biden. A soli 22 anni, Amanda Gorman è diventata la più giovane poetessa a recitare alla cerimonia di insediamento del presidente degli Stati Uniti. Con The Hill We Climb (“La Collina che scaliamo”), la giovane afro-americana di fede cattolica ha saputo emozionare l’America e il mondo indicando il sogno possibile di un’umanità “guarita”, che trova speranza nel dolore e non si rassegna ad essere testimone passiva di conflitti e divisioni. In questa intervista con i media vaticani, Amanda si sofferma sulla forza della poesia come via di riconciliazione in un tempo segnato dalle polarizzazioni e sottolinea l’urgenza di investire nell’educazione per cambiare il mondo e donare un futuro migliore alle giovani generazioni.

Papa Francesco in molte occasioni ha sottolineato quanto sia importante costruire ponti, dialogare e lavorare coraggiosamente per la riconciliazione. Pensa che la poesia possa aiutare a guarire le ferite che dividono il nostro mondo?
Assolutamente sì. La poesia è il linguaggio della riconciliazione. Spesso ci ricorda il nostro modo di essere migliori e i nostri valori comuni. È stata questa l’esperienza a cui mi sono ispirata mentre scrivevo The Hill We Climb, chiedendomi fondamentalmente: “Cosa può fare questa poesia, qui e ora, che la prosa non può fare?”. C’è un potere speciale nella poesia di santificare, purificare e raddrizzare, anche in mezzo alla discordia.
La poesia è a volte associata all’élite intellettuale o a qualcosa per gente di una certa età. Cosa direbbe ai giovani che sono ispirati dalla sua poesia e apprezzano la sua giovane età?
È un peccato che spesso la poesia sia insegnata nelle scuole come se fosse solo appannaggio di un’élite intellettuale vecchia, defunta, bianca e solo per maschi, quando in realtà la poesia è la lingua del popolo. Direi ai giovani che la poesia è vibrante e in costante cambiamento, e che l’arte appartiene a tutti noi, non a un gruppo selezionato. Direi che abbiamo bisogno delle vostre voci, abbiamo bisogno delle vostre storie, quindi non abbiate paura di prendere in mano una penna!

Malala, Greta Thunberg, ora Amanda Gorman: negli ultimi anni abbiamo visto molte giovani donne emergere come leader di movimenti che stanno sfidando i potenti della terra. Ritiene che questo segni un cambiamento duraturo?
Penso che stiamo vedendo giovani donne leader guadagnare un palcoscenico mondiale perché ciò rappresenta un fenomeno globale più ampio: i giovani, specialmente le giovani donne, in tutto il mondo si stanno rialzando e stanno prendendo il loro posto nella storia. Per ogni Amanda, ce ne sono innumerevoli altre come me. Posso essere unica, ma non sono affatto sola. Il mondo sarà scosso e cambiato dalla prossima generazione ed è ora di ascoltarla.

Da piccola lei aveva un difetto di pronuncia che ha superato, e oggi il mondo la ammira per la sua eloquenza. Quanto è importante, secondo lei, l’educazione per cambiare il nostro mondo?
L’educazione è tutto. Sono figlia di un’insegnante, quindi ho sempre preso sul serio la mia educazione. Ho capito in giovane età che la conoscenza è potere. Per le persone emarginate, può essere uno degli strumenti più importanti nella nostra “cassetta degli attrezzi”. Per cambiare il mondo, dobbiamo metterlo in discussione, dobbiamo interrogarlo; dobbiamo considerare l’intero arco della storia e vedere come si collega al presente. Non ho dubbi che molti altri grandi movimenti sociali inizieranno nell’aula di una scuola.

Ragionare?

Ciao,
“Ragionare”, “ragiona ancora le gente oggi?”.

L’argomento non è semplicissimo, cerco di buttare giù qualche idea.
Cosa si intende per “GENTE”, le masse? Sono convinta che la “Gente” di oggi non sia diversa da quella di altri momenti storici. C’è chi ha una sua idea, convinzione e la porta avanti ragionando sugli eventi e agendo di conseguenza e c’è chi si fa trascinare dalla massa e dalle tendenze e non ragiona ma fa quello che fanno tutti, ma questo succede oggi come succedeva un tempo.

Forse oggi i media, i social rendono tutti un po’ più facili da condizionare o suggestionare, ma non dobbiamo confondere i giovani che si lasciano trascinare in piazza per risse e pestaggi, che non perdono occasioni per far assembramenti per la movida anche in tempi di Covid, con il fatto che la “Gente”, i giovani non ragionino. Io trovo che è più facile vedere questo che giovani impegnati e maturi. Ho modo di confrontarmi con giovani della mia età e affrontare argomenti su cui ragionare e non mi sento assolutamente di poter affermare che oggi la Gente/i giovani non ragionano.
Io e i giovani miei coetanei viviamo il nostro tempo, con le sue bellezze e le sue contraddizioni. Certo la situazione imposta dalla pandemia ha reso e rende tutto più complicato, i limiti all’incontro alla socialità, ad approfondire e rinsaldare, grazie alla frequentazione la conoscenza rapporti di vera amicizia dei coetanei.
Ma i valori e le certezze su cui ho fondato la mia vita rimangono saldi e sono quelli che mi guidano e impongono le mie scelte.

La nostra generazione forse più di altre sta pagando le scelte della scorsa generazione, con meno valori che spesso hanno portato alla disgregazione delle famiglie, spesso mi trovo a confronto con giovani che vivono, o hanno vissuto a fasi alterne con il papà e con la mamma e che nel loro futuro, non avendo, alle spalle un modello di famiglia, non ne sentono la necessità di formarne una loro o non prendono proprio in considerazione. Allo stesso modo il concetto di fedeltà o legame affettivo che non sempre è vissuto come un valore. Ma ci sono anche giovani che con coraggio e determinazione hanno le idee molto chiare e sanno fare e portare avanti scelte responsabili e coraggiose per se stessi e per gli atri, impegnandosi nel volontariato, nel sociale e sfruttando le tante occasioni di bisogno che si sono create per poter dare una mano. L’immigrazione, la povertà, il disagio sociale danno ai giovani anche l’occasione per viver con maggior apertura, rispetto alle generazioni passate, la conoscenza e l’integrazione con l’atro se vissute nel modo corretto.

Liliana O. 21, Lodi

La ragione umana

Il legame con altri si stringe solo come responsabilità, sia che essa venga accettata o rifiutata, sia che si sappia o no come assumerla, sia che si possa fare qualcosa di concreto per altri, dire «eccomi» fare qualcosa di concreto per un altro, donare: essere spirito umano significa questo. E. Levinas, Etica e Infinito, cit.p.42.

Che cosa significa ragionare? Il termine ragione è stato, da sempre, nella storia del pensiero occidentale, attribuito a un privilegiato ente, cioè l’uomo. L’esistenza umana è tale in virtù del linguaggio e del pensiero, perciò parlare significa pensare e pensare significa parlare. Dunque, da questo breve ragionamento, possiamo dedurre che: noi siamo parola, quindi il nostro pensiero si apre al mondo attraverso di essa.

La storia umana ha fatto il corso del suo tempo, tra distruzione e costruzione, sino ad arrivare all’età della tecnica, della globalizzazione e delle società sotto assedio dell’economia capitalistica. Tra le false promesse di un mondo globale, in nome del tanto decantato progresso e della fine dei nostri problemi, abbiamo finito per perdere ciò che c’è di più prezioso al mondo, la nostra felicità. In questa modernità liquida fatta di amore liquido, (per dirla con i titoli di due grandi opere di uno dei più grandi sociologi di tutti i tempi Zygmunt Bauman) siamo stati assegnati alla stessa sorte di Tantalo. (Tantalo fu condannato dagli dèi dell’Olimpo a restare assetato e affamato, allora egli fu situato presso a un limpido ruscello, ma ogni volta che chinava il capo per bere quell’acqua fresca l’acqua scorreva via).

Oggi disporre di uno smartphone e di una connessione internet è diventato un obbligo che la stessa società globalizzata ci impone, pena l’essere esclusi da ogni forma di socializzazione, pena l’emarginazione sociale. In realtà, il vero obbiettivo del mercato consumistico è quello di provocare insoddisfazione, solitudine e di far morire i nostri desideri. Grazie alla nostra paura per la solitudine i noti social network guadagnano cifre che noi comuni proletari nemmeno possiamo immaginare.

Come si può pretendere, oggi, di pensare e di ragionare, quando siamo continuamente assuefatti da false tempeste mediatiche? Come possiamo pretendere di creare un nostro personale pensiero nella massa del web e dei social, dove non conta più il se ma le immagini di corpi perfetti e alla moda? Per non aggiungere le gravi problematiche e conseguenze che la nostra cultura a sfondo narcisistico crea nelle nostre società tra giovani e adulti compresi.

Ora, come mai è necessario ritornare a riflettere sul fondamento della nostra esistenza. Ricordarci che prima di ogni ragione e ogni conoscenza noi ritorniamo umani solo nell’amore, perché è l’amore il fondamento universale e assoluto di ogni coscienza.

In ultimo, è giusto chiarire che cosa intendiamo quando usiamo la parola amore. L’amore è la responsabilità che io ho nei confronti dell’altro, in quanto l’altro è fondamento del mio io. L’altro è ciò grazie a cui la mia vita è degna ancora di ricevere un senso, perché l’altro è il desiderio dell’indesiderabile, per usare le parole di Emanuel Levinas. Nonostante tutto ciò, possiamo dire ancora di essere umani solo nello sguardo dell’altro che ci richiama alla responsabilità.

Stefano P. – Avellino

Scrivere

Scrivere non è facile, richiede arte innata, richiede tempo.

Scrivere impegna: la mente, la mano, il cuore.

Quando si è abituati a scrivere in continuazione messaggi e messaggini, non so quanto siano veramente impegnati mente, mano e cuore. Forse o l’uno o l’altro. Perché scrivere richiede arte e impegno.

Non so perché molti facciamo fatica a scrivere. Non perché tutti dobbiamo essere Dante o Manzoni, a ognuno è bene lasciare le proprie doti, piuttosto perché scrivere – come leggere – apre la mente e dà ritmo al cuore.

Ognuno ha un proprio tesoro nel cuore, piccolo o grande che sia, comunque sempre prezioso. Forse se don Abbondio avesse scritto qualche cosa di sé, anche solo per sé, anche senza la pretesa di farlo leggere a qualcuno, anzi con la piena consapevolezza che nessuno avrebbe letto il suo scritto, avrebbe imparato a essere meno il don Abbondio che conosciamo e più il don Abbondio che non conosciamo.

Noi delle persone conosciamo solo degli aspetti, e su quelli ci fermiamo con ostinazione incapaci di andare oltre: il giudizio si fa pregiudizio inamovibile. Se potessimo leggere qualche cosa di questo o quello forse scopriremmo dietro le corazze di ognuno un cuore.

Dio non ebbe paura di scoprire la corazza di Caino, per citare un caso. Ma Lui è Dio!

Se Etty Hillesum, per parlare di una umana, non avesse scritto del suo modo di vivere, di affrontare il soldato della Gestapo che la processava, non avremmo mai potuto scoprire il bene che anche quel giovane soldato ostinatamente nascondeva nel più profondo del cuore. Il pregiudizio di tutti noi in Etty diventa giudizio, giudizio per il bene.

Si scrive, scrivo perché ognuno ha un proprio tesoro nel cuore che non è proprietà privata, o meglio è proprio, per l’umanità.

L’uomo è sulla terra, forse creato, per il bene degli altri uomini e del creato. La preoccupazione massima dell’uomo dovrebbe essere quella di prendersi cura dell’altro intorno a sé. Scrivere è il modo, non esclusivo ma forse più semplice, per prendersi cura di sé, quindi dell’altro

Lo scrivere è una sorta di crema da corpo per prendersi cura di sé, è uno specchiarsi non come la strega di Biancaneve, tronfa di sé, ma per aprirsi all’altro da sé. Siamo soliti a parlare male di Narciso, forse perché pensiamo solo al momento dell’annegamento dimenticando che la ricerca di sé non è cosa malvagia se sa fermarsi prima di specchiarsi troppo. Se Narciso avesse scritto un poco più di sé avrebbe scoperto la possibilità di dirsi e di dire qualchecosa di sé.

Oggi non scriviamo quasi più perché è più seducente annegare nella propria immagine, che affascinarsi della propria storia.

Scrivere aiuta a invecchiare imparando a riconoscere i propri giorni come delle opportunità, questo è sapienza, questo è vivere in un mondo che sembrerebbe voler vivere solo per se stesso.

È trascorso già un mese di questo nuovo anno, un mese appendice del precedente anno orribile 2020 scriveva qualcuno.

Non voglio scrivere tutto ciò che l’anno scorso mi ha tolto o donato, mi basta scrivere quanto vorrei ancora di più ricevere anche quando dovrò sperimentare altri vuoti.

Il dono della fede non è il dono dell’ingenuità, ma della responsabilità di continuare a sperare perché vivo della vita di Uno che è vivo e vivifica, anche tra i dirupi del dolore. Di questa speranza vivente voglio continuare a scrivere in ogni giorno che il proseguire di questo anno mi darà, con l’incoscienza di voler scrivere un poco della storia non solo mia.

Per questo è stato scritto il Vangelo.

LA CULTURA DELLA CURA. MESSAGGIO PER LA PACE 2021

“La cultura della cura, quale impegno comune, solidale e partecipativo per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti, costituisce una via privilegiata per la costruzione della pace”. Così ci dice Papa Francesco in occasione della 54esima Giornata Mondiale della Pace indetta per il 1 gennaio 2021.
In questo discorso, tenuto dal cardinale Parolin per motivi di salute di papa Francesco, si rivolge a tutte le famiglie, leader religiosi, organizzazioni governative e non, ma soprattutto anche a tutte le scuole. Chiede loro di trovare del tempo, utile e prezioso, per educare i giovani a combattere il male che risiede nel mondo. Incoraggia quindi le persone a diventare dei profeti e testimoni della cultura della cura per estinguere le diseguaglianze, l’indifferenza verso i bisognosi e il razzismo.
Vediamo un Papa che giustamente si scontra affinché la società sia più aperta al diverso livellando tutte le disuguaglianze estetiche e sociali. Nuovamente si ritorna sul razzismo e sulla xenofobia, temi molto caldi dell’anno appena concluso. Sono due problemi seri e non bisogna voltarsi dall’altra parte, bensì affrontarli.
Ogni giorno le vittime aumentano a dismisura, soprattutto in Paesi che vogliono passare come perfetti anche quando non lo sono. Questo, a mio avviso, è abbastanza scabroso e per certi versi anche assurdo. È inconcepibile che nel 2021 si debba ancora parlare di razzismo e xenofobia. Sembra che l’essere umano non si evolva, anzi regredisca ad un livello inferiore rispetto a quello di un tempo. Se prima era normale accettare la ‘teoria delle razze umane’ perché il progresso scientifico non si era ben sviluppato e quindi prevaleva la ‘legge del più forte’ come in una giungla, ad oggi distinguere e scegliere le persone con le quali relazionarsi attraverso il colore della pelle o il luogo di nascita fa ribrezzo. E questo vale per tutte le etnie.
Purtroppo, nonostante si cerchi in tutti i modi di reprimerla, questa situazione sta aumentando; forse per via dei Social che danno visibilità a molti ignoranti. Paradossalmente, a furia di sensibilizzare le persone si rischia di produrre l’effetto opposto (come in tutte le cose)! Mi spiego meglio attraverso un banale esempio. Molti fumatori hanno iniziato a intraprendere questo vizio perché gli veniva vietato categoricamente. È un esempio molto insignificante che può farci capire come si sviluppi nel subconscio umano un effetto pari e contrario a quello che a volte ci viene imposto. Perciò, tutte queste multinazionali e tutti i media che fino a qualche anno fa stavano dormendo e che ora per ‘recuperare’ il tempo perduto raddoppiano la dose di spot o di campagne antirazziste rischiano di ottenere tutt’altro che l’effetto desiderato.
Quasi sicuramente quello che sta emergendo è il fatto che ora stiamo vivendo in una società più razzista ove tutto, però, deve essere politically correct. È come se si fossero creati due filoni paralleli ed antistanti che vanno alla stessa velocità. Essendo anch’esso un estremo, dubito fortemente sia una cosa positiva. È corretto che vengano modificati gli inni nazionali per combattere il femminismo? È corretto che una società sportiva debba modificare nome e logo andando contro la propria tradizione e i propri tifosi? Non penso sia questa la strada giusta per combattere l’ignoranza della gente. Pertanto credo bisogni ascoltare bene il prossimo e solo successivamente giudicare. Non bisogna partire prevenuti.
Per questo nuovo e faticoso anno mi auguro dunque che la popolazione capisca i veri valori della vita senza badare troppo alle apparenze perché davanti a una ‘pelota de trapo’ siamo tutti uguali.
In questo tempo, – scrive Francesco – nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, il timone della dignità della persona umana e la “bussola” dei principi sociali fondamentali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e comune. Come cristiani, teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, Stella del mare e Madre della speranza. Tutti insieme (ognuno con le proprie responsabilità di governo, di potere economico, sociale o di comune cittadino) collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca. Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per «formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri».

Marco C. – Milano

UN TEMPO FINISCE

Un tempo finisce, un altro comincia.
L’inizio di un anno, per forza di cose, fa pensare al futuro, specialmente se pensare al passato è difficile o doloroso come lo è in questo tempo.
Mi diceva una mia amica Martina l’altra sera: ma la gente oggi ragiona ancora o non ragiona più? Difficile a dirsi.
Poiché sono ottimista credo che la gente comunque continui a ragionare, forse non sempre delle cose più importanti, ma continua a ragionare; a pensare. Prima o poi dovrà ragionare anche su ciò che è più importante dell’ultimo gol o dell’ultimo oggetto hi-tech.
Dovremmo ragionare sulle centinaia di migliaia di persone che sono morte in poco tempo, portando via uno o più anelli generazionali, non soltanto in Italia. Certo non ha decimato via le generazioni più giovani, come nella tratta degli schiavi, ma ha portato via la memoria.
Non possiamo dimenticare chi non c’è più, non è umano, anche se talvolta ci preoccupiamo di più di cani e gatti.
Ci dimentichiamo invece che tante cose di cui non ci si poteva dimenticare o fare a meno, non abbiamo più potuto farle o viverle, forse perché non erano così importanti o indispensabili.
Dimenticare significa dimenticare che la nostra vita è fatta di relazioni con gli altri e non di contatti con cose e beni materiali.
Forse l’anno che si apre ci darà il tempo necessario per riprendere a tessere relazioni vere con le persone e con le cose.
Forse ci darà il tempo per riprendere a guardare con rinnovata attenzione e cura quanti saranno intorno a noi, più di quanto guardiamo cose o animali.
L’anno che si apre avrà tutto il tempo che vogliamo per reimparare l’ABC della relazione umana, ma anche per reimparare a curare il dolore e la sofferenza che molti portano con sé.
Non voglio scrivere tutto ciò che l’anno trascorso mi ha tolto o donato, mi basta scrivere quanto vorrei ancora di più ricevere anche quando dovrò sperimentare altri vuoti.
Ho il dono della fede.
Non è il dono dell’ingenuità, ma della responsabilità di continuare a sperare perché vivo della vita di Uno che è vivo e vivifica, anche tra i dirupi del dolore.
Di questa speranza vivente voglio continuare a godere e donare in ogni giorno che il nuovo anno mi darà.
Sperare è un dovere, non un lusso.
Sperare non è sognare, al contrario,
è il mezzo per trasformare un sogno in realtà.
Felici coloro che osano sognare
e che sono disposti a pagare il prezzo più alto,
perché il sogno prenda corpo nella vita degli uomini.

#laculturanonvainquarantena

“Se pensate che l’istruzione sia costosa, provate con l’ignoranza”. Derek Bok

“Il virus non va in vacanza”, “Prepariamoci a un Capodanno all’insegna del covid”, “Coprifuoco natalizio”: sono solo alcuni degli slogan in cui anche il lettore più distratto si sarà imbattuto di questi tempi, sfogliando il giornale la mattina o ascoltando le notizie del telegiornale in famiglia. Ciononostante, anche la nostra comunità ha deciso di non andare in vacanza, ma di affrontare le nuove sfide poste dal virus.

A distanza di quasi un anno dallo scoppio dell’epidemia, permane in tutta Europa una diffusa incertezza sui modi e sui tempi con cui la nostra società uscirà dalla pandemia. Eppure, tutti gli studiosi appaiono concordi su un dato: la crisi economica generata dal coronavirus avrà effetti ben più duraturi della stessa epidemia. A subire le ricadute del Covid saranno soprattutto le fasce più deboli della popolazione, già duramente colpite dalla crisi economica del 2008. Il rischio concreto, una volta terminata l’emergenza sanitaria, è che le famiglie più povere si vedano costrette a rinunciare a beni di prima necessità, quali i generi alimentari e gli indumenti, o a servizi essenziali come il diritto all’istruzione. Se la questione sanitaria risulta oggi di primaria importanza, non bisogna dunque sottovalutare le inevitabili conseguenze economiche che seguiranno al lock-down: l’aumento dell’indebitamento privato e il fallimento di numerose attività commerciali porteranno alla perdita di milioni di posti di lavoro e a un generale impoverimento della popolazione italiana.

Di fronte a questo quadro, la nostra comunità è chiamata a dimostrare più che mai la sua vitalità, a dare un porto sicuro a quanti rischiano di essere travolti da questa seconda ondata. Se è vero, come ha sottolineato in un recente intervento Monsignor Peragine, che la società italiana ha dato prova proprio nei difficili mesi del lock-down di uno straordinario (quanto inaspettato) senso di comunità, allora ci sembra più che mai opportuno far sì che questo patrimonio non vada disperso, ma possa tradursi in un progetto concreto, a lungo termine. E quale migliore occasione che investire nell’istruzione, tanto a lungo trascurata, ma di cui tutti noi, genitori e studenti, abbiamo avvertito la mancanza in questi tempi così difficili? Finanziare oggi la scuola significa investire sul futuro dei giovani, minacciato dalle conseguenze del Covid, evitando che le famiglie più bisognose si trovino costrette a risparmiare proprio sul diritto all’istruzione.

Per questa ragione la comunità barnabitica ha deciso di promuovere una nuova iniziativa a sostegno dell’istruzione, quel sale della terra di cui la nostra comunità cristiana non può e non deve privarsi, neppure nei tempi più bui. Quest’anno vogliamo riprendere a sostenere l’educazione scolastica, prima nella vicina Albania, ma anche nel più lontano Messico dove da qualche anno operano i Barnabiti. L’Albania è un paese già duramente colpito dal terremoto del 2019, ma che nonostante questo non mai ha fatto mancare il proprio sostegno all’Italia nei momenti difficili, neppure nel pieno della pandemia, quando ha inviato una équipe di medici che ha a lungo operato nelle terapie intensive del nostro paese. Per questo motivo e per via del legame che da sempre ci unisce alla terra albanese, dove la nostra missione opera instancabilmente da più di trent’anni, vi chiediamo oggi un piccolo sostegno economico a favore degli studenti della comunità barnabitica di Milot, ma anche nelle zone più povere del Sud Albania dove opera il nostro vescovo Giovanni. A ciò vogliamo aprire il nostro sguardo anche a Merida in Messico dove molti bambini non hanno nemmeno la possibilità di comprarsi il materiale per continuare la scuola. Possiamo abbandonare la loro voglia di sapere e di crescere?

Le donazioni, dai volontari di BarnabitiAPS con la collaborazione delle realtà pastorali dei Barnabiti in Italia durante il periodo d’Avvento, consentiranno il finanziamento di tre diverse borse di studio, permettendo a giovani e bambini di non dover rinunciare al loro percorso scolastico, ma di continuare a coltivare i propri sogni.

Andrea B., Cernusco SN – MI

#LACULTURA NON VA IN QUARANTENA – FONDO SOSTEGNO ALL’EDUCAZIONE

Anche a Natale la #culturanonvainquarantena!

Sostieni il Fondo Sostegno all’Educazione e gioca con noi alla tombola di Natale!

Ogni Natale organizziamo una piccola raccolta fondi per le realtà missionarie barnabitiche nel mondo, consapevoli dell’importanza dei piccoli gesti di vicinanza soprattutto nei periodi di festa. Quest’anno non volevamo essere da meno, sebbene la grave crisi economica che ha investito tutti noi a causa del Covid-19. Ascoltando le necessità dei missionari, abbiamo deciso di sostenere e promuovere la scuola. Infatti, finanziare la scuola significa investire sul futuro dei giovani, contrastando il fenomeno della povertà educativa.

La raccolta dei fondi di questo Natale è dedicata in particolare alle realtà missionarie barnabitiche in Albania e in Messico con l’intento di finanziare lo studio di alcuni giovani le cui famiglie si si trovano in un particolare stato di bisogno.

Per sostenere il Fondo Sostegno all’Educazione, è possibile effettuare donazioni libere tramite bonifico o carta di credito, oppure partecipare alla tombola di Natale che si svolgerà online, su piattaforma zoom, domenica 27 dicembre alle 18.30.

Per partecipare alla tombola di Natale è necessario:

  1. iscriversi entro il 20 dicembre compilando il form: https://forms.gle/fRVFabK13isymvQH6
  2. Prenotare le cartelle con una donazione tramite bonifico o carta di credito o prepagata. Ci saranno 3 giri di tombola e per ogni cartella un’offerta di 3€.

Bonifico: intestato a Qendër Agorà Padri Barnabiti Associazione Promozione Sociale Iban IT48 F033 5901 6001 0000 0145 744 – Codice BIC BCITITMX (causale tombola di beneficenza)

Per donare online: https://www.paypal.com/donate?hosted_button_id=LUZNVGVLJSMKN

Per maggiori informazioni, vai su https://www.barnabitiaps.org/fondosostegnoeducazione/ e segui l’iniziativa sui nostri social @barnabitiaps @giovbarnabiti.

GiovaniBarnabiti e I volontari di BarnabitiAPS

Fratelli tutti: solo uno slogan?

Nella terza Lettera enciclica di Papa Francesco si affrontano tre grandi tematiche: l’uguaglianza sociale, l’economia e la pandemia del coronavirus.
Il pontefice, citando i migranti, invita le persone ad essere gentili ed accoglienti verso il prossimo affinché nessuno venga escluso. Parla, infatti, di “diritti senza frontiere” in quanto nessuno deve rimanere escluso perché povero o nato in un Paese meno sviluppato. Coglie l’occasione per parlare anche della pena di morte, sanzione che andrebbe abolita perché nessun uomo ha il diritto di giudicare e decidere sulla vita di un’altra persona. Inoltre ritorna anche sul tema della donna. Considera inaccettabile come, nel 2020, una persona possa avere meno diritti solo per il fatto di essere donna. Questo comporta che ci siano ancora maltrattamenti e violenze perché la femmina non riesce a far prevalere i propri diritti sul maschio.
Affronta poi il tema dell’economia. Definisce il sistema economico mondiale “insostenibile”. Prega per un sistema economico-finanziario sostenibile, basato sull’ecologia. Papa Francesco definisce il sistema attuale “un sistema pieno di distorsioni”. Attualmente il sistema è, infatti, pieno di falle che generano un’inefficienza economica. L’inefficienza impedisce di raggiungere il tanto atteso benessere sociale, preferendo quello individuale. La distorsione è una conseguenza causata da diversi fattori come: le esternalità non regolamentate, le aliquote fiscali differenti sui beni e/o redditi e le limitazioni alle importazioni (dazi doganali). Altri fattori che portano l’economia ad avere delle distorsioni sono l’avere una cattiva informazione e soprattutto l’inflazione.
Il Papa, alzando i toni, invoca più rispetto e più serietà verso l’ambiente stesso che ci ospita e verso l’uomo del futuro a cui lasceremo le redini. Chiede pertanto una economia ecosostenibile per combattere l’emergenza climatica ed avere un futuro nitido. Reclama premi ad imprese che si adoperano nell’utilizzare fonti di energia pulita. Invita poi il sistema a escludere le aziende che non soddisfano i parametri ecologici. I primi che devono dare l’esempio, nel nostro piccolo, siamo noi stessi in casa, a scuola, in giro con gli amici e nelle nostre scelte. Bisogna mettere da parte l’ego personale ed essere più altruisti e fraterni in modo da cambiare anche il tipo di società che governa questo mondo, ovvero quella consumistica. Bisogna capire gli errori storici del passato senza più commetterli. Solo così si possono abbassare i livelli di emissioni di gas a effetto serra. Solo così si rende la Terra un posto più pulito ed accogliente.
Se questi erano temi di cui aveva già parlato nelle prime due encicliche con parole meno forti, l’ultimo tema è una novità. Infatti, proprio mentre il pontefice stava scrivendo “Fratelli tutti” è scoppiata quella che viene definita da molti esperti “la crisi più devastante dal secondo dopo guerra ad oggi”. L’avvenimento ha perciò posticipato l’uscita della Lettera. Riflettendo sul Covid-19, coglie l’occasione per evidenziare l’incapacità umana in questo momento storico. Afferma che “la pandemia del Covid-19 ha messo in luce le nostre false sicurezze. È apparsa evidente l’incapacità di agire insieme. Malgrado si sia iper-connessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti”. È chiaro come le Sue parole siano una critica verso i sistemi dei Paesi e verso i governi stessi. I primi perché troppo basati sul denaro e sul vedere tutto in chiave economica e poco umana. Quindi diciamo che si guarda al fatturato più che alle relazioni sociali. I secondi, invece, li critica perché hanno abbassato troppo presto la guardia, prendendo misure e decisioni affrettate. Hanno fatto passare il messaggio di una pandemia conclusa riaprendo tutto (confini tra regioni, discoteche, mezzi pubblici) quando bastava agire con calma e soprattutto ponderando le scelte e le affermazioni pubbliche.

Marco C., Milano